Una regione che non è terra di mafia e che tuttavia, anche per le caratteristiche della sua economia, risulta permeabile alle infiltrazioni mafiose. Una regione dove manca il consenso sociale alla criminalità organizzata ma in cui si parla ancora a sufficienza di mafia. Una regione, ancora, dove non mancano "campanelli d'allarme che non vanno sottovalutati", ma in cui va dato atto dell'impegno della Regione Toscana, "senza dubbio all'interno del centro Italia la regione più attenta ai fenomeni mafiosi". È una Toscana in chiaroscuro, quella che emerge dal rapporto che ogni anno predispone la Fondazione Caponnetto e che questa mattina è stato presentato in Regione, a Palazzo Strozzi Sacrati, presenti il vicepresidente della Regione Toscana Federico Gelli e il presidente della Fondazione Salvatore Calleri. "Un rapporto che ci invita assolutamente a non abbassare la guardia, anche ora che di mafia si parla meno a livello nazionale – sottolinea Gelli –.
Un rapporto senz'altro non privo di dati preoccupanti. E questo, al di là del riconoscimento a quanto abbiamo fatto, ci impegna senz'altro a intensificare la nostra azione a difesa di una cultura delle regole, perché ogni volta che questa cultura viene messa in discussione è lì che comincia a trovare alimento la mafia. Cosa che vale nei rapporti con la pubblica amministrazione come nell'uso che si fa del denaro. Per questo come istituzioni dobbiamo essere ancora più presenti nelle scuole e nelle periferie e in ogni realtà significativa per difendere e consolidare la legalità". Rispetto agli anni precedenti il rapporto segnala in forte espansione la mafia russa, particolarmente attiva negli investimenti nel settore alberghiero; segnala la nascita di bande di giovani e giovanissimi cinesi che potrebbero entrare in rotta di collisione con le organizzazioni criminali più consolidate, attive in campi come il traffico di immigrati clandestini; prova a disegnare la presenza e gli interessi della mafia albanese e rumena; si sofferma sulle mafie italiane segnalando il pericolo di infiltrazione negli appalti. La Toscana, spiega il rapporto, non è terra dove si richiede organicamente il “pizzo”, ma non va sottovalutato il fenomeno dell'usura, così come il traffico di rifiuti della camorra. di Paolo Ciampi Nella foto, d'archivio, un posto di blocco dei militari dell'Arma.