Firenze– Il Cristo Redentore, celebre fondo oro su tavola, di forma rotonda, da sempre nella basilica di Santa Croce al centro della volta della cappella Rinuccini, è realisticamente attribuibile al grande Giovanni da Milano, l’artista lombardo ‘vagabondo’ (così lo ha definito la storica dell’arte Mina Gregori), che fu protagonista della scena fiorentina e toscana e che seppe magistralmente armonizzare la lezione di Giotto con le influenze realistiche gotiche di provenienza transalpina.
La datazione con il radiocarbonio ha difatti accertato che non si tratta di un falso dell’Ottocento, come fin qui si era pensato, bensì di un’autentica tavola del Trecento, contemporanea agli affreschi della cappella che Giovanni da Milano realizzò nel 1365. E’ dunque la prova regina per supporre che l’artista abbia dipinto entrambe le opere. Un enigma artistico secolare è stato così risolto a Firenze grazie agli specialisti dell’Opificio delle Pietre Dure.Alla vigilia della prima monografica dedicata a questo straordinario pittore, ne dà notizia la direttrice del museo Franca Falletti: “L’insolita presenza della tavola all’interno di un affresco e il diverso aspetto della superficie pittorica”, spiega, “avevano sempre lasciato pensare a un falso realizzato tra Settecento e Ottocento.
Le indagini svolte in questi giorni ci consentono invece di attribuire con maggiore certezza a Giovanni da Milano anche la paternità di quest’opera”. Il Tondo Rinuccini sarà dunque una delle principali attrazioni della mostra curata da Daniela Parenti. In contemporanea, la Galleria degli Uffizi diretta da Antonio Natali presenterà L’eredità di Giotto. L’arte a Firenze tra il 1340 e il 1375, una mostra gemella curata da Angelo Tartuferi. Nei laboratori dell’Opificio le indagini ravvicinate condotte sul tondo Rinuccini in accordo con l'Opera di Santa Croce hanno rivelato una stesura pittorica collimante con i modi di Giovanni da Milano nel tratteggio minuto e abilissimo con cui è costruito il modellato degli incarnati, mentre lo scorcio della mano benedicente di Cristo è così verosimile da lasciare stupefatti.
“L'aspetto diverso, meno brillante rispetto alla consueta pittura su tavola”, aggiunge Parenti, “deriva dal legante usato, il caseinato di calcio invece dell'uovo, e dall'assenza della verniciatura finale. Aspetti che lasciano perplessi, ma che trovano spiegazione nella probabile volontà del pittore di armonizzare la tavola con gli affreschi circostanti, sostituendo la consueta pittura a uovo con una tecnica più vicina a quella della pittura murale”. Quanto al lapislazzulo artificiale rilevato sul manto blu di Cristo, è un pigmento ‘inventato’ solo all'inizio del XIX secolo, ed è soprattutto questa presenza che ha fatto finora dubitare dell'autenticità del dipinto.
E’ probabile, tuttavia, che sia stato steso in occasione di un restauro della cappella a fine ottocento. La prova determinate, ricorda la soprintendente Cristina Acidini, è venuta però dalla datazione con il carbonio-14 fatta al Polo Scientifico di Sesto Fiorentino con l’acceleratore di particelle del LABEC, il Laboratorio di Tecniche Nucleari per i Beni Culturali dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il test sul supporto ligneo ha dato infatti come risultato un arco temporale dal al 1294 al 1405, collimante con il periodo in cui Giovanni da Milano fu attivo.
E’ stato così possibile risolvere un enigma che ha appassionato generazioni di studiosi. Il Cristo Redentore fa ora parte a pieno titolo del catalogo dell’artista lombardo.