di Massimo Capitani Nell’inverno del 1986 l’Accademia Pugilistica Fiorentina si trovava in una stanza in P.za di S. Salvi, e il ring -per quanto possa ricordare- se la mangiava tutta, ai lati i sacchi in una specie di corridoio. Il Maestro Boncinelli mi disse che la palestra si sarebbe trasferita al Palasport l’anno nuovo. L’8 Gennaio andai in palestra a cercare di saltare a ritmo la corda, ma soprattutto a colpire bene la pera che proprio non ne voleva sapere di farsi colpire. Mi ricordo di un peso medio alto e biondo di nome Ciro che aveva un destro che faceva male, un ragazzo che faceva il leggero di nome Valentino e che tirò a Piombino.
Poi arrivo il mio grande amico di sempre, il moschino Alessio Farolfi. Un peso welter alto e lungo, soprannominato dal Bonci – ormai era così che lo chiamavamo tutti - “Pennello”. Qualche mese dopo arrivò anche Pino: feci i guanti proprio con lui che non mi conosceva, ma io invece, sì perché abitavo a pochi passi dalle Minime. Aveva i capelli legati a coda ed era veloce, come mi disse il Bonci: infatti mi arrivò un sinistro in pieno naso che per la prima volta sanguinò, ma la mia faccia era ancora lì.
C’era Claudio che alla Montagnola fece durare il match 3 secondi, quanto ci volle al suo avversario per andare al tappeto. C’erano anche i ragazzi del Maestro Pisani perché con la loro palestra avevano qualche problema, due ragazzini giovani, uno che aveva la fissa per Tyson, ma chi non ce l’aveva in quel periodo, l’altro moro soprannominato “Cobra”, che faceva sempre i guanti con Alessio, c’era i Cappelli – che somigliava a Francesco Salvi- e il peso welter Palmieri, che quell’anno diventò campione italiano novizi.
Ma soprattutto c’era Renato, con cui facevo sempre i guanti. Il Bonci, dopo avermi detto qualche volta: “'un siamo mica a raccatta' le pine” ed avermi legato il braccio destro stretto al corpo perché continuavo ad alzarlo quando portavo il sinistro, mi aveva messo gli occhi addosso e non c’era allenamento che non mi dicesse “stai migliorando”, allora io diventavo altro tre metri, non mi perdevo un giorno d’allenamento, mangiavo meno schifezze e andavo a correre il sabato. Mi sentivo un atleta, di più, mi sentivo un peso superleggero.
n tecnico: compasso di gambe più ampio, colpi dritti, ed “un destro che se ce l’avessi io lo tirerei sempre”. Renato era fisso alla corda di guida, gioco di tronco e colpi corti. Una sera mi passò sotto 2 destri dritti con 2 ganci da manicomio, quasi mi staccava la testa. Il Bonci al secondo fermò la sessione, meno male. Ricordo Renato con il cuore e purtroppo solo con quello, di lui ho saputo dal Bonci qualche anno dopo. Non ho mai combattuto ed è stato un vero dolore, c’era una ragione valida ma il dolore è restato a lungo.
Sono rimasto fuori dell’ambiente per tanto tempo, in 20 anni ho sceso quella rampa che porta alla palestra sì e no tre di volte, eppure il Bonci, mi riconosceva al volo – lui riconosce tutti. Ora che ho iniziato a scrivere di pugilato lo vedo spesso, l’altra sera al “Valenti” quando ci siamo visti ha detto a tutti, “è stato un nostro allievo, ha fatto i guanti con Renato”. Il Bonci è così, anche quando sono andato ad intervistarlo prima del match di Roma mi ha presentato a Leonard con il suo “è un nostro ex allievo”.
È come far parte di una confraternita, un’investitura vera e propria, il Re che batte la spada e ti fa’ diventare un Cavaliere. Leonard fu incredibile, s’informò di quando avevo praticato la palestra così che per un minuto io raccontavo la mia “carriera” a Leonard Bundu. Gliel’ho fatto notare e lui ha sorriso: lui è come il Bonci, con sorriso, o una parola dice tutto. Lunedì sera sono andato ad intervistare Leonard, ho fatto pure far tardi a Bracco che l’aspettava per dargli un passaggio a casa.
Ma un’altra notte con le domande in canna non ci sarei potuto stare. Leonard mi ha raccontato di Mondiali, Olimpiadi e campionati d’Europa come se fossero tornei aziendali, non per togliere importanza agli eventi in se stessi, sì insomma, mi capite, senza tirarsela minimamente. Fuori dall’intervista gli ho chiesto: "ma come fai a cambiare guardia con quella naturalezza, per l’amor del Cielo con tutte proporzioni del caso, quando ci provo io, al secondo movimento mi perdo". Ma per Leonard è facile, normale.
Come mi disse il Bonci con grande obbiettività, “Queste cose non s’insegnano, lui è un Campione”. Tutti noi che abbiamo frequentato l’APF abbiamo una storia da raccontare piccola, o grande, se guardavi il tappeto del vecchio ring era pieno di macchie, alcune più scure e vecchie, altre più fresche e rosse, le tracce di tutti noi che siamo passati dalla palestra, Leonard però sta scrivendo la più bella ne è consapevole anche il Bonci che non sa se un altro così gli ricapita. Il 4 di novembre bisogna andare tutti al Mandela, perché -ragazzi- la coppia Leonard/Bonci è qualcosa di magico e raro.
Dimostriamo che la Boxe, Leonard e il Bonci sono un vanto per questa Firenze, un vanto, che nel rispetto, va sostenuto, difeso, amato.