Firenze, 15 settembre 2008- L’età dell’oro della poesia italiana moderna si colloca in un breve giro di anni tra Otto e Novecento e Firenze fa da sfondo a tutti i protagonisti di questo periodo.
E’ così che, dalle colline di Settignano alle aule dell’Istituto di Studi Superiori, dalle pagine delle nuove riviste culturali ai tavolini dei caffè, si affiancano e qualche volta si sfidano diversi modi di intendere la poesia, e forse la vita: nella città di quegli anni si può toccare con mano il percorso della modernità.
Farà riassaporare quel clima di particolare fervore e vivacità culturale la mostra Dal Vate al Saltimbanco.
L’avventura della poesia a Firenze tra belle époque e avanguardie storiche, che si è aperta oggi presso l’Archivio di Stato di Firenze.
E’ promossa dal Centro di Studi «Aldo Palazzeschi» dell’Università di Firenze, in collaborazione con l’Archivio di Stato di Firenze, la Fondazione Primo Conti, il Gabinetto Scientifico Letterario «G.P. Vieusseux», con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
“In venti anni circa a Firenze vivono gomito a gomito, a volte ignorandosi a volte scontrandosi, realtà culturali diverse, energie nuove.
Almeno quattro nozioni di poesia si fronteggiano – sottolinea Gino Tellini, presidente del Centro “Palazzeschi” ed ideatore della mostra – la poesia dei professori, come culto umanistico e amore per la classicità; la poesia del Vate D’Annunzio, come estetizzante ed estenuata celebrazione della bellezza; la poesia dei Vociani come frammento espressionistico, tormentata interrogazione di sé; la poesia del Saltimbanco Palazzeschi, come gioco funambolico, frizzo e lazzo da clown, da trapezista spericolato”.
Circa trecento pezzi, documenti, prime edizioni, manoscritti autografi, locandine d’epoca, ritratti e immagini, compongono il percorso dell’esposizione, in cui si ritrovano non solo D’Annunzio e Palazzeschi, ma anche Saba, Rebora, Campana, Sbarbaro, Cardarelli, Jahier, Ungaretti. Fra i pezzi più preziosi in mostra, la prima edizione del “Porto Sepolto” ungarettiano (uscito nel 1916 in ottanta copie) che il poeta inviò con una dedica a Palazzeschi; la prima stesura dei “Canti Orfici” di Campana – andata smarrita e ritrovata qualche anno fa fra le carte di Soffici.
L’esposizione, che è stata curata da Adele Dei, Simone Magherini, Gloria Manghetti, Anna Nozzoli, nel corso del periodo di apertura ospiterà anche letture pubbliche di poesia ed altri eventi legati alla poesia.