Dal prossimo anno scolastico scatterà il tetto del 30% per gli alunni stranieri nelle classi. Si parte dal 2010-2011 dalle classi prime di elementari, medie e superiori. Lo prevede una nota inviata dal Ministro della Pubblica Istruzione e Università, Mariastella Gelmini: «Stabilire un tetto del 30% di alunni stranieri per classe è un modo utile per favorire l'integrazione». «Si è scelto di dare una veste giuridica a pregiudizi e preconcetti che hanno solo una base emozionale, la paura del diverso».
E’ quanto ha dichiarato l’assessore alla pubblica istruzione Rosa Maria Di Giorgi commentando quanto previsto da una nota inviata dal Ministero dell'Istruzione a tutte le scuole secondo la quale dal prossimo anno scolastico scatterà il tetto del 30% per gli alunni stranieri nelle classi. «Questa scelta del Ministro Gelmini – ha sottolineato – è una delle ‘cambiali’ che il Governo di centrodestra deve pagare per tranquillizzare la Lega. Non dimentichiamo che nell'ottobre 2008, alla Camera dei Deputati, la maggioranza approvò una mozione sull' istituzione nella scuola dell’ obbligo di classi riservate agli alunni stranieri che non parlano o parlano poco la nostra lingua, le cosiddette ‘classi d' inserimento’.
Il primo firmatario del documento era proprio il capogruppo della Lega, Roberto Cota. «Quella proposta – ha aggiunto l’assessore alla pubblica istruzione – era già stata bocciata dall’Accademia della Crusca in due saggi pubblicati sul periodico la ‘Crusca per voi’. E, come se non bastasse, la rivista si era fatta portavoce delle impietose osservazioni delle altre istituzioni custodi della nostra lingua: la Società italiana di Glottologia, la Società di linguistica italiana, l’Associazione italiana di linguistica applicata, il Gruppo di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica e l' Associazione per la storia della Lingua italiana» «Peraltro - ha proseguito Rosa Maria Di Giorgi – il metodo proposto è incongruente rispetto all'obiettivo di favorire la promozione dell' acquisizione dell’italiano ai fini, almeno dichiarati, di una armonica integrazione.
La scuola non deve chiedersi se un alunno è straniero ma che cosa sa, quali competenze già possiede, quali sono i suoi bisogni linguistici e formativi, come aiutarlo a imparare e a sviluppare le proprie capacità ed a volte anche i propri talenti: esattamente quello che deve fare con ogni bambino ed ogni ragazzo». «Invece di creare ‘classi ghetto’ – ha rilevato Rosa Maria Di Giorgi - si doveva di puntare sui docenti, preparandoli per la formazione dell' insegnamento dell' italiano come seconda lingua, come avviene ad esempio in Francia da decenni, disponendo una formazione specifica per i docenti che lavorano nei Cpt, e più in generale creando una vera e propria cultura della valutazione’ non solo delle competenze linguistiche, formando gli insegnanti ad una revisione dei curriculum in chiave interculturale». «I ragazzi "stranieri", anche per il ministero – ha proseguito – sono coloro che risultano non italiani dal punto di vista anagrafico.
Sotto l’etichetta di alunni stranieri vengono così accomunati ragazzi con storie e competenze anche molto diverse: ci sono coloro che sono appena arrivati, che hanno bisogno di imparare la lingua per parlare con tutti e per studiare e ci sono i ragazzi nati in Italia, che forse sono andati al nido quando avevano pochi mesi, che probabilmente hanno frequentato la scuola materna, che hanno giocato e imparato insieme al gruppo dei coetanei, guardato magari le stesse trasmissioni televisive. Qui a Firenze tifano Fiorentina e nel gruppo dei compagni parlano in vernacolo.
Questi ragazzi dove li mettiamo? Nel 30% di stranieri o tra chi straniero non è?». «A Firenze, quest’anno – ha ricordato Rosa Maria Di Giorgi - in prima elementare il 68,3% dei bambini stranieri è in questa situazione: è nato nel nostro paese, probabilmente comunica bene in italiano ed ha molti dei riferimenti culturali che circolano nel gruppo dei compagni e i prossimi anni questi nuovi italiani saranno sempre di più. Allora altro è sostenere la scuola quando non riesce a gestire facilmente classi composte da molte situazioni differenti e con molti neo arrivati, che non parlano italiano, altro è mettere steccati artificiosi e strumentali.
A scuola occorre cominciare a parlare di neo arrivati in Italia, i quali è vero hanno bisogni specifici a cui rispondere e per i quali la scuola si trova a volte in affanno, ma non di stranieri». «Qui a Firenze non vogliamo ‘classi ghetto’ – ha proseguito – lo sforzo dell’amministrazione è di individuare quali sono i bisogni linguistici e formativi del ragazzo straniero , come aiutarlo a imparare e a sviluppare le proprie capacità ed a volte anche i propri talenti Anche tra i ragazzi stranieri neo arrivati, allo stesso modo che tra gli italiani, ci sono intelligenze e possibilità che vanno supportate perché è interesse di tutti, di tutta la comunità, educare e formare tutti i ragazzi al meglio, per il nostro futuro».