Domonkos Héja, direttore di orchestra, è il personaggio di spicco della giovane generazione ungherese di direttori di orchestra. Nasce a Budapest nel 1974, in una famiglia di musicisti. Iniyia molto presto a suonare diversi strumenti, primi tra tutti ilm pianoforte e le percussioni, ma conosce anche il violino, la viola e la trombetta. All’Accademia di Musica Ferenc Liszt segue studi di musica da camera con i professori Lóránt Szűcs e Ferenc Rados e frequenta i corsi di perfezionamento in pianoforte di György Sebők.
Consegue il diploma nel 1997 in percussoni. Nel 1993 è direttore fondatore dell’Orchestra Sinfonica Giovanile “Danubia”, la quale sotto la sua direzione, divanta una orchestra di altissima professionalità. Consegue il diploma nel 1998 in direttore di orchestra conseguendo il titolo presso l’Accademia di Musica Ferenc Liszt sotto la guida di Ervin Lukács e i corsi di perfezionamento tenuti da Yuri Simonov. Nella stagione 1995-96, diventa maestro concertatore dell’Orchestro “Festivál” di Budapest.
Nel maggio del 1998 vince il primo premio alla IXa Gara Internazionale per Direttori di orchestra della Televisione Ungherese. Oltre ai altri primi gli venne offerta la possibilità di dirigere 19 concerti in patria e all’estero. Questi concerti riscuotono grande successo di pubblico e di critica. Secondo una critica Domonkos Héja si abbandona completamente all’opera interpretata, è attento a tutti i dettagli e si concentra perfettamente.
Libretto: Béla Balázs
Nel 1910 Béla Balázs, scrittore di talento ma soprattutto uomo di cinema a tutto campo, sottopose all’attenzione di Béla Bartók e Zoltán Kodály un suo breve dramma ispirato al fiabesco personaggio di Barbablù.
Quando il sipario si leva entrano in scena il principe Barbablú e Judit e iniziano a dialogare nell’oscurità quasi totale. Judit non ha avuto esitazioni nel lasciare tutto quello che le era caro per seguirlo, ma le gelide tenebre del castello, privo di finestre, e l’acqua che traspira dalle mura, quasi lacrimassero, la sgomentano. Altrettanto misteriose e sinistre le paiono le sette porte chiuse che danno sulla sala principale: vorrebbe aprirle per vedere le stanze da esse celate alla sua vista, e portare luce e calore ovunque.
Barbablù tenta di dissuaderla, ma Judit insiste sinché ottiene la chiave della prima porta, la camera della tortura, dove il sangue cola dalle pareti. Il marito le chiede di non andare oltre, ma la donna riesce a farsi dare la chiave della stanza successiva, una sala d’armi. Anche sui lugubri ferri Judit intravede delle chiazze di sangue, e a nulla vale la viva resistenza di Barbablù, che è costretto a porgerle la terza chiave. Si spalanca la sala del tesoro, ricca di sfavillanti gioie, ma anche sugli splendidi monili vi sono tracce di sangue, che macchia anche i fiori e le magnifiche piante del giardino del duca, celati dietro la quarta porta.
Dietro la successiva si rivela il vasto reame del protagonista, una prospettiva abbacinante, ma ancora una volta Judit vede nubi rossastre che sovrastano il magnifico paesaggio. Un lungo gemito si ode quando la sesta porta viene aperta, e invano Barbablù tenta con sempre maggiore determinazione di impedire che la moglie entri: appare un lago bianco dalla superficie appena increspata dalla brezza. Esso è alimentato dalle sue lacrime, spiega il principe. Resta da svelare l’ultimo mistero. Barbablù è sempre più fermo nel rifiuto, e cede molto a malincuore solo quando Judit dichiara di sapere quel che vedrà: armi, tesoro, giardino, luci filtrate dal sangue preludono al ritrovamento dei corpi senza vita delle precedenti mogli, come vogliono le dicerie carpite nel villaggio.
Di fronte a quest’accusa Barbablù consegna la settima chiave, ed è grande lo stupore della donna quando, in luogo di cadaveri, vede sfilare avanti a sé tre donne riccamente addobbate. Sono le mogli del mattino, del mezzogiorno e della sera, spiega l’uomo, e Judit, che egli ha incontrato di notte, sarà la donna della notte. Inutilmente ella chiede pietà, il suo destino è segnato. Barbablù la ricopre di gioielli meravigliosi e la avvolge in un manto stellato; quindi Judit segue le tre compagne sinché la porta non si chiude alle sue spalle.
Il principe s’allontana, mentre le tenebre tornano a invadere il suo castello consegnando Barbablù all’eterna solitudine.
Ildikó Komlósi
Judit, moglie del principe - mezzosoprano
É nata in Ungheria, a Békésszentandrás. Ha conseguito gli studi presso il Conservatorio di Szeged quale allievo Valéria Berdál, poi si é laureata all’Accademia di Musica Franz Liszt (Budapest) nel 1984 sotto la direzione di Márta Ónodi e Ilona Adorján. Dopo gli studi all’Accademia si é perfezionata con Vera Rózsa a Londra.
Debutta nel Teatro dell’Opera di Budapest nel 1984. Ottiene numerosi premi: a Karlovy Vary (1982), a Hertogenbosch (1982) e al concorso Pavarotti.
Nel 1989 debutta a Francoforte e a Vienna, nel 1990 canta per la prima volta nel Teatro alla Scala.
É invitata a diversi festival internazionali: nel 1995 ottiene un gran successo insieme all’Orchestra Festival di Budapest a New York con Il castello del principe Barbablù di Bartók. Nel 1997 é invitata a Firenze al Maggio Musicale, dove lavora con Zubin Metha.
Nel 1999 debutta al Metropoliten di New York con il Werther di Massenet. Nel 2000 canta nella rappresentazine inaugurale della stagione del Teatro alla Scala – Adriana Lecouvreur – con Edita Gruberova ed Anna Tomowa-Sintow.
Nel 1990 riceve il premio György Melis.
István Rácz
Principe Barbablù - Basso
É nato a Debrecen. Cantava nel prestigioso Coro Kodály di Debrecen, poi ha cominciato gli studi nel Conservatorio Béla Bartók. Tra 1985 e 1991 ha conseguito gli studi presso l’Accademia di Musica Franz Liszt, e durante questi anni é stato qualificato eccellente al Jugendfestspiele di Bayreuth.
Nel 1990 é il borsista del Teatro dell’Opera di Budapest, e un anno dopo il membro del teatro. Oltre al Teatro di Budapest nella stagione 1992/93 é il membro anche dell’Oper der Stadt di Köln.
Riceve il premio Mihály Székely nel 1985 ed il premio Béla Bartók nel 1992.
Gergely Bogányi - pianista
Nato in Ungheria nel 1974. É uno dei migliori pianisti della sua generazione.
Ha cominciato gli studi all’Accademia Ferenc Liszt di Budapest, dopo ha frequentato i corsi di perfezionamento presso l’ Accademia Sibelius di Helsinki e l’ Università Indiana di Bloomington.
I suoi professori erano: Làszló Baranyay, Ferenc Rados, Matti Raekallio e György Sebők.
Si è esibito in diversi concorsi, tra i quali il più importante era il Concorso Pianistico Internazionale Liszt di Budapest del 1996, dove si è classificato al primo posto . Con questa vittoria è cominciata la sua carriera pianistica per tutto il mondo.
In luglio del 1999 il Trio Bogányi-Kelemen (Barnabás Kelemen violino, Tibor Bogányi violoncello, Gergely Bogányi pianoforte) ha ottenuto il primo premio al Concorso di Trio Internazionale di Kuhmo (Finnlandia).
Gergely Bogányi ancora molto giovane, a 22 anni è stato eletto Cittadino Onorario della sua città nativa, di Vác.
Recentemente sta realizzando un progetto: vuole eseguire le 12 Études d’execution trascendentes di Liszt Ferenc e l’opera completa per solo piano di Chopin nell’ambito di otto concerti organizzati in Ungheria e in Finnlandia.
Nel 2000 è stato insignito del Premio Liszt.
Le sue sette incisioni su CD includono i concerti di Mozart, le opere per piano di Chopin e Liszt, le sonate per violoncello e piano di Chopin e Rachmaninov , nonché tutte le opere per piano e violino di Liszt.