19/5/2009 Firenze - In occasione della mostra "I Marmi vivi. Gian Lorenzo Bernini e la nascita del ritratto barocco", in corso al Museo Nazionale del Bargello fino al 12 luglio 2009, si rinnova la collaborazione tra Soprintendenza Speciale P.S.A.E. e per il Polo Museale della città di Firenze, Museo Nazionale del Bargello, l’ETI - Teatro della Pergola e la compagnia di Sandro Lombardi per animare uno dei più suggestivi ed esclusivi palcoscenici en-plein-air di Firenze. Dal 2007 infatti accanto alle grandi mostre figurative ospitate dal Museo sono andati in scena nella straordinaria cornice del cortile del Museo spettacoli che delle opere raccoglievano suggestioni e ne rintracciavano segni in due grandi autori del Novecento italiano; si sono così già incontrati nelle passate stagioni Desiderio da Settignano e Gabriele d'Annunzio di Sogno di un mattino di primavera, seguiti la scorsa estate da Vincenzo Danti e Giovanni Testori di Erodiàs.
L’incontro che si compie quest’anno ad opera della compagnia di Sandro Lombardi è tra Bernini e un altro grande autore europeo contemporaneo Thomas Bernhard e Il riformatore del mondo, titolo che in quest’occasione assume un carattere quanto mai evocativo.
Lo spettacolo debutta in prima assoluta mercoledì 3 giugno 2009 e replica fino al 21 giugno (tutti i giorni con l’eccezione di lunedì 8); la mostra, visitabile gratuitamente prima e dopo lo spettacolo, proseguirà fino al 12 luglio 2009.
Bernini è uno dei massimi rappresentanti dell'età barocca, che fa subito pensare a immagini di fasto, ricchezza espressiva e vitalità. Tra gli intenti della mostra, non ultimo è quello di indagare il lato oscuro di questa luccicanza: la solitudine e il senso di morte in cui si trova di colpo piombata l'umanità che, dopo le scoperte di Galileo, deve accettare l'idea di non essere al centro del mondo e, forse, di non avere neanche il riparo di un Dio.
“Invece di riferirsi in modo tutto sommato esteriore a un testo barocco, spiega Sandro Lombardi - abbiamo preferito riflettere sull'analogia tra il Novecento e questo secolo nero, proprio perché rischiarato dalle scoperte scientifiche, che tuttavia spingono un'umanità fino allora centralizzata a sentirsi smarrita e a trovare scampo solo nel fasto delle forme al vuoto e al senso di morte che li attanaglia. Nel secolo scorso, i due drammaturghi che maggiormente hanno registrato la piccolezza e la miseria della condizione umana sono stati Samuel Beckett e Thomas Bernhard, che hanno saputo esprimere quel simile sgomento che ha percorso le menti e i cuori più sensibili dopo eventi come l'Olocausto o Hiroshima: l'opposto della luminosa novità galileiana, ma con gli stessi risultati: lasciare nello smarrimento di un mondo senza Dio, in cui tutto esiste ma niente ha valore.
La scelta è così caduta su Bernhard che, con Il riformatore del mondo (titolo quanto mai berniniano), ci ha consegnato il suo testo più beckettiano.” Risalente al 1979, Il riformatore del mondo offre il ritratto di un vecchio sul punto di rottura della nevrosi autodistruttiva, espressione superbamente ossessiva di una coscienza della degradazione del pianeta e nuovo ordinatore del caos. Per Sandro Lombardi è l'occasione di tornare ad un autore che già in passato, con L'apparenza inganna, gli ha offerto l'opportunità per una delle sue interpretazioni più felici.
Tra la numerosa famiglia di vecchi bernhardiani, soli, disperati, sarcastici, crudeli, bisbetici, bisognosi di aiuto, carnefici e vittime allo stesso tempo, il Riformatore è quello che forse maggiormente sfiora il limite della follia. Autore di un trattato volto a dimostrare la possibilità di "ricreare" il mondo, l'uomo passa le sue giornate dividendosi tra i sadici tormenti che infligge alla donna che condivide la sua solitudine, le amare memorie di non meglio specificate umiliazioni subìte, la vanità per la laurea honoris causa che sta per ricevere.
Nel delineare questa superba figura, Bernhard ci consegna ancora una volta uno specchio agghiacciante nel quale riconoscere gli abissi di sofferenza e i tormenti cui l'uomo contemporaneo è, dietro la maschera illusoria di una società opulenta e votata al benessere, condannato dalla progressiva perdita di valori di questa stessa società, talmente orgogliosa da presumere di poter fare a meno di tutto: dai grandi esempi del passato a sentimenti quali amore, pietà, speranza, dalla necessità di riconoscere la propria piccolezza al bisogno di una realtà trascendente.
Paola Pace