Comuni, Asl, Società della Salute, Cooperative Sociali, Associazioni di Volontariato, Onlus e la stessa Provincia di Firenze, i principali attori della realtà fiorentina del welfare e dei servizi sociali si sono confrontati in una giornata di studio e approfondimento organizzata, giovedì 23 febbraio, nella Sala Fabiani di Palazzo Medici Riccardi, a conclusione del progetto “Eurosocial Network”. L’iniziativa, gestita dalla Provincia di Firenze assieme ad Irecoop Toscana attraverso la costituzione di un’Associazione Temporanea di Scopo, finanziata dalla Regione Toscana attraverso l’Asse V del FSE (Fondo Sociale Europeo), ha attivato tra ottobre 2011 e gennaio 2012 una serie di visite di scambio per operatori pubblici e privati, tirocini all’estero (Svezia, Spagna, Bulgaria) per 15 neodiplomati o neolaureati e una borsa di studio retribuita per un lavoro di ricerca di 6 mesi in ambito transnazionale.
L’obiettivo del progetto era principalmente la valorizzazione a livello transnazionale delle buone prassi ed esperienze maturate nella gestione dei servizi sociali, sociosanitari ed educativi del territorio provinciale. I risultati delle varie esperienze sul campo sono stati raccolti in un volume redatto da Serena Barbacetto, giovane ricercatrice che ha illustrato la sua analisi durante il convegno. Tra i relatori anche l’Assessore alla Formazione della Provincia di Firenze, Elisa Simoni, Manuel Rodriguez, tecnico dell’Aria dedicata ai Progetti internazionali della Federazione Cepes in Andalusia (Spagna), Elisa Donatini, Referente dell’Area di Coordinamento, Formazione, Orientamento e lavoro della Regione Toscana, e Marco Pippolini, Presidente di Irecoop. Sono state chiaramente molte le differenze emerse nel confronto delle imprese sociali italiane con quelle andaluse, svedesi e bulgare.
Le distinzioni vanno fatte per prima cosa da un punto di vista normativo, ma anche le situazioni economiche e politiche di ogni paese hanno diverse peculiarità. L’impiego delle risorse è una delle principali determinanti che differenzia il welfare in Europa: in Svezia gli investimenti pubblici sui servizi sociali sono più importanti e da questo deriva un sistema meglio organizzato; la Spagna si trova a puntare sulla dimensione dell’impresa sociale proprio per superare la crisi in cui si trova; la Bulgaria deve ancora maturare un approccio moderno al mondo dei servizi sociali.
In ogni circostanza, soprattutto nei primi due casi, sono state tante le buone pratiche da poter importare in Italia, ma per alcune caratteristiche la ricchezza della nostra esperienza cooperativa si è rivelata esportabile all’estero. “Capire le buone pratiche europee oggi non è più una scelta lungimirante ma è un obbligo – ha commentato l’Assessore alla Formazione della Provincia, Elisa Simoni – visto che dovremo presto confrontarci con la diminuzione delle risorse, considerati i tagli governativi previsti, e un successivo aumento dei bisogni da parte dei cittadini.
Solo il quadro europeo è quello su cui andare a ragionare, sui modelli sia economici che nel welfare e quindi nel sociale”. La rilevazione fatta attraverso il progetto “Eurosocialnetwork” ha sottolineato la varietà delle attitudini e dei modi di fare economia sociale, nonché i tentativi di armonizzazione che si stanno cercando di mettere in piedi a livello centrale, come Unione Europea. Da un lato ci si scontra un’economia sociale che in Europa si muove su binari diversi e con velocità diverse ma, da un altro lato, questa diversità può essere considerata una risorsa, qualora sia vissuta come condivisione.