Quando si parla della liberazione di Firenze il pensiero subito corre alla notte tra il 4 e il 5 agosto 1944, quando le truppe naziste in ritirata dalla riva sinistra dell'Arno fecero saltare i ponti sul fiume, risparmiando solo il Ponte Vecchio. Si dimentica talvolta che, per impedirne l'attraversamento, minarono però i palazzi situati nelle strade di accesso al ponte causandone il crollo. La distruzione che si rivelerà più illustre e dolorosa fu quella del palazzo in via de’ Bardi che ospitava l'Accademia toscana di scienze e lettere «La Colombaria».
La storia un po’ dimenticata della prestigiosa istituzione culturale, che oggi ha sede in in Via S. Egidio 23, viene raccontata nel volume a cura di Antonio Natali e Beatrice Paolozzi Strozzi ed edito da Olschki nella serie Studi, con il titolo “1944-2024 La Colombaria dalla distruzione alla rinascita”. Nell’anno 2024 si è commemorato l’80° anniversario della distruzione dell’antica sede rasa al suolo dalle mine tedesche. In occasione di questa ricorrenza l’Accademia ha organizzato una mostra, ospitata nella sua sede attuale e illustrata con saggi e immagini, che intende ripercorrere la sua storia secolare. Il libro documenta in particolare quell’evento drammatico anche con fotografie d’epoca di straordinaria suggestione.
Si tratta delle vicende belliche narrate anche nell’episodio fiorentino del film “Paisà” di Roberto Rossellini. Il Ponte Vecchio viene risparmiato dalla distruzione, ma per impedire comunque che possa essere utilizzato per l’avanzata alleata, vengono fatti saltare i dintorni, di qua e di là d’Arno. Le aree circostanti via Por Santa Maria e via Giucciardini si trasformano in un ammasso di macerie, letteralmente colline di detriti che non posso essere scavalcate nemmeno da un carrarmato. Tra gli edifici distrutti c’è appunto anche La Colombaria, i cui vertici (di nomina fascista) hanno creduto sino all’ultimo che proprio la vicinanza al Ponte Vecchio avrebbe protetto da qualunque distruzione di guerra le preziose collezioni che l’edificio di via de’ Bardi conservava. Una valutazione completamente errata che produce uno dei danni più ingenti inflitti a Firenze durante il conflitto.
Approfondimenti
La mostra e il libro presentano per la prima volta al pubblico una selezione significativa degli oggetti d’arte di varia tipologia (dai bronzetti alle medaglie, ai manoscritti e a un cospicuo numero di disegni e incisioni di gran pregio) che furono allora salvati dalle macerie: appartenuti alle sue antiche, ricche collezioni e raccolti nel corso dei quasi tre secoli dalla sua fondazione nel 1735, essi costituiscono oggi il patrimonio di memorie dell’Accademia. Nel caso specifico i Monuments Men raccontati nell’omonimo film hollywoodiano, si impegnarono non nel recupero di opere trafugate, bensì nella ricerca e il successivo restauro dei manufatti sepolti sotto tonnellate di macerie.