19/1/2007 Firenze- Un viaggio nel XX° secolo attraverso gli occhi e le parole di sei giornaliste che hanno descritto e raccontato il Novecento con malizia e ironia, con grande intelligenza: questo è Sei brillanti – Giornaliste Novecento, lo spettacolo con cui Paolo Poli torna al Teatro della Pergola dopo due stagioni di assenza. Ancora tante storie da raccontare e tanti personaggi da interpretare con magnifici travestimenti di sei delle maggiori firme del giornalismo italiano per una cronistoria dell’ultimo secolo.
Ad aprire lo spettacolo è Perfidie di Mura (nome d’arte di Maria Volpi Nannipieri), pubblicato nel 1919, uno dei primi romanzi in cui una donna parla dell’amore tra donne, in cui si consumano gli incontri clandestini delle signore borghesi in un ambiente tutto marron glacées e profumo di violetta.
Come dice la stessa autrice nell’introduzione "Amo le donne. Mi appassionano…Ed io parlerò di donne: di donne perfide, che hanno viva l’intelligenza e fresca l’anima…"
Segue Fame di Paola Masino, inchiesta sulla crisi del ’29 pubblicata sulla rivista Omnibus. Altro personaggio ‘recuperato’ alla memoria è Irene Brin, sofisticata gallerista e giornalista, firma di Omnibus e di quella Settimana Incom che ha accompagnato tante famiglie degli anni Cinquanta: dal suo Visite Paolo Poli ci riporta nelle allucinate miserie del dopoguerra.
Segue il boom economico, ed ecco con Il lato debole di Camilla Cederna le riviste per signora, i tailleur e le teste cotonate, ma anche la volgarità e gli strafalcioni, in cui Poli si presenta " con un'onda di capelli alla maniera della Thatcher, e tailleur a quadretti".
Si arriva quindi a Lui visto da lei di Natalia Aspesi pubblicato negli anni '70 e Paolo Poli diventa "un cardinale rosso che conversa con un giornalista a proposito di castrazioni e aborto, evocando il neoplatonico Origene che per disprezzo delle donne si evirò, o il discepolo Valesio e la setta dei valesiani, terribili eunuchi che con le forbici assaltavano i passanti per costringerli alla pia menomazione, e capita di parlar bene del matrimonio anche tra omosessuali, o tra omosessuali e donne a patto che ci sia di mezzo un garzone di salumiere".
L’ultimo personaggio è tratto da Adagio un poco mosso di Elena Gianini Belotti, un viaggio nel mondo degli anziani: "qui faccio l'anziana Teresa, che occupa un bell'appartamento di sei stanze che i figli le vorrebbero portar via per metterla nella casa di riposo, mentre lei è attaccata alla sua indipendenza e all'affettuosa memoria del marito, un orribile rompiscatole che la vegliarda ricorda con tenera crudeltà e perfidi cammei domestici".
Le voci di queste giornaliste si alternano variamente in un gioco frizzante e imprevedibile nell’ottica generale di una narrazione caustica, ma emblematica di una società in continua evoluzione.
A fare da contrappunto ai vari episodi le musiche delle varie epoche dal ’20 all’’80 evocanti il tabarin, l’infanzia abbandonata, la voce della Radio, il mercato nero, le saghe popolari, la ricostruzione, il mondo degli animali e i caserecci festival canori.
Le scenografie di Luzzati si ispirano ai maestri della pittura novecentesca e i costumi rutilanti di Calì sottolineano spiritosamente gli ironici arrangiamenti musicali di Perrotin.