La Galleria d’Arte Filippo Pananti & C. inaugura sabato 11 novembre, alle ore 18, (via Condotta, 27r) la mostra “Vinicio Berti. Anni ‘70”. Saranno esposti quindici quadri dell’artista fiorentino noto per la sua personalità complessa e variegata, morto nel 1991. Sono state scelte per questa occasione opere che si riferiscono ad un periodo preciso della sua proficua attività, ovvero gli anni Settanta. “Vinicio Berti. Anni ‘70” rimarrà aperta fino a sabato 18 novembre.
Vinicio Berti (Firenze, 1921–1991) è stato uno dei principali esponenti dell’astrattismo nel panorama italiano.
Esordì nei primi anni quaranta con opere di carattere realista-espressionista, che nel loro accostarsi al mondo popolare e alla drammatica realtà della guerra esprimevano una categorica rottura nei confronti della tradizione pittorica fiorentina, specie post-rosaiana. Nel 1945 fondò insieme a Brunetti, Farulli, Nativi e al poeta Caverni, il giornale "Torrente" che esprimeva il rifiuto di una visione intimistica dell’arte in nome di una partecipazione diretta alle tensioni della realtà contemporanea.
Berti fu tra i protagonisti del movimento “Arte d’oggi” che per alcuni anni riunì importanti artisti italiani e stranieri del momento, sotto la bandiera di una comune convinzione innovatrice, organizzando a Firenze dal 1947 al 1949 tre importanti mostre. Alla pittura astratta Berti approdò nel 1947, dopo un primo periodo di rilettura del cubismo e del futurismo (1945/1947), proseguì quindi sulla strada delle avanguardie storiche (in particolare seguendo la linea di Mondrian, Malevic, Magnelli) inserendosi, con forza, nel generale rinnovamento della cultura artistica europea.
Berti ha raggiunto, così, con opere quali “Composizione verticale” o “Simbolo”, di quella che egli chiamò "una nuova classicità", in opposizione a tutte le tradizioni classicheggianti ancora presenti nell’arte contemporanea, con altri pittori toscani a lui vicini per formazione idee e convinzioni estetiche. Insieme a Bruno Brunetti, Alvaro Monnini, Gualtiero Nativi e Mario Nuti Berti fonda, nel 1947, il gruppo di "Astrattismo classico". Furono organizzate varie mostre collettive e a conclusione della pur breve stagione del gruppo (1947-50) le posizioni estetico-culturali furono riunite in un Manifesto.
“Astrattismo classico” si proponeva di avviare un ciclo nuovo dell’arte contemporanea con la fine della distruzione della forma iniziato da Wols e Fautrier per riproporre, attraverso un linguaggio ancorato alla storia capace di rappresentarne i tempi, una narrazione razionale e costruttiva sul filo di una visione interna della materia. Sfaldatosi il gruppo Berti continuò a sviluppare ed ampliare le possibilità espressive dell’Astrattismo Classico nel contenuto e nella forma. Segue, quindi, la fase definita dallo stesso artista di “Espansione dell’astrattismo classico” (1951-55): essa è caratterizzata da una grafia più libera e da una maggiore evidenza di collegamenti tra linee e piani di colore.
Tra il 1947 e il 1950 un rigoroso impianto di geometria classica continua a sostenere le opere, dal ciclo delle “Cittadelle ostili” (1955-56) all’”Omaggio a Einstein”, sorta di viaggio nel relativismo spazio-temporale. Seguirono, poi, i cicli delle Brecce nel tempo (1955-58) e dell’Avventuroso astrale (1959-65), ispirato alle prime imprese spaziali con l’importante opera del 1963, “Utopia del tempo H3” vincitrice del premio Il Fiorino, emblema dell’intera concezione bertiana dell’uomo consapevole delle sue immense capacità espansive.
A partire dal 1966 è la volta delle “Cittadelle di resistenza”, “Partenza zero”, “Geometria volumetrica”, “Realtà antagonista”, sino a “Dal basso in alto” (1981), preludio alle più recenti “Visioni verso l’alto”, che rappresentano la fase estrema dello sviluppo dell’astrazione classica nel confronto con l’incessante divenire della realtà contemporanea.