Le manovre economiche hanno ridotto i trasferimenti agli enti locali e hanno inasprito i limiti del patto di stabilità: per far fronte a questo grave problema, il Governo ha pensato di ridare fiato agli enti locali adottando diverse misure, fra cui la reintroduzione dell’ICI (Imu) sulla prima casa; la previsione di un nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi; l’introduzione di un aumento delle accise (anche sulla benzina) per finanziare i trasporti locali e, infine, l’aumento dell’addizionale regionale sull’IRPEF anticipandola sin dal 2011.
Confconsumatori ritiene irragionevole caricare i cittadini addirittura di tasse retroattive, e si appresta a contestare l’applicazione di tale norma innanzi alla Corte Costituzionale. «L’unico strumento serio di tutela praticabile – spiega la Presidente Mara Colla - è l’impugnazione delle Delibere delle Giunte regionali di applicazione della norma nazionale innanzi ai TAR competenti». L’avv. Antonio Pinto di Confconsumatori precisa: «una volta chiamate in giudizio, le Regioni ovviamente richiameranno, al fine di comprovare la legittimità del proprio operato, la norma nazionale che consente tale aumento anche per il 2011.
In questa maniera diventerà possibile sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma, nella parte in cui sancisce la possibilità di applicare una tassa retroattiva. Se la Corte accoglierà le nostre ragioni, i cittadini dovranno essere rimborsati del maltolto». La norma contenuta nel decreto “Salva Italia” consente l’aumento dell’addizionale Irpef regionale dallo 0,9% all’1,23% (ovvero un + 0,33%) con effetto immediato già dal 2011. Questo significa che, nelle Regioni che applicheranno l’aumento, lo 0,33% dovrà essere tolto anche dalle buste paga e dalle pensioni dell’intero 2011 e sarà recuperato durante il 2012 (per cui la decurtazione di stipendi e pensioni sarà raddoppiata (0,66%).
I professionisti invece pagheranno in sede di dichiarazione Irpef 2011 questa inattesa nuova tassa. LA GIURISPRUDENZA - «La Corte Costituzionale - afferma l’avv. Antonio Pinto - fin dalla sentenza n. 43 del 1964 ad oggi, ha infatti costantemente affermato il principio che la prestazione di imposta deve essere sempre effettivamente collegata al presupposto proprio del tributo, e tale collegamento effettivo deve esistere anche sotto il profilo temporale, sicché non deve essere di regola spezzato nella tassazione retroattiva.
In tema di tassazione retroattiva il ragionamento della Corte Costituzionale è il seguente: quando una legge modifica retroattivamente una disciplina tributaria esistente, il collegamento effettivo fra capacità contributiva e tassazione può risultare spezzato; il venir meno di tale collegamento deve essere verificato di volta in volta dalla Corte. Dunque la legge tributaria retroattiva di per sé non è incostituzionale, ma toccherà allo Stato provare la legittimità della modifica peggiorativa e la crisi non costituirà di certo giustificazione legittima, anzi rafforzerà le ragioni dei consumatori».