di Carlo Buffa, Coordinatore Regionale di Possibile per la Toscana
Leggo che i gruppi politici di centrodestra del Consiglio Regionale toscano hanno chiesto al Collegio di garanzia statutaria di verificare la conformità allo Statuto regionale della legge “Liberi subito”, recentemente approvata dal Consiglio. Poiché la norma regionale applicata in questa circostanza prescrive che la richiesta sia “motivata”, sarei curioso di conoscere le motivazioni indicate dai capigruppo che hanno preso l’iniziativa.
Certo è che la scelta colpisce: scorrendo il sito istituzionale della Regione, pare di capire che il Collegio, dal momento del suo rinnovo nel 2021, si sia riunito soltanto per l’insediamento, cioè non sia stato interpellato da nessuno in quasi quattro anni. E quando viene chiamato in causa? Quando una proposta di legge di iniziativa popolare, che quindi è stata prima sottoposta allo scrutinio della popolazione chiamata a sottoscriverla (lo hanno fatto oltre 5.000 cittadini toscani) e poi a un ampio dibattito pubblico, sviluppatosi ben oltre le mura dell’aula del Consiglio, viene approvata con ampia maggioranza.
Approfondimenti
Viene da chiedersi se, parlando di fine vita, le stesse forze politiche abbiano altrettanta solerzia nel proporre iniziative e soluzioni quando escono dati come quelli recentemente pubblicati dall’ISTAT sulle disuguaglianze nella mortalità: come spiegano i ricercatori, la fine della vita non è correlata solo all’età, alle patologie pregresse, all’ambiente in cui si vive, ma vi incide significativamente il titolo di studio, che come si sa è fortemente correlato con la condizione occupazionale e la classe sociale, con l’adozione di determinati stili di vita, con l’opportunità di accesso alle cure.
Si legge nelle tabelle dell’ISTAT che in Italia il tasso di mortalità fra chi non ha titoli o solo la licenza elementare è di 148,6 ogni 10.000 residenti e invece di 108,8 ogni 10.000 residenti per chi ha una laurea; ma la differenza è significativa anche rispetto a chi ha conseguito soltanto il diploma di maturità (120,3 ogni 10.000 residenti). Lo svantaggio peraltro risulta più forte nelle fasce centrali della vita, cioè nelle età in cui la mortalità potrebbe essere ridotta intervenendo sui fattori di rischio o comunque con diagnosi e cure tempestive.
Poiché poi le maggiori differenze per titolo di studio sono state osservate nella mortalità per cirrosi, fibrosi, epatite, tumori maligni dello stomaco e diabete, cioè soprattutto condizioni morbose per le quali l'esposizione ai fattori di rischio è strettamente legata allo stile di vita e ai comportamenti individuali, che a loro volta sono influenzati dal livello di istruzione, forse un maggiore impegno nello spingere il Governo nazionale, espressione delle medesime forze politiche, ad operare per una riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali sarebbe più sensato del contestare la libertà di scegliere come e quando porre fine alle proprie sofferenze.