Vino, turismo e identità del territorio: intervista a Donatella Cinelli Colombini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 agosto 2008 22:36
Vino, turismo e identità del territorio: intervista a Donatella Cinelli Colombini

Donatella Cinelli Colombini, è Assessore al Turismo Siena, Vice Presidente di Enoteca Italiana, presidente regionale delle Donne del Vino e autrice di una ricerca dal titolo Vino e Turismo al femminile, fondatrice del Movimento Turismo del Vino (ha pubblicato il libro il Marketing del Turismo del vino per Agra Editrice), è fra i principali artefici di Cantine Aperte, la manifestazione che promuove le visite dei luoghi di produzione del vino, al fine di accrescerne il prestigio e creare prospettive di sviluppo economico, ed ideatrice del Trekking Urbano, oltre che docente in cinque Master universitari.

Donatella Cinelli Colombini [nella foto in compagnia della figlia] è anche proprietaria del Casato Prime Donne a Montalcino e della Fattoria del Colle a Trequanda, considerata tra le migliori strutture ricettive al mondo. E’ lì che l’abbiamo raggiunta nei giorni scorsi per intervistarla.
Quali prospettive per il nostro turismo?
L’Italia è piccola nello scenario globale: intermedia soltanto il 5, o 6% dei viaggiatori del mondo. Facciamo un discorso complessivo. Ciò che accade è che sentiamo sempre più un deficit infrastrutturale sia nel campo dei trasporti, sia in quello dell’operatività di filiera.

Gli altri paesi hanno ad esempio grandi compagnie low cost abbinate ad una rete di aeroporti, penso al caso britannico, oppure grandi reti proprietarie di strutture alberghiere, come in Francia. L’Italia invece intenderebbe competere con le crisi aziendali di Ferrovie e Alitalia in atto. E’ evidente quanto il nostro paese debba cambiare, a cominciare da un maggior grado di flessibilità. Penso ad esempio all’alto costo delle ferrovie locali, che si è scaricato in buona parte sugli enti locali.

E evidente, che confrontando la spesa si finisca per puntare piuttosto sulla realizzazione aerostazioni locali, come a Siena con il progetto di Ampugnano, che servirà il turismo di qualità come le maggiori imprese operanti in zona: cito Monte dei Paschi, come Novartis.
Ma allora le speranze sono scarse?
E’ un momento difficile da cui si deve trarre esperienza, senza demoralizzarsi. La Francia conta 80 milioni l’anno di transiti? Ma noi consideriamo il fatturato turistico reale e non ci buttiamo giù.

Piuttosto dobbiamo puntare a incrementare il nostro indice di occupazione di letti, che potrebbe ampiamente aumentare. Come? Come nel resto del mondo: puntando sulle qualità, soprattutto quelle a carattere di unicità, cito il clima, il patrimonio culturale, l’arte, l’ambiente ancora incontaminato nelle aree a bassa densità abitativa. La Val d’Orcia a questo proposito ha una sorte esemplare, come altre aree con caratteristiche simili. Oggi, paradossalmente traiamo i frutti del sottosviluppo del dopoguerra.

Ricordo ancora agli inizi degli anni ‘60 la via Cassia sterrata nell’ultimo tratto, poco prima di raggiungere Montalcino arrivando da Siena.
Anche l’industria del turismo produce effetti collaterali, come una dieta alimentare con un eccesso di zuccheri. Il mondo ci chiede unicità e là dove ancora presente essa va preservata con una apposita “dieta” che ci garantisca un futuro. Mi creda, il turismo è prima di tutto questione economica e come tale va trattato, con competenza e professionalità.

A questo proposito mi consenta di sottolineare la qualità dell’attuale management della Regione Toscana, alla guida del quale sta l’assessore Cocchi. Sono certa che sia possibile gestire una prospettiva in cui limitare il così detto turismo “mordi e fuggi”, soprattutto nella città di Firenze, oberata da un afflusso giornaliero di persone e veicoli. E tuttavia non è possibile far rinunciare ai nostri ospiti a “must” di richiamo mondiale come il David di Michelangelo e la galleria dell’Accademia.

A condizione, come dicevo, che si possa garantire ai visitatori la qualità di un’esperienza unica.
Come sta andando l’annata vinicola e dell’extravergine?
Per quanto riguarda l’olio è facile dire che sarà una buona annata, come le precedenti, perché nell’area della Val d’Orcia, grazie al clima particolarmente asciutto (e con variazioni termiche tra giorno e notte) non abbiamo mai sofferto dell’aggressione della mosca olearia.
Per il vino invece siamo reduci dalla vicenda scioccante dei mesi scorsi.

La polemica sul Brunello non sembra finora aver prodotto effetti negativi sul nostro mercato. E credo semplicemente perché, questa la mia convinzione, è evidente che non ci fosse alcuna intenzione malandrina. Temo che la causa di questa faccenda potrebbe rivelarsi la tecnica di vinificazione contemporanea. L’ossessione attuale di ottimizzare le procedure di produzione ed alzare la qualità potrebbe aver indotto a commettere errori di salvaguardia delle abitudini tradizionali. Credo nell’identità e nell’esclusività come risorse forti dell’agricoltura.

Da questo punto di vista è vitale riuscire a fare sistema, specie quando si parla di “valori” come Brunello e Montalcino. Questo non impedisce naturalmente di sperimentare innovazioni del brand, purché tutto avvenga alla luce del sole e in coerenza con le disposizioni normative, poiché gli effetti ricadono poi su tutti i soggetti coinvolti.
Nicola Novelli

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