27/09/05 firenze- Un ritorno ad un appuntamento che per alcune stagioni è stato quasi una tradizione: l’inaugurazione della Stagione di Prosa del Teatro della Pergola affidata ad una prestigiosa ospitalità internazionale. Mentre, ancora una volta, il botteghino segnala lo straordinario gradimento delle proposte di spettacolo, registrando un ottimo andamento delle vendite degli abbonamenti proposti, il sipario sta per levarsi su Que ma joie demeure un balletto a firma della coreografa francese Béatrice Massin.
Un’inaugurazione nel segno della continuità e del rilancio progettuale dell’ETI che, già in questi giorni, sul palcoscenico della Goldonetta e a breve su quello di Scandicci contribuisce a mostrare cammei di danza contemporanea italiana nel progetto nazionale Altrescene’05.
Béatrice Massin in Que ma joie demeure ha lavorato con cura minuziosa sulla danza barocca e sui Concerti Brandeburghesi di Bach (n.2, n.6, n.3), trovando una freschezza espressiva e una vivacità che danno vita a un raro godimento estetico che lei stessa definisce "un dialogo di piacere tra la musica e la danza".
Il fraseggio a volte è esaltante, il ritmo si eleva nel nitore abbagliante delle luci di Rémi Nicolas, e il risultato è una partitura coreografica di bellezza assoluta. un piccolo gioiello di scrittura coreografica che mostra come la danza barocca sia uno stile capace di adattarsi ad ogni epoca, compresa quella più contemporanea. Nessuna pesantezza, nessun manierismo, ma velocità e allegria, interpretate da dieci danzatori dalla tecnica sorprendente. In Que ma joie demeure domina il piacere, risvegliato dai costumi colorati, dalle luci calde che immergono la scena in un’atmosfera di "feste galanti" e gioiose, ma soprattutto da una coreografia estremamente coinvolgente per lo spettatore, pur se caratterizzata da una significativa economia del gesto.
Dopo 15 anni di "mestiere", Béatrice Massin può accostarsi all’"architettura" musicale di J.
S. Bach, ricca di spazi e volumi declinandone la gioia volubile, caratteristica peculiare di questi concerti. La varietà timbrica degli strumenti conduce gli ascoltatori da una voce all’altra, le frasi musicali non sono mai chiuse, ma moltiplicate all’infinito.
In Que ma joie demeure non si tratta di rendere un omaggio visivo a Bach, poiché la coreografia sarebbe al di sotto della musica. La danza è un complemento, un prolungamento della musica. Dal momento in cui solo il suono dei passi dei danzatori accompagna i movimenti.
Questo permette di apprezzare meglio il momento in cui questa danza in silenzio si fonde nella musica. I colori dello spettacolo ritrovano quelli, luminosi, della musica: il tappeto da danza è rosso, i costumi, una declinazione di giallo, arancio, marrone, rosso. Il rosso, come questa musica, ha qualcosa di trionfale, qualcosa della vita.
In pantaloni e soprabiti scampanati dalle sfumature rossoarancio, i dieci interpreti della compagnia Fêtes Galantes trasformano in energia visibile il capolavoro bachiano.
E’ come se con loro lo spazio scenico si trasformasse in un tridimensionale spartito musicale nel quale viaggiare alla scoperta della bellezza e complessità della partitura, in un gioco di colori caldi e luminosi.