Firenze– Ieri il Senato ha dato l'approvazione definitiva all'emendamento promosso dai ricercatori e che annulla il tentativo di recuperare qualche spicciolo anticipando il pensionamento dei ricercatori. E' stata definitivamente approvata dal Parlamento la legge che contiene l'emendamento che 'svuota' la norma che consentiva il pre-pensionamento coatto dei dipendenti pubblici che, se avevano riscattato gli anni di laurea, potevano essere pre-pensionati al raggiungimento di 40 anni di contributi.
In tal modo e' stato di fatto reso impossibile anche il pre-pensionamento dei ricercatori universitari.
E’ stata approvata a maggioranza la mozione sulla ricerca universitaria presentata dai consiglieri Pieraldo Ciucchi e Giancarlo Tei (Ps). La mozione chiede alla Giunta di impegnarsi per fare in modo che i ricercatori non siano sottopagati, che possano trovare inquadramento nel sistema universitario e che la ricerca, a Firenze e in Toscana, sia finanziata con criteri in linea con le reali esigenze degli atenei e del territorio.
Come spiegato da Ciucchi, primo firmatario, la mozione chiede anche il rispetto da parte dell’Università di Firenze della legge 133, in base alla quale il personale che ha svolto l’attività per 40 anni e ha raggiunto l’età massima contributiva deve poter andare in pensione. “La richiesta avanzata dal consiglio di amministrazione dell’ateneo fiorentino di sospendere l’applicazione della legge per alcuni tecnici amministrativi e per alcuni ricercatori – ha detto il consigliere -, oltre a contravvenire lo spirito della normativa vigente appare in contrasto anche con la realtà del mondo universitario, fino a pochi mesi fa impegnato nella protesta contro la riforma del ministro Mariastella Gelmini e nella difesa del diritto dei giovani ricercatori, troppo spesso penalizzati dalle cosiddette baronie universitarie, ad intraprendere la carriera universitaria nel ruolo che spetta loro”.
La mozione, constatando che molto spesso i ricercatori svolgono il lavoro tipico dei docenti, impegna la Giunta “a farsi portatrice presso il ministero per la Ricerca scientifica e l’università della necessità di una riforma organica e sostanziale di tutto il sistema universitario”, in cui prevalgano “logiche opposte rispetto a quelle in essere fino ad oggi e in cui a decidere l’indirizzo e le sorti di un ateneo non siano le baronie consolidate ma solo i criteri ispirati al merito, al miglioramento qualitativo dell’offerta didattica e ad una ricerca che sia finanziata in maniera cospicua ma mirata alla crescita economia, sociale e culturale del territorio”.
L’atto impegna inoltre il governo regionale ad intervenire nei confronti dell’ateneo di Firenze affinché non vengano derogati i limiti di legge per il pensionamento del personale “al fine di permettere l’inserimento in organico di nuove energie”. La mozione, infine, chiede anche “regole chiare e rigorose e un attento controllo delle risorse che vengono destinate agli atenei toscani” e di “verificare che i filoni di ricerca finanziata siano in linea con i filoni disciplinari, in modo che tali erogazioni producano un effettivo miglioramento qualitativo della ricerca e della didattica”.
"A questo punto il Rettorato di Firenze deve ammettere di aver tenuto un atteggiamento oltre che punitivo, sicuramente improvvido e di fatto inutile, e inviare immediatamente le lettere di revoca del licenziamento ai nostri 55 colleghi -commenta Alberto Di Cintio membro del CdA dell'Università degli Studi di Firenze, rappresentante dei ricercatori- Grazie quindi in particolare a quei colleghi che si sono battuti in prima fila per le ragioni di giustizia e di equità e per il giusto riconoscimento del nostro ruolo e delle nostre funzioni, e grazie anche a quei Consigli di Facoltà, di Dipartimento, di Corsi di Laurea che hanno approvato e sostenuto le nostre mozioni in merito.
Un dibattito serio sul futuro dell'Universita' non puo' certo incentrarsi sui pre pensionamenti coatti".