Firenze – L’impatto della guerra in Ucraina scatenata dalla Russia e l’impegno della Toscana per l’assistenza e la pace sono stati al centro del Forum con il Parlamento degli studenti che si è tenuto ieri, martedì 29 marzo, nella sala del Consiglio di palazzo del Pegaso.
Ad aprire l’incontro ‘La guerra in Ucraina: quali sfide per la politica internazionale?’ il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo: “È una situazione che nessuno di noi ha mai vissuto, noi siamo un popolo libero e abbiamo la possibilità di esprimerci, di vivere la vita come siamo abituati a fare, grazie a chi prima di noi ha combattuto per la nostra libertà, grazie a chi ha resistito, grazie a chi ha permesso alla Toscana di diventare una terra aperta, inclusiva.
Non è un caso che il simbolo della nostra Regione sia il Pegaso. Il Pegaso alato era il segno distintivo del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale. E oggi vedere quelle immagini, vedere le bombe che uccidono i civili, è qualcosa che fa male. Non si può restare a guardare. Non si può continuare a dire né con l’aggressore né con l’aggredito. Perché qui c’è qualcuno che ha aggredito, la Russia di Putin, e qualcuno che ha subito l’aggressione, l’Ucraina. E questo dobbiamo dirlo con forza.
E la prospettiva in risposta ai rischi dell'Europa deve essere una difesa comune europea, che va dalla sicurezza delle reti cibernetiche a una politica industriale comune della difesa".
“Dobbiamo anche essere vicini al popolo ucraino – ha proseguito Antonio Mazzeo – e lo stiamo facendo con quello che possiamo. Sostenendo l’arrivo di tante donne e di tante bambine e bambini. Io sono stato qualche giorno fa in una scuola di Pisa a incontrare due bimbe di 8 e 9 anni, di terza e quarta elementare. Vi assicuro che mi si accapponava la pelle. Non sapevano parlare l’italiano, hanno detto solo ‘basta guerra’. Poi la traduttrice mi ha spiegato che le bimbe avevano voglia di rivedere il loro papà, che è rimasto a combattere per la libertà del suo popolo. Noi con le ragazze e i ragazzi del Parlamento degli studenti ci confrontiamo su questo tema: chiedere a gran voce che ci sia nuovamente pace”.
La presidente della commissione Istruzione e cultura, Cristina Giachi ha sottolineato le responsabilità degli adulti: “Alla generazione delle cittadine e dei cittadini più giovani abbiamo chiesto grandi sacrifici per la pandemia, per affrontare il lockdown, e adesso gli proponiamo uno scenario di guerra. Dico noi perché come adulti gli abbiamo lasciato un mondo violento, diviso, insufficiente per molti versi, e dobbiamo riconoscerlo. Credo che chiamare le cose con il loro nome sia il servizio più onesto che si possa fare. E quindi aiutare noi e loro a capire meglio anche le realtà più complesse credo sia il primo dovere e il primo servizio civile che si può fare. Per questo è importante un pomeriggio dedicato alla comprensione dello scenario ucraino-russo con chi lo studia e lo conosce bene e ha gli strumenti per parlarne e per presentarlo ai ragazzi. Un incontro da registrare e da riproporre anche nelle scuole”.
A guidare la delegazione del Parlamento degli studenti il presidente Mauro Cioci: “Per noi giovani è particolarmente straziante vedere una situazione umanitaria così in crisi, così vicino a noi. Eravamo forse desensibilizzati a vedere le guerre, erano sempre lontane, in Paesi sconosciuti a tanti, invece una guerra così vicina a noi è un’evocazione di qualcosa che avevamo letto solo sui libri. E di sicuro fa paura anche perché abbiamo visto immagini di ragazze e ragazzi che vivevano fino a ieri la vita come noi, andavamo a scuola, vedevano gli amici e uscivano la sera, mentre ora sono costretti a fuggire e a nascondersi in bunker sotterranei, ad abbandonare la loro Patria o ad andare ad arruolarsi. È un momento particolare per noi che vediamo per la prima volta una guerra così vicina”.
A rispondere alle domande delle giovani e dei giovani del Parlamento degli studenti, Serena Giusti, docente di relazioni internazionali alla Scuola superiore S.Anna di Pisa e vicepresidente del Forum per i problemi della pace e della guerra di Firenze e Alberto Tonini, docente di Storia delle relazioni internazionali dell’Università di Firenze.
Dalle ragazze e i ragazzi tanti interrogativi, dalle ragioni di questo conflitto all’importanza del diritto Internazionale, dall’accoglienza delle migliaia di profughi alla disinformazione che caratterizza questa fase del conflitto, dal ruolo di Nato e Unione europea alle opzioni sul campo quando il conflitto sarà concluso a partire da quella ventilata della creazione di un esercito europeo.
“Non credo al rafforzamento degli apparati militari – ha sottolineato Alberto Tonini – la guerra non è mai la soluzione. Sarebbe semmai necessaria, da parte dell’Europa, una politica estera comune”. Dell’utilità di una forza d’intervento rapido a livello europeo ha parlato Serena Giusti “non un vero esercito, ma il coordinamento di 5mila unità provenienti dai diversi Paesi dell’Unione”
Sulla prevedibilità della crisi il professor Tonini ha invece ammesso “siamo colpevoli di avere sottovalutato il problema, aggiungendo che la prima vittima di ogni guerra è la verità. L’informazione è uno strumento di lotta sfruttato dal governo russo, ma anche da quello ucraino. Usciremo migliori da questa crisi se ci rendiamo conto che si può accogliere, è possibile farlo, e ci sono le risorse. E questo vale anche per chi è scappato da altre guerre che consideriamo irricevibili come Siria e Afghanistan”.
Sulla ricerca della verità la professoressa Giusti ha proposto di cercare più fonti di informazione, utilizzando con cautela i social e leggendo notizie verificate, come quelle diffuse dalle agenzie di stampa italiane”. Per quello che riguarda gli studenti, Serena Giusti ha suggerito “quando sarà possibile, di attivare gemellaggi con le scuole di Kiev che da remoto hanno già ricominciato a fare le lezioni”.
Per il professor Tonini “il diritto internazionale è una delle maggiori conquiste del XX secolo, ma è una piantina da coltivare e fare crescere e manca ancora lo strumento sanzionatorio”. Alle giovani e ai giovani, sul delicato tema della partecipazione, la professoressa Giusti ha sottolineato che “è una scelta personale e chi non lo fa non deve sentirsi in colpa, la partecipazione può riguardare i settori e i temi che si sentono più vicini”.