Il Comune di Firenze ha dichiarato fermamente, per voce del sindaco Matteo Renzi, di voler andare avanti sulla riqualificazione del Mercato storico di San Lorenzo, atto mediante il quale si punta a liberare piazza San Lorenzo dalle bancarelle sino a via dell'Ariento. Perché, questa la giustificazione addotta, (non la più chiacchierata ma sicuramente la più plausibile), dovrà passarci l'autobus in direzione della Stazione Santa Maria Novella. Gli ambulanti hanno presentato un progetto alternativo che prevede la risistemazione dei banchi, il ridimensionamento degli spazi, ma anche il mantenimento del percorso attuale, conosciuto oramai in tutto il mondo, ed economicamente parlando, riconoscibile.
Ad essere penalizzati da un eventuale spostamento del mercato però, non sarebbero solo gli ambulanti con i banchi dotati di rotelle, ma anche il commercio in sede fissa, ad esempio le "Buche di San Lorenzo" ancor più storiche e caratteristiche. Cosa sono? Si tratta dei locali che si trovano ad angolo tra via de' Gori e piazza San Lorenzo, nel seminterrato della Chiesa di San Giovannino degli Scolopi (già Oratorio dedicato a San Giovanni nel 1300 e riedificato nel 1500 da Bartolomeo Ammannati architetto del Granduca Cosimo I).
"Siamo senza finestre, senza porta e senza vetrine, ma ci considerano negozi a tutti gli effetti" spiegano alcuni operatori. Locali pieni di umidità: pavimenti sollevati, interdetti all'accesso dei disabili, per lo più senza bagno né acqua corrente. Negli atti amministrativi sono così identificate tecnicamente: "Beni del Demanio comunale sottoposti al vincolo della Soprintendenza". A causa di questa denominazione tali fondi sono stati affittati nel tempo come categoria catastale C1 ad esclusivo uso commerciale con contratti tipo, della durata di 6 anni più altri 6 con tacito rinnovo.
"Negli anni '80 ci siamo offerti di rilevare gli immobili acquistandoli con regolare rogito - racconta un operatore, accanto a lui una stufetta elettrica al termine della scalinata che conduce nel negozio/deposito - così da poter pagare un mutuo anziché l'affitto che per alcuni di noi durava da più di 40 anni per via del nonno e del babbo che ci avevano lavorato. Non è stato possibile, il Comune ci rispose che le 'buche' erano invendibili anche se a loro per primi non sarebbe dispiaciuto potersene liberare monetizzandone il valore" con buona pace di un sindaco che si trova oggi ad additare i 'pantofolai' che vivono alle spalle del Comune non pagando il suolo pubblico, subaffittando il banco e la licenza e dichiarando 8000 euro di incasso annuale. Affitti commerciali.
Di 12 anni in 12 anni tutto si è ripetuto e consolidato.. poi qualcosa è cambiato. Alla scadenza degli ultimi 12 anni, nell'anno 2010, Palazzo Vecchio ha deciso di rivedere la situazione contrattuale ed ha proposto un nuovo accordo agli affittuari, trasformandoli in "concessionari". "Dopo aver ricevuto la lettera dell'Amministrazione - evidenzia uno dei commercianti - che mi imponeva di accettare il nuovo contratto oppure andarmene via e liberare il locale da cose e persone, ho chiesto lumi in via Pietrapiana all'Ufficio comunale competente e mi è stato risposto che per tanti anni si erano sbagliati, non potevano affittare i fondi, ma solo darli in concessione".
Agli interessati è arrivato dunque un ultimatum, l'accettazione della concessione, con tutte le clausole inerenti depositi, opere di manutenzione ordinarie e straordinarie, scadenze e rescissioni oppure la cessazione del rapporto di locazione immediato e senza poter avanzare pretese. Una di queste 'buche' della superficie di 34 metri quadrati è arrivata così a costare, in seguito all'ultima stima effettuata, 12.720 euro l'anno, ovvero 1.060 euro mensili. "Un aumento del 60% rispetto ai canoni precedenti" raccontano i diretti interessati.
"Peccato che siano state fatte aggiornate valutazioni di stima sul rendimento economico dei luoghi poco prima di entrare nel vivo di un drastico cambiamento sull'area interessata e non adesso, o meglio a spostamento avvenuto" sottolineano. La durata delle nuove concessioni è diventata di 7 anni, e non più di 6 + 6. Sull'accordo però è stabilito che il Comune "in qualsiasi momento con un preavviso di 30 giorni può ritirare la concessione" fatto che, unitamente al momento vissuto dall'intero Mercato e dai bancarellai, non rassicura certo gli animi.
"Seguiamo con apprensione quanto avviene nei confronti delle bancarelle disposte sulla piazza, i colleghi ci tengono informati, alcuni di loro sono pronti a legarsi ai banchi pur di non farsi portare via. Sul nostro futuro siamo piuttosto perplessi" Sarebbe sbagliato, forse, parlare di 'precariato commerciale' però è chiaro che la possibilità di mantenere il posto di lavoro è legata a numerose variabili, una di queste è la mera volontà del Comune di Firenze, altre sono la presenza del Mercato storico ed il passaggio commerciale che, qualora venissero meno, sarebbero un danno per l'incasso giornaliero.
Con lo spostamento previsto da Renzi, infatti, le 'buche' si ritroverebbero molto distanti da via dell'Ariento e dal nuovo "Sistema" incentrato su piazza del Mercato Centrale. Una bancarella puoi spostarla, una buca no. Questa storia ha anche altri effetti. Con Atto Guerri del 17 febbraio 1870 il FEC (Il Fondo Edifici di Culto è un fondo immobiliare italiano gestito dalla Direzione Centrale per l'Amministrazione del Fondo Edifici di Culto, organo del Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno) cedeva al Comune di Firenze alcuni complessi immobiliari tra i quali proprio le "Buche di San Lorenzo", questo ha portato all'approvazione, nel 1982, di una convenzione nella quale si stabilisce di corrispondere al FEC una indennità pari al 5% della somma complessiva introitata dal Comune di Firenze attraverso gli affittuari dei locali (nel documento si parla di affittuari).
Nel Bilancio triennale 2009-2011 per l'esercizio 2010 il Comune ha impegnato la somma di 13.000 euro a favore della Prefettura di Firenze proprio per far fronte a questo accordo. Il rendimento delle 'Buche' e la loro sopravvivenza non è affare solo di chi ci lavora dentro dunque, ma dell'intera collettività, risultando le stesse patrimonio della città. AntLen