La Polizia di Stato di Pescara, Verona, Ancona e l'Aquila, in collaborazione con il personale del Centro Operativo D.I.A. di Firenze ha concluso stamattina un'operazione di polizia giudiziaria denominata "ADRIATIK", finalizzata al contrasto dello spaccio di cocaina, nella provincia di Pescara. I poliziotti hanno eseguito all'alba 12 custodie cautelari in carcere ed una agli arresti domiciliari nei confronti di un'organizzazione italo-albanese, oltre al sequestro preventivo di un'autovettura e delle quote sociali di un centro sportivo di Moscufo (PE) denominato "Andaclub".
E' nella cittadina pescarese Moscufo, che un gruppo di albanesi residenti tra Verona, Loreto (AN) e la provincia dell'Aquila, controllavano lo smistamento della cocaina impiantando la loro base logistica presso il centro sportivo del luogo cui quote sociali sono state ricondotte a un cittadino italiano, capo del gruppo pescarese. L'indagine aveva già portato, da settembre 2008 ad agosto 2009, al sequestro complessivo di circa due chili di cocaina di apprezzabile qualità, destinata alle regioni abruzzesi e marchigiane, con l'arresto in flagranza di tre corrieri e al sequestro dello stupefacente.
Complessivamente l'operazione ha registrato tra gli indagati 20 persone, di cui 2 albanesi in corso di identificazione, riuscendo ad acquisire prove certe sugli acquirenti della cocaina sequestrata, individuati nel capo di una famiglia rom locale e in un insospettabile imprenditore del luogo, incaricati entrambi del ritiro e della custodia della cocaina. E' nel centro sportivo che avvenivano le riunioni finalizzate a pianificare le strategie di approvvigionamento dello stupefacente e negli stessi locali veniva poi depositata la cocaina in attesa di smistamento.
Lo spacciatore si garantiva il pagamento della droga che acquistava con l'incasso del risarcimento assicurativo di furti simulati di autovetture che successivamente venivano trasportate in Albania.Le intercettazioni hanno evidenziato che i beni trasferiti in Albania venivano riciclati attraverso le attività commerciali degli indagati che consistevano in villaggi turistici e in autosaloni, dove poi venivano vendute le autovetture consegnate dagli spacciatori pescaresi. Le indagini della Squadra Mobile di Pescara sono state svolte in collaborazione con quelle del Centro Operativo D.I.A.
di Firenze, che hanno evidenziato che l'organizzazione criminale reinvestiva i proventi delle attività illecite in un ciclo economico stigmatizzato in più passaggi, dall'iniziale sfruttamento della prostituzione e traffico di stupefacenti sul territorio nazionale, all'espatrio in Albania investiti in alberghi di lusso, centri sportivi e concessionari di auto.