Raccontare il lavoro, quello vero, quello duro.Il passaggio dalle campagne alle fabbriche. Quando diventare un'operaia della Lebole era un sogno, quando la coscienza popolare si arricchiva di consapevolezza e di diritti. Il teatro del lavoro va in scena con cinque produzioni toscane che si succederanno sul palco del Teatro di Rifredi a partire dal 17 febbraio fino al 4 marzo. Gli spettacoli della rassegna "Vite Vendute" sono stati presentati stamani in Palazzo Vecchio dall'assessore alla cultura Eugenio Giani insieme ad Angelo Savelli della compagnia Pupi e Fresedde, al presidente dell'Sms di Rifredi Giovanna Malgeri, a Mauro Fuso segretario Cgil Firenze ed alcuni attori.
"Unire teatro e lavoro - ha detto l'assessore Eugenio Giani- è un'operazione cultura molto importante. E il fatto che sia il Teatro Stabile d'Innovazione Pupi e Fresedde a metterla in scena conferma la vocazione di eccellenza di questo Teatro". Ad aprire il sipario martedì 17 alle 21 con "Figlia di una vestaglia blu", il romanzo in cui la scrittrice Simona Baldanzi intreccia la memoria legata al duro lavoro della madre con la vita, una storia legata al movimento operaio con la partecipazione straordinaria sul palco di Lucia Poli e con Elena D'Anna Fulvio Cauteruccio, Michele Morrocchi, Andrea Bruno Savelli.
Dal Mugello si va a Prato con 'Stracci' il 20 e il 21. Non è un documentario, né una storia vera, ma rispecchia l'esigenza di fare i conti con il lavoro anche quello duro. Si prosegue con 'Cent'anni' presentato da l'Arca Azzurra che racconta la storia di una famiglia di mezzadri toscani attraverso un secolo di storia con testimonianze raccolte. Poi il Teatro dell'Elce presenta 'Cinquanta' (3 e 4 marzo sempre alle 21) con Elena Ciardella, marco Di Costanzo, sara Giulivi, Stefano Parigi. E' la fotografia dell'italia del boom economico con le prime zone d'ombra che si affacciavano.
Fino alla 'Fabbrica delle donne' (6 e 7 marzo) che racconta laq prima notte dopo la chiusura dello stabilimento Lebole di Arezzo.