Il movimento esperantista italiano con la collaborazione della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco, della Associazione Eurolinguistica-sud e del Comune di Firenze chiude a fine novembre le celebrazioni in Italia del 2008, Anno internazionale delle lingue, promosso dalle Nazioni Unite, con un convegno a Firenze su Diritti Umani e Diritti Linguistici.
La scelta di Firenze non è casuale, perché Firenze è la sede della Accademia della Crusca, l'ente deputato a difendere e ad illustrare la lingua italiana, lingua che al momento è assediata sia a Bruxelles che persino in patria.
Vedi la questione dei corsi universitari in inglese in Italia. Il discorso di apertura sarà, non a caso, del prof. Francesco Sabatini, presidente onorario della Accademia della Crusca e tratterà delle iniziative prese dall'Accademia. Il titolo è suggestivo: Firenze, piazza delle lingue d'Europa. Tutti i discorsi verteranno sui rapporti giusti tra parlanti di lingue diverse, ad esempio Gabriele Iannàccaro dell'Università di Milano Bicocca, parlerà di ecologia delle lingue, mentre Giuseppe G.
Castorina e Manuela Cipri, dell'Università di Roma "La Sapienza" e della Associazione Eurolinguistica-sud, parleranno dell' italiano come risorsa di competenze eurolinguistiche.
Un tono più economico avrà la relazione del prof. Remigio Ratti dell'Università di Friburgo e della Svizzera Italiana, Presidente di "Coscienza Svizzera", che tratterà delle relazioni tra sviluppo economico e lingue. Scopo del convegno è la riaffermazione di alcuni punti:
- i diritti linguistici fanno parte a pieno titolo dei diritti dell’uomo
- la diversità delle lingue è una parte essenziale della diversità culturale.
- la comunicazione tra gli uomini resta una necessità essenziale per arrivare alla comprensione reciproca ed alla pace.
I diritti linguistici fondamentali possono essere riassunti nel diritto ad usare la propria lingua madre ed a ricevere un’educazione scolastica in quella stessa lingua. Inoltre fanno parte dei diritti dell’uomo la possibilità di capire e di essere capiti nei rapporti con persone di lingua madre diversa senza alcuna coercizione a parlare la lingua più forte.