"Biologia e conservazione dei felidi in Italia" si svolgerà dal 7 al 9 novembre 2008 presso la sala congressi dell' Albergo della gioventù di Santa Sofia e porterà nel Parco Nazionale i massimi esperti in materia. L’iniziativa si propone di fare il punto sulle conoscenze della biologia di gatto selvatico (Felis silvestris) e lince eurasiatica (Lynx lynx nella foto di_Nevio Agostini) e sulle prospettive di conservazione delle loro popolazioni.
La distribuzione del gatto selvatico sul territorio nazionale è poco nota e la consistenza della sua popolazione è quasi del tutto sconosciuta.
È possibile desumere che sia presente una popolazione, non singoli individui, all’interno dell'area protetta. La ricerca si avvale della tecnica del trappolaggio fotografico, del rilievo di impronte, peli e segni di presenza (per esempio escrementi), del recupero di cadaveri e dell’osservazione diretta di esemplari. Tuttavia la certezza dell’identificazione tassonomica si può ottenere solamente valicando le osservazioni con esami genetici su campioni biologici ed escrementi.
Venerdì 7 novembre, a partire dalle 21, sarà dedicato a “Il lupo e il gatto selvatico nel Parco delle Foreste Casentinesi e la lince in Italia”, conferenza divulgativa aperta al pubblico su tre grandi predatori.
Interverranno Stefano Filacorda dell' Università di Udine, Giancarlo Tedaldi del Museo di Ecologia di Meldola e Marco Mencucci del Coordinamento Territoriale per l'Ambiente del Corpo Forestale dello Stato.
Sabato 8 novembre (dalle 9 fino alle 20) sarà la volta degli interventi di Krysztof Schmidt, Ph.D. al Mammal Research Institute Polish Academy of Sciences, di Mathias Herrmann OEKO di LOG.COM, di Marco Masseti dell'Università di Firenze, Paolo Molinari del progetto SCALP, di Bernardino Ragni dell' Università di Perugia e di Ettore Randi e Piero Genovesi dell' Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Il pomeriggio è dedicato ai contributi liberi degli iscritti a intervenire.
Domenica ci sarà un'escursione guidata nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi in collaborazione con CTA e UTB del Corpo Forestale dello Stato.
Il termine per l' iscrizione è fissato al 31 ottobre. Il convegno è organizzato dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, dall’ISPRA (ex Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), dal Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia.
Il progetto si sviluppa in collaborazione con l'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio (UTB) del Corpo Forestale dello Stato, il Coordinamento Territorio Ambiente (CTA) del Corpo Forestale dello Stato all'interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e il Museo di ecologia di Meldola (FC). Il convegno è aperto a tutti e gli organizzatori sollecitano il contributo di chiunque sia interessato ai problemi di biologia e conservazione dei felidi in Italia.
Il gatto selvatico è una delle più importanti specie della nostra fauna.
Tutelato dalla normativa italiana ed europea, richiede una protezione rigorosa.
In Italia sono presenti due sottospecie di gatto selvatico: il gatto selvatico europeo (Felis silvestris silvestris) ed il gatto selvatico sardo (Felis silvestris libica).
Il gatto selvatico sardo appartiene alla sottospecie africana, ed ha origine da gatti, probabilmente semidomestici, che furono trasportati anticamente in Sardegna dall’uomo. Il gatto selvatico europeo è presente in Italia in tre aree principali: le Alpi orientali, l’Appennino centro-meridionale (con un limite distributivo settentrionale che è stato tradizionalmente delimitato da una linea che connette il centro-sud della Toscana con il centro-nord delle Marche) e la Sicilia centro-settentrionale.
Il gatto selvatico europeo vive in aree forestate, preferibilmente in boschi di latifoglie, ma presenta una certa plasticità ecologica ed è presente anche in ambienti di tipo mediterraneo. In ogni caso, la persistenza di popolazioni vitali di gatto selvatico necessita di ampi spazi boscati ad elevata naturalità.
La caratteristica più saliente della sottospecie selvatica è rappresentata dalla presenza di 4 strie occipitali-cervicali scure; le più esterne si fermano al livello superiore delle spalle, ma talvolta proseguono per originare le due fasce scapolari.
Le strie nucali centrali sovente si fondono lungo il dorso per dar origine a una netta linea dorsale che si interrompe sempre alla base della coda. Inoltre la superficie dorsale dei padiglioni auricolari ha un colore generalmente fulvo-bruno contrastante con i toni grigi del capo e la coda è sempre molto grossa, con estremità non appuntita come nel domestico, ma al contrario molto espansa: essa presenta sempre l’apice nero e vari anelli scuri che mantengono la loro larghezza anche nella porzione inferiore.
L’origine recente e la moderata divergenza genetica fa sì che le due sottospecie possano facilmente incrociarsi originando ibridi fertili, sia in natura che in cattività. La possibilità di ibridazione e la presenza di gatti vaganti o inselvatichiti mette le popolazioni di gatto selvatico a rischio di ibridazione, specialmente in aree di recente colonizzazione o di bassa densità della popolazione selvatica rispetto alla popolazione domestica.
Inoltre l’addomesticamento non ha prodotto importanti modificazioni nella struttura anatomo-morfologica del gatto domestico.
Può risultare difficile distinguere i gatti selvatici da quelli domestici con il mantello di tipo selvatico, e di solito è impossibile identificare ibridi con gatti domestici con mantello di tipo selvatico.
L’areale distributivo del gatto selvatico è poco noto, e la consistenza delle popolazioni è quasi del tutto sconosciuta. L’accertamento della presenza del gatto selvatico in aree più settentrionali rispetto ai confini distributivi tradizionali e l’individuazione di una fase di espansione delle popolazioni appenniniche costituirebbero elementi di grande rilevanza per la conservazione della specie, che devono essere documentati con obiettività e precisione.
In particolare l’accertamento della presenza nel Parco Nazionale di una popolazione di gatto selvatico, specie prettamente forestale che necessita di ampi spazi boscati ad elevata naturalità rappresenterebbe un fatto importante per la riconferma della elevata qualità ambientale, che sarebbe conseguentemente identificabile come l’area appenninica più settentrionale, attualmente nota, di presenza e riproduzione della specie.
Negli ultimi anni sono state divulgate alcune segnalazioni che lasciano ipotizzare che il gatto selvatico sia effettivamente presente nel Montefeltro ed in Romagna.
Un esemplare fu abbattuto a fucilate nel 2002 nell’area del Parco Regionale del Carpegna e le analisi genetiche hanno confermato l’attribuzione alla sottospecie F. s. silvestris. Per l’Appennino forlivese esistono solamente osservazioni di presunti gatti selvatici, talvolta ben circostanziate, ma prive di documentazione oggettiva. Un esemplare viene osservato da alcuni agenti forestali nel 2001 (Crudele et al. 2002), altri soggetti vengono avvistati da agenti forestali e cittadini (Simoncini e Canestrini, 2007).
Sulla base di questi indizi il Parco Nazionale - nel 2006 - ha dato incarico all’INFS (attuale ISPRA) di avviare un progetto pilota su piccola scala per svolgere una ricerca finalizzata ad accertare obiettivamente la presenza del gatto selvatico utilizzando tecniche non invasive (postazioni allestite con macchine fotografiche e raccolta di campioni di pelo tramite trappole ad esca odorosa) in poche aree campione.
Il progetto è stato avviato nella primavera 2007, con la collaborazione del personale del CFS-CTA del Parco, della Provincia di Forlì-Cesena e del Museo di Ecologia di Meldola.
Le indagini faunistiche sono state svolte, fino ad ora, nel versante Romagnolo del Parco Nazionale, nell’Alta Valle del Rabbi e nell’Alta Valle del Bidente di Pietrapazza, all’interno di aree forestali della fascia medio montana. La ricerca di campo si avvale della tecnica del trappolaggio fotografico, del rilievo di impronte, peli e segni di presenza (per esempio escrementi), del recupero di cadaveri e dell’osservazione diretta di esemplari.
Tuttavia la certezza dell’identificazione tassonomica si può ottenere solamente valicando le osservazioni con esami genetici su campioni biologici ed escrementi.
Perciò sono state collocate speciali trappole per pelo dotate di esche olfattive.
La ricerca di campo è iniziata ai primi di giugno 2007 e i sopralluoghi di controllo sono stati condotti due volte alla settimana. In ogni occasione è stata rilevata l’efficienza delle trappole fotografiche e l’eventuale marcatura sulle trappole a peli nonché il consumo di esche alimentari.
Dopo soli 17 giorni dall’avvio dell’indagine è stato fotografato un primo felino con mantello ascrivibile alla sottospecie silvestris. Successivamente, in un altro sito di trappolamento (a otto giorni dalla prima fotografia di cui sopra), vengono realizzati altri due scatti riferiti a un esemplare fenotipicamente riconducibile al gatto selvatico. Nella seconda area di studio (Alta Valle del Rabbi, in comune di Premilcuore) dopo 16 giorni dall’allestimento del sito di trappolaggio vengono realizzati due scatti, a distanza di sette ore circa l’uno dall’altro.
I soggetti (sicuramente due individui) ammettono mantelli e fattezze (rapporti tra le masse corporee) fenotipicamente ascrivibili a F.
s. silvestris.
Nel corso della prima fase di attività del progetto pilota sono stati raccolti alcuni escrementi che, secondo l’analisi naturalistica, sono risultati simili a quelli del gatto selvatico. Questi campioni sono stati raccolti in siti potenzialmente frequentati dal gatto selvatico e sono stati analizzati al fine di risalire alla specie di appartenenza.
Le analisi genetiche, tuttora in corso, indicano la presenza di due distinti individui, uno dei quali probabile gatto selvatico, l’altro probabile ibrido di origine non recente, ma risultato di un episodio di ibridazione avvenuto da alcune generazioni.
Il ricorso al fototrappolaggio ha consentito di giungere a risultati notevoli entro breve tempo e permetterà di effettuare sessioni future di ricerca e monitoraggio attraverso un protocollo standardizzato validato, efficace e riproponibile in altre zone.
Le immagini fotografiche documentano inequivocabilmente la presenza di individui che vivono in ambienti naturali e che presentano mantelli di tipo selvatico.
È quindi possibile concludere che esiste una popolazione, non singoli individui, di gatti apparentemente selvatici che vive all’interno del Parco Nazionale.
La documentata presenza di gatti ibridi nelle aree del Montefeltro e la probabile diffusione di ibridi all’interno del Parco rende indispensabile l’intensificazione degli sforzi finalizzati alla raccolta di campioni biologici utilizzabili per le analisi genetiche.
Nel frattempo l’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, con la supervisione del Prof.
Ragni dell’Università di Perugia, ha avviato una indagine parallela. Dall’integrazione e coordinamento di queste ricerche potremo, ci auspichiamo, documentare in modo definitivo la presenza della specie selvatica nel nostro Parco.