Ci sono attrici, forse, non grandissime che sono divenute icone dell'immaginario collettivo. Emblematico è il caso di Marisa Berenson, top- model e attrice di alcuni film cult. Lanciata sul grande schermo da Luchino Visconti nel film “Morte a Venezia”, Marisa Berenson si è imposta in un film indimenticabile, quale “Barry Lindon”di Stanley Kubrik, L'attrice che è stata interprete di “Cabaret” di Bob Fosse, si confessa nell' autobiografia “Momenti intimi” che è stata presentato a Firenze, città che Marisa Berenson, pronipote di Bernrad Berenson, conosce bene avendo anche frequentato la scuola del Poggio Imperiale.
“Quando frequentai la scuola italiana, il Poggio Imperiale a Firenze, la preziosa assistente del mio prozio, Nicky Mariano, e sua sorella, venivano a volte a prendermi per un fine settimana e mi portavano a divertirmi....” Lo zio di mio padre, Bernard, insieme alla compagna Mary, ha vissuto la maggior parte della vita sulle colline di Firenze, a Villa I Tatti: ne fecero una delle più belle dimore della Toscana, dove accolsero per quasi sessant’anni gli animi più grandi, musicisti, scrittori e personalità politiche come Yehudi Mehunin, Alberto Moravia o Edith Wharton...
E poi, una collezione straordinaria di dipinti del Rinascimento, comprese tele di Giotto, madonne fiorentine del XIV e XIV secolo di Daddi, di Veneziano, pannelli policromi del Sassetta, e molti altri capolavori... Nel libro la celebre attrice e top-model italo-francese svela i suoi tanti misteri. Narrando le sue passioni e anche i suoi drammi come quello dell'11 settembre 2001 quando perse la sorella Berry. I Momenti “intimi” della sua vita si articolano in un percorso punteggiato da amicizie indimenticabili, con personaggi quali Andy Warhol, Truman Capote, Dirk Bogarde, Liza Minnelli, Helmut Berger e rivelano anche il suo impegno umanitario come attivista dell'Unesco. La star, che è protagonista della fiction “Il peccato e la vergogna”, trasmessa su Canale 5 lo scorso settembre, racconta del suo rapporto con Visconti e non manca di ricordare Stanley Kubrik che nel 1975 dirigendola in “Barry Lindon” la consacrò come icona internazionale. “Era timido, riservato - afferma l'attrice a proposito del grande regista americano -, con lui l'impegno era 24 ore su 24”. Il libro è edito da Barbès editore.
di Alessandro Lazzeri