E’ passata in Consiglio regionale con il voto del PD la Mozione del PDL in cui si invita a «Confermare e rafforzare gli accordi tra Regione Toscana e Conferenza Episcopale Toscana (CET) affinché ad ogni cittadino-paziente che ne manifesti la volontà, possa essere garantita l’assistenza religiosa», un invito a «ogni singola ASL a valorizzare queste presenze attraverso la stipula o il rinnovo di apposite convenzioni con le autorità ecclesiastiche locali». Per chi non lo sapesse l’assistenza spirituale negli ospedali toscani costa già ai cittadini almeno 2.150.000 euro l’anno e i beneficiari saranno 2 suore infermiere e i 77 sacerdoti già oggi assunti, più almeno altri 6 fra Siena e Prato: un manipolo di religiosi cattolici ingaggiati e inquadrati negli organici ospedalieri toscani in virtù di un’intesa fra Regione e la CET; si badi bene non accordi o convenzioni come recita la mozione, ma una Intesa, un atto dello stesso valore dei Patti lateranensi e come tale modificabile solo con la concorrenza delle due parti.
Questa Intesa, ormai da anni in vigore, garantisce il privilegio solo alla confessione cattolica di avere degli operatori assunti con un lauto contratto per offrire lo stesso servizio di assistenza spirituale che tutte le altre confessioni offrono gratuitamente. Si sovvenzionano così dei professionisti della fede a tempo indeterminato, assunti senza alcun concorso pubblico ma solo indicati dalla Curia, cosa che in tempo di mobilità selvaggia e di precariato appare come una bestemmia che nemmeno monsignor Fisichella sarebbe capace di contestualizzare. Questa mozione votata bipartisan è l’occasione per riflettere e per decidere se non vi siano nuovi elementi per rivedere precedenti scelte, decisioni, obiettivi.
Il rimanere pervicacemente cristallizzati in una consuetudine, fatto 30 facciamo 31, non è indice di ragionevolezza, ma è il comportamento di chi non si accorge che mentre tutto gli cambia attorno, continua imperterrito in una coazione a ripetere: se la Chiesa cattolica fino ad oggi ha goduto di particolari privilegi niente deve cambiare nei rapporti reciproci. Non ci si domanda se quella Chiesa e la società siano sempre le stesse, se le condizioni siano cambiate, se i tempi e le relazioni umane non inducano a riconsiderare scelte pregresse. Eppure basta guardarsi attorno e ci sia accorge che i Comuni e le Regioni sono costretti a raschiare il fondo del barile per non cancellare quel poco di welfare che è rimasto, il precariato è diventato una condizione stabile come la mancanza di lavoro e la Chiesa cattolica non occupa più una posizione indiscussa fra la popolazione.
Solo il 37% dei contribuenti dedica il proprio 8x1000 alla Chiesa cattolica e ancor minore è la percentuale dei fedeli praticanti. Non ci si scandalizzi né ci si stupisca di quel che può apparire per impudente e gratuito anticlericalismo: un recente rapporto di Transparency International ha saggiato come in Europa si percepisca la corruzione. Per quanto riguarda l’Italia, a parte politici, parlamento e polizia, sempre nei primi posti anche nel 2004, colpisce il balzo in avanti degli enti religiosi, allora fra gli ultimi oggi fra i primi in graduatoria, un guizzo dal 28% al 53%, un + 25% che oggi li mette in concorrenza per un posto d’onore sul podio della sfiducia. Perché dunque, visto che la logica pattizia prevede espressamente di rivedere gli accordi, non ridiscutere se non sia opportuno permettere alle Istituzioni di chiedere ai cattolici un’assistenza spirituale negli ospedali gratuitamente al pari delle altre confessioni in modo che con gli stessi soldi l’ASL, visti i vuoti di organico, assuma qualche infermiere in più.
Sarebbe un atto sicuramente molto apprezzato, caritatevole, rivolto a chi soffre e ha bisogno di assistenza, ma anche una speranza in più per chi non ha lavoro. Del resto senza che nessuno ci perda niente dal momento che già l’8x1000 garantisce il fondo per il sostentamento del clero, un clero in continua crisi di vocazioni. Insomma non importa essere non credenti per constatare quanto sia strano che non ci si domandi “E’ così che PD e Pdl pensano di stare vicino alla chiesa?”. Quando si parla dei costi legati all’assistenza spirituale, uno è insostenibile: la vita delle persone.
Pur dipendendo direttamente da Intese con lo Stato e non con le Regioni, si contano 211 cappellani militari a fronte di un impressionante numero di suicidi, con cifre difficilmente verificabili nelle Forze Armate e in quelle di Pubblica Sicurezza. Peggio ancora va nei 205 penitenziari. Per i Carabinieri, dati ufficiali del Comando Generale dell’Arma, si parla di ben 293 militari che si sono uccisi solo dal 1978 al gennaio 2000, ma per gli ultimi 10 anni, di cui mancano dati ufficiali, si parla di un ulteriore incremento per cui si può ragionevolmente presumere che in 30’anni si possono registrare almeno 400 suicidi se non di più; per la Guardia di Finanza risultano 100 suicidi nel periodo 1996 – 2009; per la polizia penitenziaria 68 suicidi negli ultimi 10 anni; per le forze di polizia si contano 132 suicidi dal 1995 al 2007.
Si noti che non si parla di appartenenti all’esercito impiegati in operazioni di stampo militare (di cui mancano dati), ma di tutori dell’ordine pubblico. Non si conoscono i costi, ma se nel 2006 i 175 cappellani militari gravavano sul bilancio per 6.324.685 euro, più altri 485.699 euro per le 8 eminenze ai vertici dell’Ordinariato Militare, oggi che i cappellani risultano 211 si deve calcolare una cifra intorno agli 8 milioni di euro. Ebbene se queste ingenti cifre fossero state spese per l’assistenza psicologica invece che per quella spirituale, dunque non cappellani ma psicologi, forse non si avrebbero le centinaia di suicidi.
Sarebbe valsa la spesa anche per una sola vita salvata. Ancor più grave il problema nei 205 istituti di pena dove dal 2000 al febbraio 2011 sono morti 1753 internati, 653 dei quali suicidi, al netto dei casi dubbi o non accertati. E qui sì che gli psicologi sono merce rara. A fronte dei cappellani stabilmente presenti e ben retribuiti (i costi dovrebbero essere analoghi a quanto avviene in ambito militare), si centellina in maniera beffarda l’assistenza psicologica con l’offerta di poche ore settimanali di supporto da parte di 404 professionisti, di cui solo 20 a ruolo.
A fronte di una necessità inderogabile dimostrata appunto dalle centinaia di decessi si riducono le spese invece di operare affinché lo psicologo sia «parte integrante dell’istituzione penitenziaria con l’incarico di monitorare costantemente la condizione dei detenuti anche a supporto degli altri operatori». E’ evidente che non si possono paragonare queste tragedie umane con lo sperpero negli ospedali da cui siamo partiti, ma c’è un filo che lega assieme queste vicende. Stato prima, Regioni poi, sono costretti per le norme concordatarie a stipulare Intese con le varie confessioni fra le quali però solo la cattolica esige di concludere accordi onerosi.
Stato e Regioni, almeno di principio, potrebbero opporsi a questo capestro, ma non solo accettano supinamente le ingerenze vaticane, ma ad ogni scadenza della revisione non sono in grado di impugnare unilateralmente le Intese. E anche ammettendo che le Istituzioni trovassero il coraggio civile di rivendicare un rapporto diverso, solo un rigurgito di dignità potrebbe indurre le gerarchie vaticane a rimettere in discussione gli accordi e perdere privilegi di cui sono gelose. E’ mai possibile che tanta dignità sia nella natura di chi non lucra solo sui milioni dell’ICI ora dell’IMU e adesso anche su un solo euro del biglietto dei cinema parrocchiali? Opportuno dubitarne tanto più se Stato laico significa distinzione tra sfera civile e religiosa e uguaglianza tra tutte le fedi, mentre la distinzione delle sfere è messa in discussione dall’inserimento dell’art.
7 della Costituzione, mentre all’art. 8 se ne garantisce sì la libertà, ma non certo l’uguaglianza. Alla Chiesa cattolica non basta egemonizzare il percorso dalla culla alla bara, lo deve anche monetizzare all’insegna di una “evangelizzazione secolare” delle Istituzioni, sempre più complici nel continuo scolorimento del senso di laicità che dovrebbe fondarle, fino a diventare quella fantomatica Repubblica pontificia paventata dai costituenti, un vero e proprio Stato di diritto ecclesiastico. Per tornare da dove siamo partiti, come recita lo spazio sul sito del principale ospedale di Firenze, a Careggi è sì garantita l’Assistenza Religiosa in quanto «Sia per la religione cristiana, sia per gli altri culti, è possibile contattare sacerdoti e ministri del proprio culto facendone richiesta al personale di reparto», ma non si specifica che invece di offrirsi gratia dei, solo il culto cattolico non si muove all’insegna della fede e della carità, ma di un ticket occulto, un optional pecuniario obbligatorio pagato da tutti i cittadini toscani indipendentemente dalle reali necessità e dalle loro convinzioni. Le comunità Valdese e degli altri culti che non ricorrono a Intese particolari con le Regioni in quanto già in quelle con lo Stato è sancito il loro diritto all’assistenza ospedaliera.
E altrettanto volontario e gratuito è quanto si è concordato con l’Ospedale Molinette di Torino dove l’UAAR, grazie a soci preparati allo scopo, garantisce un servizio di assistenza morale non confessionale e altrettanto si prepara a fare a Firenze. Insomma, in base a quale norma laici e protestanti offrono assistenza spirituale e morale gratis, mentre i cattolici lo fanno solo a pagamento? Comunque, come negli istituti di pena e nelle caserme, anche negli ospedali tutto questo ha una sua logica, peraltro perversa: in carenza di personale medico e infermieristico il rischio per il paziente aumenta ed è quindi presumibile una sempre maggior necessità di ricorrere all’estrema unzione, il rito di passaggio dei cattolici all’altro mondo.
Il fatto è che non tutti i degenti sono cattolici, né tutti aspirano ad un altro mondo, né tanto meno allo stesso. Quanto a noi, stiamo bene qua. di Marco Accorti circolo UAAR di Firenze firenze@uaar.it