Firenze 16.02.2009- Al via domani la programmazione al Teatro di Rifredi di Firenze la rassegna Vite Vendute, Teatro e Lavoro in Toscana tra Memoria e Innovazione. La rassegna è stata presentata alla stampa presenti l'Assessore alla Cultura del Comune di Firenze Eugenio Giani, il segretario generale CGIL di Firenze Mauro Fuso, il Presidente SMS di Rifredi 1883 Giovanna Malgeri, e Angelo Savelli regista stabile di Pupi e Fresedde-Teatro di Rifredi. Il tema del lavoro, che non trova spesso ospitalità sui nostri palcoscenici, è un tema che può essere affrontato non solo con i toni del documentario e della denuncia ma anche con quelli più teatrali della commedia, dell’ironia, della coreografia e di un'invenzione drammaturgica innovativa.
Il teatro torna ad essere “lo specchio dei tempi” come diceva Shakespeare. Cinque le compagnie, tutte toscane, ospiti di questa prima edizione della rassegna dove prevale il tema della memoria con le testimonianze dei contadini del Chianti, dei cenciaioli di Prato, delle lavoratrici della Rifle del Mugello e della Lebole di Arezzo, e più in generale di una rievocazione di una classe operaia degli anni cinquanta, sessanta e settanta che forse oggi non esiste più. A partire da questa memoria, l’intenzione è quella di aprirsi ad una seconda fase in cui invece saranno i nuovi lavori, il precariato, la mobilità, la globalizzazione ad essere i protagonisti.
Si apre il sipario, come detto, domani 17 febbraio con la Compagnia del Pepe che presenta la lettura scenica, curata da Andrea Bruno Savelli, del romanzo di Simona Baldanzi FIGLIA DI UNA VESTAGLIA BLU, con Elena D’Anna, Fulvio Cauteruccio, Michele Morrocchi, Andrea Bruno Savelli e la partecipazione di Lucia Poli. E’ una storia che si sdoppia tra la vita della madre, operaia alla Rifle di Barberino, una vita segnata dalla routine e dall’alienazione del lavoro nella catena di montaggio, e la vita nei campi base della TAV, fatta di cantieri difficilmente accessibili, di polvere da ingoiare, di volti combattivi e dolenti lontani dalla propria terra, dalla famiglia e dagli amici.
Dal Mugello a Prato con Kulturificio N. 7 (venerdì 20 e sabato 21 febbraio) che presenta STRACCI per la regia e l' interpretazione di Valentina Banci e Francesco Borchi; il testo di Tommaso Santi nasce dalla memoria e dai racconti dei cenciaioli, dalla polvere di un mestiere in via di estinzione, nasce anche dalla fantasia e dalla voglia di confrontarsi senza nostalgia con un mondo che non ci appartiene più. Si passa al duro lavoro dei mezzadri con Arca Azzurra Teatro in CENT’ANNI un secolo di lavoro e lotte contadine (da mercoledì 25 a sabato 28 febbraio).
I materiali di base sono stati raccolti nel Chianti nel centenario della fondazione della CGIL. Dimitri Frosali ha scelto e inizialmente elaborato le testimonianze, curando infine la regia dello spettacolo. Massimo Salvianti è autore della drammaturgia finale e, affiancato dagli attori della compagnia, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Lucia Socci, interprete di questo spettacolo che si ricollega alla tradizione del teatro affabulatorio e civile. Il 3 e 4 marzo in scena il curioso spettacolo non verbale presentato dalla giovane Compagnia fiorentina del Teatro dell'Elce: CINQUANTA! Epopea di un faticoso entusiasmo (Selezione Premio Scenario 2007), Attraverso la consultazione di fonti letterarie e cinematografiche, degli archivi RAI e soprattutto grazie alla raccolta di interviste sul territorio fiorentino a donne e uomini nati tra il '30 e il '40, ispirandosi anche ad uno dei racconti degli Amori difficili di Italo Calvino, la compagnia, composta da Elena Ciardella, Marco Di Costanzo che firma la regia, Sara Giulivi, Stefano Parigi, ha condotto una ricerca su quest'epoca ricca di entusiasmo e speranze verso la vita nonostante le dure condizioni economiche e sociali.
Ultimo appuntamento il 6 e 7 marzo con Alessandra Bedino e la sua libera riscrittura a partire dalle testimonianze delle operaie Lebole raccolte da Antonella Bacciarelli e pubblicate in “La confezione di un sogno” di Claudio Repek. 1958-2002 un pezzo della storia di Arezzo. Sogni, speranze, conquiste e delusioni di migliaia di operaie, le leboline. LA FABBRICA DELLE DONNE: perché, se è vero che le donne hanno fatto grande la Lebole, è anche vero che la fabbrica stessa ha creato un nuovo tipo di donna.
Un’occasione per dar voce alle “leboline” e contribuire attraverso il teatro a tramandarne la memoria tra le nuove generazioni.