C’è anche l’Università di Firenze in una delle più grandi ricerche mai svolte sulla Klebsiella pneumoniae, germe patogeno che tende spesso a diventare resistente agli antibiotici ed è responsabile di numerose infezioni, a volte fatali, contratte di frequente in ambito ospedaliero.
Il lavoro pubblicato su Nature Microbiology ha studiato il DNA di oltre 1700 ceppi di Klebsiella pneumoniae, che erano stati raccolti in un precedente studio internazionale del 2013-2014, il progetto EuSCAPE, con il coinvolgimento di oltre 400 ospedali in 36 paesi del continente.
Alla ricerca hanno partecipato atenei e istituti di ricerca di Gran Bretagna, Germania, Olanda; per l’Italia, oltre all’Università di Firenze (Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica) e all’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi (Struttura operativa dipartimentale di Microbiologia e virologia), anche l’Istituto Superiore di Sanità [“Epidemic of carbapenem-resistant Klebsiella pneumoniae in Europe is driven by nosocomial spread” Doi: 10.1038/s41564-019-0492-8].
“La caratterizzazione a livello genomico è stata realizzata mediante le più moderne tecnologie di next generation sequencing” spiega Gian Maria Rossolini, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica presso l’Ateneo fiorentino, fra gli autori della pubblicazione insieme a Tommaso Giani, ricercatore delDipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica.
Gli studiosi Unifi hanno contribuito alla determinazione e classificazione del comportamento dei batteri nella resistenza agli antibiotici (fenotipo) e alla correlazione con il profilo genetico, permettendo per la prima volta di avere un quadro approfondito della diversità nella popolazione di questi batteri patogeni che circolano negli ospedali europei.
“Alcuni ceppi di Klebsiella pneumoniae – spiega ancora Rossolini - hanno acquisito resistenze alla maggior parte degli antibiotici attualmente disponibili, compresi i carbapenemi, che sono ad ampio spettro. Le infezioni causate da questi ceppi (Carbapenem-Resistant - CR) sono molto difficili da trattare e, conseguentemente, possono essere gravate da una elevata mortalità. Di fatto, la gestione di queste infezioni rappresenta attualmente uno dei maggiori problemi in campo medico, con rilevanti implicazioni per la salute pubblica: l’Italia è tra i paesi europei uno di quelli dove il fenomeno ha assunto proporzioni maggiori”.
“La ricerca - conclude Rossolini – riveste una grande rilevanza per la vastità del campione analizzato e per il dettaglio dell’analisi dei meccanismi di resistenza agli antibiotici e delle dinamiche di diffusione, la cui conoscenza è fondamentale per affinare strategie di controllo”.