FIRENZE – “Non è assolutamente vero che le città d’arte, come Firenze, debbano essere esenti da interventi che segnino la contemporaneità”, anche perché “la vita delle città è comunque già violentemente toccata da interventi che portano, ad esempio, a chiedersi come sia possibile che la via Cerretani, che congiunge il Duomo di Firenze al centro storico, sia nello stato in cui è”. Riccardo Nencini, presidente del Consiglio regionale, è intervenuto ieri pomeriggio, martedì 27 novembre, al dibattito “Gli spazi espositivi”, per il ciclo di incontri organizzati dall’Accademia delle Arti e del Disegno a Firenze.
Nencini ha ricordato come Firenze, in specie, “per l’arte contemporanea sia già fuori dalla mappa delle capitali” e come “questo vivere ripiegati su tre secoli di storia sia una forma di rendita letale”. Nelle parole del presidente del Consiglio regionale il monito a “riconoscere ciò che siamo stati e dove ci siamo fermati”, in un intervento che ha richiamato la nascita del polo museale dedicato all’arte contemporanea a Prato, rispetto a una realtà, quale quella fiorentina, dove “l’arte contemporanea è affidata di fatto solo alle Gallerie private, che hanno rapporti con gli artisti ma che hanno anche un fine commerciale”.
Nencini si è soffermato quindi su “cosa fare” per cambiare lo stato delle cose, allacciandosi al tema delle “giovani eccellenze” che anima la Festa della Toscana in corso in questi giorni: “In Toscana ci sono nostri artisti di qualità eccellente, e anche presenze straniere di assoluto rilievo, come nel caso dei laboratori di scultura Pietrasanta, che annoverano tra i migliori scultori al mondo”. Il punto, secondo il presidente, è che costruire spazi “in grado di rappresentare l’arte contemporanea” è cosa utile ma non sufficiente, perché “Bisogna investire legando gli interventi specialmente alle giovani generazioni, e prevedere l’uso degli spazi esistenti a questo fine”, a cominciare dagli spazi disponibili al Poggio Imperiale.
In questo senso Nencini ha anticipato l’intenzione di dare attuazione ad una disposizione di legge che risale al dopoguerra, richiamata da un decreto ministeriale del marzo 2006, che impone di investire il 2 per cento del costo destinato alla costruzione di nuove opere ad “abbellire l’opera stessa o altra opera”. Citando l’esempio della Fi-Pi-Li, per rendere l’idea della portata del provvedimento, il presidente ha indicato l’opportunità per la Toscana di “divenire una regione che spicca nel panorama italiano”, e soprattutto il fine di “rimettere in funzione la committenza pubblica, che non esiste più da tempo”.