«Il passaggio dell'istituto tecnico industriale e professionale Leonardo da Vinci dal Comune di Firenze allo Stato è impossibile». E' quanto sostiene il consigliere di Forza Italia Massimo Pieri. «La variazione del titolo V della Costituzione - ha spiegato l'esponente del centrodestra - fortemente voluta nel marzo 2001 solo dal centrosinistra, relativamente all'istruzione, ha riservato allo Stato esclusivamente gli obbiettivi ed i curricula scolastici, mentre ha demandato alle Regioni l'organizzazione ed in prospettiva, come ha confermato pure la Corte Costituzionale, su ricorso della Regione Emilia, con sentenza n.
13/04 e come sancito dall'articolo 28 comma 4 del D.LGS. n. 226/05, scritto sotto dettatura delle Regioni "rosse", pure il personale (mancano solo i decreti attuativi che le Regioni devono emanare), similmente a come accade per la sanità. In conseguenza di ciò gli unici referenti cui chiedere cospicue risorse, per permettere a questo storico ed importante istituto fiorentino di continuare ad erogare un servizio di sempre migliore qualità e quantità, sono la Regione e la Provincia, poiché la manutenzione delle scuole superiori è di competenza di quest'ultima.
Oltre questo - ha concluso Massimo Pieri - è necessario che il Comune, per incamerare ulteriori finanziamenti per il Leonardo da Vinci, stipuli delle convenzioni con i Comuni della provincia, come per l'ATAF, affinché contribuiscano in proporzione al numero degli studenti residenti nei loro comuni che frequentano l'istituto stesso. Pare quindi strano che il Comune di Firenze chieda, proprio ora, l'intervento dello Stato che, come detto, non ci può essere, per risolvere i problemi del costo e del rilancio di questa scuola e non l'abbia invece chiesto ai tempi dei governi dell'Ulivo, ante variazione titolo V della Costituzione, quando ciò sarebbe stato possibile.
Eppure questi fatti, specie l'ex sottosegretario all'istruzione ed ora vicesindaco Giuseppe Matulli, dovrebbe ben saperli, a meno l'amministrazione comunale, per nascondere la propria incapacità, mancanza di strategia e visione prospettica, anche di questo, non voglia incolpare il governo Berlusconi».(mr)