Lockdown ed emergenza pandemica: la sentenza del tribunale di Pisa

Sottotraccia una catastrofe del diritto (e non solo)

Roberto
Roberto Onorati
26 febbraio 2022 11:42
Lockdown ed emergenza pandemica: la sentenza del tribunale di Pisa

La sentenza del Tribunale Penale di Pisa del 17 febbraio scorso ha ritenuto non giustificabili dal nostro ordinamento costituzionale tutte le misure attuate durante il periodo della pandemia, inclusa la proroga dello stato di emergenza.

Che gli arresti domiciliari di 60 milioni di persone per diversi mesi in un paese sovrano fossero una enormità, fu chiaro immediatamente; un fenomeno mai successo nella storia dell’umanità, nonostante calamità ben più gravi. Peraltro, cominciano ad essere pubblicati studi ed analisi che stroncano senza appello il lockdown, come misura totalmente inefficace nel contrasto dell’epidemia, fonte di danni incalcolabili rispetto ai presunti benefici (uno degli ultimi è lo studio della John Hopkins Institute. Studi che hanno aperto un dibattito possibile solo oggi, poiché durante la pandemia qualunque studio scientifico non in linea con la narrazione sanitaria ufficiale veniva randellato senza pietà.

Oggi abbiamo un’autorevole sentenza che fa a pezzi l’armamentario governativo utilizzato per impedire a milioni di cittadini di spostarsi, lavorare e condurre una vita normale per 2 anni. Sporadiche sentenze di qualche giudice di pace timidamente avevano azzardato le stesse conclusioni in questo biennio, ma il giudice penale Lina Manuali del Tribunale di Pisa scrive in modo chiaro e lineare quale compressione dei diritti fondamentali sia stata realizzata in Italia al tempo della diffusione del virus Sars-Cov-2 avuto riguardo alla libertà personale (art. 13 Cost), alla libertà di movimento e di riunione (artt. 16 e 17 Cost.), al diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, anche in forma associata (art. 19 Cost.), al diritto alla scuola (art. 34 Cost.), al diritto al lavoro (art. 36 Cost), al diritto alla libertà di impresa (art. 41 Cost.).

Approfondimenti

La sentenza costituisce un faro nella notte oscura dello stato di diritto che la pandemia è divenuta oramai da tempo. Dopo tanto silenzio, finalmente i giudici stanno battendo un colpo riguardo alle costanti e clamorose violazioni giuridiche a cui abbiano assistito in questo ultimo biennio. La pronuncia del Tribunale toscano è intervenuta per assolvere gli imputati dall’accusa del 650 Codice Penale loro contestata per aver violato l’ordine imposto con DPCM dell’8 marzo 2020.

Nel demolire i diversi decreti assunti dal governo e le ripetute proroghe dello stato di emergenza, il giudice si sofferma su quel nocciolo duro di diritti fondamentali dell'uomo che, secondo la dottrina maggioritaria, non sono revisionabili nemmeno con il procedimento di cui all'art. 138 Cost. - Revisione della Costituzione, ragion per cui secondo il giudice occorre verificare se, a quali condizioni e con quali modalità, in situazioni emergenziali, tali diritti possano essere compressi a tutela di altri diritti anch'essi costituzionalmente previsti. Il tribunale di Pisa giustamente osserva che la Costituzione non contempla ne' lo stato di eccezione, ne' lo stato di emergenza, che è una declinazione dell'eccezione, al di fuori dello stato di guerra, previsto all'art. 78 della Cost.

Lo stato di emergenza è una condizione giuridica particolare che pur essere attivata al verificarsi di eventi eccezionali. Questa particolare situazione emergenziale richiede, pertanto, un intervento urgente e con poteri straordinari al fine di tutelare i cittadini e porre rimedi ad eventuali danni.

Tuttavia, per fronteggiare una tale situazione gli strumenti idonei a cui si fa ricorso devono trovare, comunque, un fondamento di rango costituzionale, specie per quanto attiene ai presupposti, qualora incidano e impattino su diritti costituzionalmente garantiti.

E’ interessante il richiamo nella sentenza dei padri costituenti. Il Tribunale nota infatti che l'assenza di uno specifico diritto speciale per lo stato di emergenza è frutto di una consapevole scelta; la previsione della stato di emergenza per ipotesi diverse da eventi bellici (come ad esempio per motivi di ordine pubblico durante lo stato di assedio o per casi di emergenze sanitarie) non venne accolta, onde evitare che attraverso la dichiarazione della stato di emergenza si potessero comprimere diritti fondamentali con conseguente alterazione della stesso assetto dei poteri.

Non esiste un diritto speciale. Pertanto, qualora emergano situazioni emergenziali, in cui si ravvisi la necessità di dare attuazione ai principi precauzionali del “primum vivere” e del “salus rei publicae”, occorre sempre tener presente che non è possibile istituire una gerarchia tra le varie figure di diritti fondamentali, non sussistendo nell'ordinamento costituzionale alcuna presunzione assoluta di prevalenza di un diritto su tutti gli altri.

La pronuncia è veramente un trattato di diritto costituzionale. Sorprende, ed inquieta allo stesso tempo, che in questo biennio pochissime voci dal mondo del diritto si siano alzate a denunciare la morte progressiva dello stato di diritto. Nessuno nega che la pandemia andava contrastata, ma questo non può avvenire scassando la Costituzione e le fondamenta di uno stato liberal-democratico.

Quello che i governi hanno fatto è stata un’applicazione integrale e talebana del principio di precauzione, da maneggiare con cura quando sono coinvolte libertà costituzionali. Se applicato in modo rigido e senza un’analisi costi-benefici di tutte le variabili coinvolte, il principio di precauzione porta a bloccare qualunque attività foriera di rischi. Proprio l’aspetto preso in considerazione dal bel libro di due professori italiani, Piero Stanig e Gianmarco Daniele (Fallimento lockdown: Come una politica senza idee ci ha privati della libertà senza proteggerci dal virus), che hanno evidenziato come un’analisi costi-benefici razionale era stata alla base di tutti i piani pandemici a livello internazionale (impostati per epidemie ben più severe del Covid 19), ma scartata totalmente nella gestione confusa e irrazionale della pandemia.

Resta un senso di smarrimento per come, nelle democrazie moderne, scardinare le costituzioni e violare le libertà fondamentali sia piuttosto semplice. Ormai poco avvezzi a difendere cose scontate come le libertà fondamentali, i cittadini stanno lentamente scivolando verso una condizione di sudditi assistiti, in sistemi totalitari soft in cui prima si viene privati della libertà di condurre un’esistenza secondo i propri progetti di vita e poi si riceve il bonus per lo psicologo.

Difesa Civica — rubrica a cura di Roberto Onorati

Roberto
Roberto Onorati

Potentino di origine, toscano di adozione, laureato in legge, dirigente pubblico, segretario comunale, poi funzionario a Bruxelles per la Commissione Europea, oggi si occupa come consulente di formazione e supporto giuridico per gli enti locali in tema di affidamento e gestione di servizi alla persona e alla comunità - www.robertoonorati.it - onorati66@gmail.com

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