Firenze, 3.5.'07- Mentre si prepara per sabato prossimo 5 maggio una manifestazione contro la Tav promossa dal Comitato contro il sottoattraversamento Alta Velocità, stamani, all’udienza del processo che si celebra nell’aula bunker di Santa Verdiana presso il Tribunale di Firenze, il consulente tecnico della difesa ha discusso il tema dei danni idrogeologici alle falde acquifere del Mugello e di Monte Morello ascritti alla cantierizzazione appenninica TAV. Per quanto è parso di intendere, la difesa ha invocato come attenuante il fatto che l’idrogeologia sarebbe una scienza non esatta, anzi particolarmente incerta.
Tra le parti civili, l’associazione Idra propone a scelta una delle seguenti tre letture, relative a circostanze che da sole paiono sufficienti a commentare quanto proposto al giudice dalla difesa.
La prima riguarda un documento interno della TAV SpA, intitolato Relazione geologica e idrogeologica per la Istruttoria della Variante del Progetto esecutivo (tratto Toscano: Mugello-Vaglia-Careggi) della Tratta AV Bologna –Firenze, che Idra – parte civile - ha messo a disposizione della magistratura.
Il testo – presentato dall’associazione nel corso di una conferenza stampa al Gran Caffè Giubbe Rosse l’8 novembre 2000 - descrive quanti e quali impatti il Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università degli Studi di Bologna – cui era stato affidato lo studio sul tracciato da parte di società collegata con la TAV – aveva previsto e individuato con grande dovizia di dettagli già nel ’95, ancor prima che si chiudesse la conferenza di servizi che ha dato il via libera alla cantierizzazione.
La seconda lettura permette di ricostruire la genesi di un episodio-chiave della cantierizzazione del Mugello: quello dell’”ammaloramento” della galleria Firenzuola, a Scarperia, invasa dall’acqua nel ’99 nel corso dello scavo nonostante tutte le cautele proposte con largo anticipo dall’Osservatorio Ambientale Locale (OAL) del Mugello.
L’OAL aveva perfetta consapevolezza – sulla base di dati storici – della criticità di quell’area e di quella falda, e aveva opportunamente richiesto un raffittimento dei sondaggi onde evitare ciò che si è poi puntualmente verificato (ricordiamo che quell’evento è all’origine non solo dello sprofondamento di un campo agricolo sulla verticale dello scavo, ma anche - secondo i costruttori del CAVET - della necessità, sei anni dopo, di demolire e ricostruire un tratto di galleria che si è esteso per oltre un km.
La terza lettura mostra come si sia ignorato, pure nell’attraversamento dell’area mugellana dei Crocioni, la “nutrita letteratura scientifica” che una buona mole di studi aveva prodotto.
E come ancora oggi il ricordo di quella circostanza susciti un curioso imbarazzo, pare, anche negli amministratori pubblici chiamati a verificare quanto è successo: alla richiesta, da parte dell’Osservatorio Ambientale Locale (un organo istituzionale!), di “una iniziativa volta a conoscere quali criteri costruttivi siano stati adottati per garantire la stabilità dei versanti attraversati nell’area dei Crocioni di Scarperia, e quali sistemi di monitoraggio siano stati posti in opera per prevenire eventuali situazioni di pericolo”, nessun riscontro è pervenuto dopo oltre quattro mesi, da nessuna delle istituzioni interpellate.