Le Società della Salute sono arrivate a un bivio. La prosecuzione della sperimentazione è un passaggio obbligato per capire quale sia la strada da intraprendere per dare vera efficacia a questo nuovo soggetto previsto dalla Regione per un raccordo tra sociale, sanità e istituzioni. E, per il volontariato, occorrono nuovi spunti per migliorare. Se ne è parlato ieri a Bagno a Ripoli, nel corso del convegno «Società della salute, sperimentazione in mezzo al guado», promosso dalle Pubbliche assistenze della Toscana, in collaborazione con la Società della salute area fiorentina Zona sud/est.
Un incontro che ha messo a confronto tutte le parti (Regione, istituzioni locali, Comuni, Aziende sanitarie e volontariato) per discutere su cosa ha funzionato, su cosa non è andato per il verso giusto nel primo periodo di sperimentazione della Sds. Un percorso, quello della nuova realtà istituzionale, che secondo il volontariato ha incontrato chiusure, blocchi che frenano o addirittura ostacolano la completa operatività.
«Le società della salute – ha detto il presidente dell’Anpas Toscna, Romano Manetti – rappresentano un matrimonio anomalo tra Comuni e Aziende sanitarie.
Anomalo e ad alto rischio, primo perché non si tratta di un rapporto alla pari con situazioni di forte squilibrio che pesa nelle decisioni quotidiane, secondo perché le Asl non sono tenute alla rendicontazione sociale del proprio operato, mentre i comuni devono dar conto ai propri cittadini di quello che hanno prodotto ‘socialmente’. Come volontari, non siamo contenti di come oggi viene concepita la partecipazione. Le Consulte mortificano la partecipazione, finendo per essere luoghi dove ci viene richiesto un parere su decisioni già assunte.
Come Anpas Toscana, vogliamo imprimere una nuova accelerazione al cammino delle Sds e ripartire migliorando una macchina che, ci sembra, lamenti qualche difficoltà».
«Dialogo – ha detto il sindaco di Bagno a Ripoli, Luciano Bartolini (presidente della Sds Fi sud/est) – confronto, approccio globale e interdisciplinare, sono le parole cardine su cui ruota tanto il piano di salute, quanto la sperimentazione stessa. Senza questo sforzo a integrare e strutturare le diverse istituzioni, pubblico e privato, ospedali e territorio, questo nuovo consorzio rischierebbe una precoce atrofizzazione, senza esprimere al meglio le proprie potenzialità e soprattutto senza riuscire a rispondere alle evoluzioni del tessuto socioculturale, alle quali corrispondono un aumento e una diversificazione dei bisogni dei cittadini».
«La strada è quella giusta – ha detto il Consigliere regionale, Filippo Fossati – ma ci sono alcuni punti da correggere.
Tre essenzialmente: il bilancio, i meccanismi di “comando” e la partecipazione. Intanto però, i primi due anni di sperimentazione hanno fugato molte paure. Intanto quelle di chi temeva che le Sds fossero carrozzoni inutili, una sorta di “torta” da spartire. I fatti hanno dimostrato che sono strumenti di servizio e che non garantiscono alcun guadagno aggiuntivo ai politici. In più è venuto meno anche il sospetto di avere davanti il cavallo di Troia per l’ingresso dei privati nel sistema socio-sanitario.
E’ ormai evidente che era una paura infondata. Dove migliorare? Intanto dal bilancio: quando la Sds promuove un progetto, deve valutare subito quanto costa e chi stanzia i soldi. Poi è auspicabile anche un cambio nella figura dirigenziale, è auspicabile l’introduzione di alcune figure dirigenziali in grado di trasformare in azioni le indicazioni politiche della Giunta. Sulla partecipazione infine, serve un impegno particolare. Occorre andare oltre le consulte per intrecciare rapporti più diretti con i cittadini e con le associazioni, sia nella programmazione e nell’elaborazione del Piano integrato di salute, sia nella fase attuativa».