Firenze, 11 gennaio 2012– Trentasei lettere scritte a mano, quasi tutte alla madre, inviate dal fronte del Trentino durante la terza guerra d’indipendenza. Mai pubblicato finora, il carteggio di Frederick Stibbert del 1866 resta una delle rare testimonianze autografe del noto collezionista inglese che alla propria morte lasciò in dono alla città di Firenze un museo unico al mondo per la raccolta di armi e costumi. La corrispondenza risale a quando a ventotto anni Frederick si arruolò come volontario nelle Guardie garibaldine, ed è inclusa in una speciale pubblicazione illustrata del Museo Stibbert, intitolata Un inglese garibaldino (Polistampa, pp.
80, euro 18) e dedicata al Risorgimento, che riproduce anche l’intera collezione di armi risorgimentali custodita nel museo fiorentino assieme ai testi critici di Kirsten Piacenti, Alfredo Bartocci, Cesare Calamandrei e Simona Di Marco. Nato a Firenze nel 1838 da padre inglese e madre italiana, Stibbert fu mandato a scuola in Inghilterra dopo la morte del padre, senza il permesso di rientrare in Toscana. Veniva però tenuto ben informato sulla vita a Firenze, compresa la situazione politica, tramite le lettere della madre e della sorella Sofronia.
Dal 1859, quando tornò a casa alla villa di Montughi (attuale sede del museo) visse in prima persona gli anni cruenti che precedettero l’Unificazione e il periodo successivo di Firenze capitale. Nonostante la sua nazionalità britannica, che mantenne fino alla morte, fu sempre interessato alla causa unitaria, che aveva appassionato tutta la sua famiglia, e come altri suoi amici fiorentini si arruolò nel corpo di volontari delle Guide garibaldine allo scoppio della Terza Guerra d’Indipendenza nel 1866.
La guerra durò soltanto un’estate, ma Frederick si distinse fin da subito e nella battaglia di Condino del 16 luglio ricevette la medaglia d’argento al valore militare per “avere con sangue freddo e coraggio non comune portato più volte degli ordini alle compagnie che si trovavano più dappresso al nemico, passando sotto un fuoco vivissimo”. Nelle lettere dal fronte, scritte col linguaggio colloquiale, qualche volta sgrammaticato, di un figlio che si rivolge alla madre, al racconto degli eventi quotidiani e bellici si aggiungono riflessioni sulla politica e l’attualità, oltre a pensieri sulla famiglia e sulla Firenze lontana.
Ciò che emerge è una testimonianza autentica ed estremamente realistica di una stagione di guerra, ma anche di un periodo di grandi cambiamenti che hanno contribuito a plasmare l’Italia di oggi. Gherardo Del Lungo