Eduardo Scarpetta, come egli stesso ha lasciato scritto nelle sue memorie, quando presentò nel 1888 al Teatro del Fondo Miseria e Nobiltà, temeva che il pubblico gli facesse cattiva accoglienza. E invece questa commedia sarebbe diventata una delle più celebrate del teatro napoletano, inclusa nel repertorio di generazioni di comici , conosciutissima dal pubblico che rese proverbiali certe sue battute. E’ stato detto che il primo atto è degno della firma di Molierè e addirittura Benedetto Croce dedicò un saggio alla commedia.
Gorki, che assistè ad una rappresentazione a Napoli, l’indomani inviò a Scarpetta una corona d’alloro con una sua dedica.
Forse c’era qualche ragione in quei timori della vigilia. Scarpetta aveva consacrato il suo successo pescando nello sterminato repertorio del teatro “boulevardier” e delle “pochades” francesi, occorreva dunque che egli mostrasse di sapersi cimentare in “regolari commedie” anche per confermare quanto di lui avevano scritto su “La Nazione” di Firenze, e cioè che con Scarpetta “ci poteva essere un teatro vernacolo da stare al pari del migliore teatro italiano: non solo, ma anche del migliore teatro straniero… “.
Carlo Giuffrè, dopo i successi teatrali di questi anni, da Natale in casa Cupiello a Le voci di dentro, a Napoli milionaria e tanti altri, ripropone per il secondo anno consecutivo, questo testo strepitoso che, nella stagione teatrale 2002-2003, ha battuto ogni record d’incasso.
Come sempre nei suoi lavori, Giuffrè ne ha curato anche la regia ed è affiancato dall’attore Nello Mascia, mentre le scene e i costumi sono di Aldo Terlizzi.