Ha avuto una anteprima fiorentina il lancio della nuova monografia dell’architetto Giovanni Michelucci curata da Andrea Aleardi, direttore della Fondazione, con un saggio di Gianni Biondillo, edita da Pontecorboli Editore (2022, pag. 160). Il volume è dedicato ai molteplici tratti della sua personalità poetica e visionaria, per raccontarne il lungo percorso umano e professionale e realizzato anche grazie al contributo del Ministero della Cultura-Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali e della Regione Toscana. La pubblicazione è reperibile in libreria e sulle principali piattaforme online.
41 anni dopo il primo volume su Michelucci, la nuova pubblicazione racconta con approccio scientifico, ma in chiave divulgativa la vita dell’intellettuale e dell’architetto a un pubblico non solo di studiosi, ricercatori, studenti, ma anche di semplici appassionati. Con un repertorio di immagini che ordina i tanti materiali prodotti dal maestro toscano e cataloga i progetti delle opere realizzate e postume, oltre che della mole di disegni e schizzi su cui Michelucci misurava il senso delle cose e le ragioni del “fare città”. Il punto di arrivo di 15 anni di riordino del materiale di archivio della Fondazione.
Il pensiero progettuale e il suo valere per una lettura della società contemporanea è anche al centro del saggio affidato alla penna dell’architetto e scrittore Gianni Biondillo, membro del Comitato scientifico della Fondazione, che aggiorna un testo scritto di suo pugno nel 1999 per l’Universale di Architettura diretta da Bruno Zevi, dal titolo “Giovanni Michelucci. Brani di città aperti a tutti”. Biondillo “rilegge” l’architetto è il collega (che frequentò) sintetizzandone il pensiero attraverso la sua ostinata discontinuità rispetto alle correnti culturali del Novecento.
Dalle prime opere realizzate nella città natale, Pistoia, l’autore tocca alcune tra le esperienze più significative: la Stazione di Santa Maria Novella e la Palazzina Reale (Firenze, 1935), la Chiesa di Pontelungo (1953), la Borsa Merci (Pistoia, 1950) la Chiesa di San Giovanni Battista (detta dell’Autostrada, Campi Bisenzio, 1964) e quella “memoriale” di Longarone (1966), l’opera postuma Teatro di Olbia (2005); infine alcuni “pezzi” della città nuova, la città del dialogo a cui Michelucci non ha mai rinunciato e che si riconosce nel Centro civico del Villaggio Giardino ad Arzignano (1968) e nel Giardino degli Incontri all’interno del carcere di Sollicciano (1987-1990).
Altri testi, tutti corredati da fotografie e disegni provenienti dall’archivio della Fondazione e dal Centro di Documentazione G. Michelucci di Pistoia, sono di Alessandro Masetti, cui si deve lo studio approfondito e la sistemazione degli arredi e del patrimonio artistico di Villa Il Roseto, sede della Fondazione, e di Nadia Musumeci, studiosa e responsabile degli archivi, che firma la biografia e restituisce l’imponente massa documentaria. A lei spettano, inoltre, le schede relative alle opere, ai progetti e la parte conclusiva sui riferimenti e le fonti.
Su “La felicità di Michelucci” scrive un capitolo intero Andrea Aleardi, collaboratore del professore dal 1988 fino alla sua scomparsa il 31 dicembre del 1990. “Michelucci felice lo è stato in tutte le sue avventure collettive, soprattutto quando le ha potute condividere con i giovani e andando a incrociare mondi diversi, da sempre preziose fonti di confronto fecondo e di insegnamento per sé. Aveva un senso di futuro, persistente e trascinante che non gli ha mai fatto perdere quella felice speranza come dimensione esistenziale, profondamente umana”, spiega il direttore della Fondazione.
Per agevolare il lettore nella comprensione del mondo michelucciano, gli autori creano alcune stazioni, momenti necessari di riflessione sui temi principali. È il caso del Michelucci artigiano, che Alessandro Masetti ritrova come da un cassetto pieno di episodi ispiratori che ne rivelano il grande rispetto per la manualità e lo straordinario valore del lavoro collaborativo.
Al pari della materia, le parole sono un timone fondamentale nel fare progettuale, così Andrea Aleardi torna per isolare e analizzare tutte le espressioni che furono di stimolo all'architetto e ne raccontano la lungimiranza: da quella “architettura vivente” e “città variabile” che rappresentano l’opera e la testimonianza migliore che l’uomo possa lasciare di sé stesso, al “non sono un maestro”, con cui Michelucci rivendicava l’immagine di persona libera da ogni dogma e pregiudizio, ponendosi sempre nella condizione dell’ascolto per sperimentare, condividere e poter imparare, soprattutto dai giovani.
Nota a parte merita il capitolo relativo all’archivio, un lavoro complesso che Nadia Musumeci rende particolarmente fluido grazie alla suddivisione in sei serie documentali: i Disegni (oltre 2000 tra schizzi e disegni autografi dal 1935 al 1990), i Disegni di progetto (circa 1500 disegni tecnici relativi a 64 progetti dagli anni ’30 fino alla sua scomparsa nel 1990), la Corrispondenza (oltre 1700 lettere ricevute e inviate dal 1937 al 1990), le Lezioni universitarie (120 lezioni dal 1928 al 1966 compreso l’ultima su invito degli studenti nel marzo del 1990), le Fotografie e Giovanni Michelucci fotografo (immagini delle opere dal 1935 ad oggi e le numerose stampe, negativi e diapositive realizzate dall’architetto).
La Fondazione Giovanni Michelucci
Il progetto editoriale si inserisce nell’ambito delle iniziative per i quarant’anni della costituzione della Fondazione Giovanni Michelucci, ricorsi nel 2022 e di cui la pubblicazione arriva come pietra miliare. La monografia, infatti, è il risultato di una intensa attività di riordino e approfondimento condotta nell’ultimo decennio dai tanti membri e collaboratori dell’istituzione e del mondo della ricerca e nel cui quadro si deve leggere anche la recente nomina a presidente della giornalista e architetta milanese, Silvia Botti.
La Fondazione che ha sede a Fiesole nella villa che fu il suo studio e la residenza negli ultimi anni della sua vita, fu istituita negli anni ‘80 insieme alla Regione Toscana - che nel 1999 lascerà il posto al Comune di Firenze - e ai comuni di Pistoia e Fiesole. Tornare alle origini come centro di ricerca e di studi, incarnando la volontà del fondatore di interrogarsi sulle trasformazioni urbanistiche della società contemporanea. Attraverso progetti di supporto agli enti pubblici per incardinare politiche concrete sul territorio.
A tutti questi temi saranno dedicati, nel corso del 2023, una serie di appuntamenti e iniziative dentro e fuori il capoluogo toscano. Il primo in calendario è l’incontro dal titolo Rileggere Giovanni Michelucci che si terrà l’8 marzo a Milano, presso l’ADI Design Museum (Piazza Compasso d’Oro, 1) e durante il quale sarà presentata la monografia. Alla conversazione, moderata dalla presidente della Fondazione Silvia Botti, interverranno il direttore Andrea Aleardi, l’architetto Gianni Biondillo e la presidente di ADI Toscana Perla Gianni Falvo.
Il 17 marzo, la Fondazione sarà nuovamente protagonista a Firenze, alla Palazzina Reale in Piazza Stazione, per il convegno promosso su Arte e architettura (per tutti) nei luoghi della salute.
Sono inoltre in corso di definizione varie altre iniziative che avranno luogo nel corso dell’anno sui temi del rapporto Carcere e Città, dell’abitare sociale, della valorizzazione dell’architettura moderna e contemporanea in Toscana e della promozione della cultura come patrimonio di crescita sociale, come esiti delle attività di ricerca che da tempo la Fondazione sta conducendo con i diversi partner istituzionali, accademici, del mondo associativo con cui da molto tempo collabora.
Il sito internet istituzionale offre un’ampia area di archivio che consente la consultazione di materiali digitalizzati.
La Fondazione Giovanni Michelucci si appresta ad affrontare un 2023 ricco di appuntamenti e iniziative che riguardano i vari settori in cui è impegnata da sempre: la ricerca sociale, le politiche urbane, le indagini sulla condizione abitativa a quelle relative al carcere, la tutela del patrimonio architettonico del 900 e la valorizzazione del patrimonio artistico e dei saperi artigianali oltre, ovviamente, alla custodia e valorizzazione dell’archivio di Giovanni Michelucci.