di Nicola Novelli Direttore di Nove da Firenze Il Sindaco di Firenze dialoga quotidianamente on line con i propri concittadini tramite Facebook. Nei giorni scorsi, in relazione alla vicenda del Maggio Musicale a Tokio, i contraddittori annunci di Matteo Renzi pubblicati sul suo profilo personale hanno suscitato la polemica. Giovedì scorso, nel corso di un incontro intitolato “Web 2.0 & partecipazione democratica” a Palazzo Giovane, il sindaco ha ribadito: “credo di poter e dover comunicare nelle forme che credo più opportune”.
Ma aldilà delle polemiche politiche, che hanno trovato riflessi anche in Consiglio Comunale, l'invito che viene dalle associazioni dei giornalisti è a una riflessione in nome del dovere di informare, parte integrante dei diritti di cittadinanza. Il web è un mezzo di comunicazione individuale e di massa, e come tutti i media, nei suoi primi anni di esistenza, sta generando una sintassi propria. Questo significa che ciascun contenitore on line (sito, blog, Facebook) ha caratteristiche che lo rendono adatto a differenti tipologie di comunicazione.
E vero che in condizioni limite i contenitori si sono adattati alle emergenze (è il caso dei siti di dating durante la rivoluzione egiziana), ma in generale dobbiamo prendere atto della relazione vitale tra contenuti e contenitori. Stesso discorso per la partecipazione democratica, che vive attraverso processi e percorsi consolidati attraverso secoli di pratica della democrazia occidentale. E' scontato precisare che lo stesso discorso politico acquista rilievo differente a seconda che venga espresso in casa propria, al bar, oppure in un'assemblea consiliare.
Anche in questo caso dobbiamo prendere atto della relazione essenziale tra contenuti e contenitori. L'Italia del terzo millennio ha l'obbligo di risolvere una serie di problemi già manifestatisi alla fine del '900. Difficoltà che originano prevalentemente dalla scarsa cultura digitale della popolazione, ma anche di una classe dirigente mediamente più vecchia che negli altri paesi occidentali. In primo luogo la distinzione tra discorso privato e discorso pubblico. Alcuni siti internet assomigliano ad una casa privata (blog, facebook, ecc,) altri assomigliano ad un edificio pubblico (reti civiche, giornali, ecc.).
Mescolare contenuti e contenitori ingenera soltanto confusione e rischia, nel lungo periodo, di deludere gli utenti circa il potenziale positivo del nuovo mezzo. Più in generale Internet propone relazioni orizzontali che cozzano con la tradizionale struttura sociale italiana, basata su relazioni verticali, di gruppo, o come affermano taluni sociologi “familiste” e tribali. Stiamo vivendo un conflitto tra tendenze all'apertura, alla trasparenza, all'orizzontalità delle relazioni (che il web propone) e tradizione sociale italiana che tende a reinterpretare la comunicazione on line sulla base delle consuete relazioni di rete chiusa. Se il Sindaco di Firenze è un sincero sostenitore della nuova Comunicazione digitale e crede nelle potenzialità democratiche di questo mezzo, prenda atto che gran parte dei siti istituzionali sono gestiti con logiche proprie della società italiana tradizionale.
Per esempio non concedono link ad altri siti, rifiutandosi al dialogo sociale. Se non fosse per i motori di ricerca, autentica colonna vertebrale del web, la struttura di isole separate che gli italiani hanno disegnato con i propri siti internet (come fossero specie di CD-rom virtuali) sarebbe collassata sotto il proprio peso. Esemplare il caso toscano, dove Internet si è sviluppato in anticipo rispetto a molte regioni europee, ma che continua a manifestare un'istintiva ritrosia a concedere reciprocamente link tra i siti: cioè a negarsi l'uno con l'altro l'elemento costitutivo, l'essenza intrinseca del web. Sapendo distinguere con appropriatezza tra contenuti e contenitori, Matteo Renzi potrebbe diventare protagonista del cambiamento digitale, rottamando l'atteggiamento tradizionale che limita lo sviluppo della rete.
Sarebbe bello se volesse riportare la Rete Civica ai principi originari con cui fu fondata a metà degli anni '90. Il nome “civica” significa appunto che appartiene a tutti i cittadini di questa città. Potrebbe, ad esempio, ospitare il dibattito pubblico, secondo l'intenzione iniziale dei suoi fondatori, poi gradualmente disconosciuta durante le amministrazioni guidate da Leonardo Domenici. Qualche anno fa un gruppo di operatori dell'informazione digitale, tutti fiorentini, si fece latore di una proposta: la costituzione di una Consulta comunale che supporti l'Assessore con delega alla Rete Civica nella gestione di questo importante strumento collettivo.
Da allora la proposta è rimasta lettera morta. L'attuale sindaco che ne pensa?