di Marco Accorti - circolo UAAR di Firenze - firenze@uaar.it Ormai abbiamo imparato che il bailamme mediatico ha il fiato corto e basta lasciar depositare il polverone sollevato dal clamore per rendersi conto della poca sostanza che l’ha alimentato e dell’inconsistente volontà di dare un seguito concreto. Non ha fatto eccezione la chiamata in causa della Chiesa cattolica apostolica romana per contribuire ad affrontare la gravità della situazione economica e finanziaria del paese.
A fronte del gravame che va a ricadere sui soliti cittadini - gli eterni tartassati alla fonte - da più parti ci si è domandato se non fosse anche il caso che venissero meno certi vantaggi economici di cui gode la chiesa cattolica, privilegi con cui da sempre la politica ne compra l’accondiscendenza. Ovviamente il trambusto è durato lo spazio di un mattino o poco più, finché non è calato il silenzio sull’onda di alcune stonature veramente stridenti. Non si tratta delle dovute difese d’ufficio confessionali né dei tanti rigurgiti clericali sollevati dai teocon a tutela dello status quo, ma della richiesta da parte di taluni laici a che la CCAR rinunciasse spontaneamente a qualcosa: «Decida lei dove, sull'Ici, sull'otto per mille o su qualcos'altro.
Ma rinunci a qualcosa». Questo, ad esempio, l’ha scritto su Facebook il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi (Pd). Perché mai la CCAR dovrebbe rinunciare ai privilegi? Caso mai dovrebbe essere quella stessa politica che le ha accordato le agevolazioni a rivedere tanta prodigalità. Ad esempio il presidente Rossi potrebbe impugnare l’intesa da lui sottoscritta con la CET (conferenza episcopale toscana) che, al costo di oltre 2 milioni di euro, permette di assumere a tempo indeterminato negli ospedali non infermieri ma religiosi perché garantiscano quell’assistenza spirituale che tutte le altre confessioni offrono gratuitamente.
Il presidente Rossi si rimette invece alla clemenza della corte episcopale per pietire un’elemosina che non arriverà mai se non in cambio di un lauto indennizzo, perché, per dirla col teologo Hans Küng, il sistema del governo romano si è affermato e regge ancora oggi grazie «monopolio del potere e della verità, al giuridismo e il clericalismo, la sessuofobia e la misoginia e un uso della forza religioso e anche profano». E’ ormai consolidata una inconsapevole sudditanza della partitocrazia al potere confessionale che impedisce ai politici pur di stampo laico di affrancarsi e prendere decisioni in piena libertà e autonomia di pensiero.
Emblematico quanto è successo a Calenzano, cittadina nelle immediate vicinanze di Firenze, uno fra i primi comuni in Italia a garantire ai propri cittadini il diritto a depositare il testamento biologico e di cui va segnalata la trasparenza per la discreta accessibilità in rete degli atti pubblici. Il sindaco di centro sinistra Alessio Biagioli, dovendo raschiare il fondo del barile, ha deciso che le famiglie con un reddito Isee superiore a 16mila euro dovranno comprare i libri per la scuola primaria.
Si dirà che già la mensa e altri servizi sono gestiti con lo stesso criterio, ma questa appare come un’altra spallata all’articolo 34 della Costituzione e alla “scuola dell’obbligo gratuita”. Dal sito del comune si ricava che la “Fornitura gratuita di libri di testo per la scuola primaria anno 2010-2011”, di cui fruiscono 666 alunni, incide per 21.588,64 euro, valore medio di 32,42 € compatibile con la forbice fra 18,91 € per la prima e 41,44 per la quinta classe. Una cifra tutto sommato modesta, ma di grande significato simbolico in un momento in cui la scuola pubblica viene smantellata col beneplacito delle forze confessionali.
Addirittura con pochi spiccioli in più si sarebbero potuti fornire anche i testi per l’attività alternativa garantendo così quelle pari opportunità fra chi frequenta l’ora di religione cattolica e chi non se ne avvale. E invece che fa il sindaco? Taglia. Taglia proprio sulla scuola. Possibile che non ci fossero alternative? Ebbene, un sindaco laico e autonomo nelle proprie scelte non avrebbe avuto dubbi: basta con le prebende alla chiesa cattolica tanto più se non dovute. Invece decide di devolvere ben 72.675,27 euro dal capitolo relativo agli oneri di urbanizzazione secondaria (OnUs) per la manutenzione di quattro parrocchie del comune nonostante non ci sia alcun obbligo in quanto la legge regionale stabilisce che "i comuni possono concedere un contributo ai soggetti realizzatori" [L.R.
1/2005, art. 120, comma 4]. Un “possono”, non un “devono”, e, per quanto riguarda le Chiese, messo anche in discussione da una sentenza del TAR della Toscana che esclude anche questa possibilità in virtù del fatto che il finanziamento dell’edilizia di culto è già compreso nel famigerato 8‰. Inoltre ormai da anni, e confermato anche per il triennio 2010-2012, è consentito l’utilizzo del 75% degli OnUs per la spesa corrente a compensare il blocco totale sull’autonomia impositiva e la drastica riduzione dei trasferimenti statali ai Comuni.
Dunque i Comuni non solo non hanno alcun obbligo a elargire questi fondi, quanto meno alle Chiese, e se proprio ritengono di devolverli ai Centri civici, confessionali e laici, possono farlo con quote ridotte sia stabilendo percentuali inferiori all’attuale 8-9% che come importo disponibile. Ma è proprio l’abitudine a ignorare i principi di laicità anche da parte di chi se ne fa paladino che conforta il car. Bagnasco nel cambiare un cavallo ormai spremuto denunciando la necessità di «purificare l’aria», anche se sembra dimenticare che ciò che ha contribuito a renderla “eticamente mefitica” è il sistema del governo romano ovvero la consuetudine a convertire il sostegno politico in vantaggi economici.