Siamo in piena campagna elettorale e ovviamente si vede: a livello centrale i progetti sono fermi e le promesse sono tante. Vale sicuramente la pena soffermarsi su un documento che della campagna elettorale fa parte ma che interessa la nostra materia. Si tratta della Riforma Digitale per innovare l'Italia, in pratica un sunto di quanto sia stato fatto nella legislatura 2001-2006, o si dichiari di avere portato a termine, e quanto si intenda realizzare nella prossima in caso di vittoria delle elezioni.
Naturalmente i toni sono entusiastici su tutti i fronti, in realtà come nella maggior parte dei casi sono state fatte cose bene e cose male, si è promosso uno sviluppo corretto in alcuni casi, ci si è riempiti di troppe parole e pochi fatti in altri. Il documento innanzitutto rispolvera la famosa 'i' di informatica, cavallo di battaglia della scorsa campagna elettorale, e guardando al passato si enumera in primis la creazione della nuova figura istituzionale del Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, e la situazione di partenza si dichiara la seguente: l’ICT non era nell’agenda del Primo Ministro, non esisteva nessuna politica industriale per l’ICT e l’innovazione, nessun coordinamento centrale delle politiche dell’innovazione, le iniziative erano a macchia di leopardo, principalmente nella P.A.
centrale, gestite da uffici ed enti diversi, era molto imitata l'attenzione e l'integrazione delle iniziative di innovazione di enti locali, cittadini, imprese. L’Italia era agli ultimi posti dell’Unione Europea per diffusione di PC, TV digitale, Internet, e larga banda. Vero è sicuramente che non esisteva un coordinamento a livello centrale per l'innovazione digitale del paese, e sicuramente averlo creato ha dotato il sistema di una struttura e di un punto di riferimento importante. Vera la situazione del digital divide, ma su quella purtroppo il miglioramento resta del tutto marginale, rimanendo uno dei principali problemi in Italia per la fruizione dei servizi digitali.
Non del tutto vera la situazione della diffusione delle tecnologie digitali in Italia dove già esistevano eccellenze e dove non si era effettivamente agli ultimi posti della Ue, nonostante la pressante necessità di migliorare che resta tuttora, quando strumenti fondamentali per assicurare una reale lotta alla frammentazione e una crescita diffusa, come la banda larga, rimangono ampiamente al palo anche per via della distribuzione degli investimenti ad essa destinati a strumenti tecnologici di dubbia utilità ed efficienza, quanto meno a questo stadio, come il t-government.
Si dichiara attuato un investimento di circa 3,5 mld di euro per sviluppare nuovi processi, strumenti, servizi, norme, competenze, sistemi per avviare il cambiamento. Investimenti rivolti ai cittadini, per la loro alfabetizzazione, per incentivare l'acquisto di pc, per iniziative di formazione informatica (decisamente scarse), per creare strumenti e definire norme per aumentare la fiducia in internet. Rivolti alle imprese, per avviare una politica integrata per l’innovazione digitale, per creare i distretti digitali, i poli tecnologici, promuovere il venture capital e far entrare in rete le imprese.
Rivolti ovviamente alle PA centrali e locali per lo sviluppo dell'eGov, per finanziare nuovi progetti e sistemi condivisi, interoperabilità, lotta al digital divide, dove con 22 iniziative l'Italia porta avanti una cooperazione internazionale. Sottolineata ancora l'importanza degli Accordi di Programma Quadro per la Società dell'Informazione, ormai condivisi da tutte le Regioni, l'attenzione per il sud, il fatto che i Grandi Sistemi Nazionali siano entrati in rete: turismo, sanità, scuola, giustizia, beni culturali, in realtà questo obiettivo è ancora in larga parte da realizzare.
Al Codice dell'Amministrazione Digitale abbiamo dedicato un ampio approfondimento cui rimandiamo (vedi Municipia n. 7 del 20 febbraio 2006).
Per il futuro si auspica di avviare una campagna per promuovere l’innovazione in tutte le categorie, con il supporto di un osservatorio/think tank di esperti, in realtà però l'alfabetizzazione risulta ancora troppo indietro e sicuramente ci sarà da puntare ancora tanto su quello. Grossa importanza anche per il passaggio dalle infrastrutture ai contenuti digitali, si intende infatti completare l’opera infrastrutturale (in realtà un lavoro immane) per puntare sui contenuti digitali per creare valore per cittadini ed imprese, questo è certamente un punto fondamentale: l'area dei contenuti, sempre salvo virtuose eccellenze, resta marginale mentre contiene in sè il vero fulcro del cambiamento.
Si porterà avanti l'applicazione del Codice, si stenderanno le piattaforme e si attueranno quelle mancanti per i grandi sistemi di Scuola, Sanità, Turismo, Beni Culturali, Logistica e Infomobilità, Giustizia e Sicurezza, molto indietro come già evidenziato. Risulterebbe anche un impegno per lanciare una dimensione internazionale per l’Italia: esportare le nostre competenze e punti di forza (es. Grandi Programmi Digitali) e attirare investimenti esteri per l’innovazione. Il limite resta sempre quello della mancanza di metodologie applicate per le realizzazioni, di strumenti effettivi già utilizzabili, e di strutturate politiche di investimento: insomma ci si scontra sempre con le problematiche della concretezza
(fonte: Municipia)