FIRENZE- E’ la seconda azienda del Consorzio del Chianti classico per dimensione dei vigneti e la prima biologica al 100% dal 2018. Ma è anche uno dei luoghi storicamente vocati alla produzione vinicola sin dal XVII secolo. Stiamo parlando del Castello di Meleto a Gaiole in Chianti, perfetta fusione tra passato e futuro, oggi una realtà polifunzionale, espressione delle caratteristiche più autentiche della Toscana: alla prestigiosa azienda vitivinicola si affiancano la produzione di olio extravergine di oliva e l’allevamento di Cinta senese.
Ultima novità, presentata nei giorni scorsi, il progetto "Nel nome dell’Ape" che ha l’obiettivo di facilitare l’incremento delle api impollinatrici, con una ricaduta positiva su tutte le colture dell’azienda. Nove da Firenze è andato a visitare il Castello, accompagnato dal direttore generale Michele Contartese: “Questo territorio, ancora per buona parte incontaminato, può esprime un grande potenziale in termini di qualità. Così le api ci aiuteranno ad aumentare l’inerbimento spontaneo endemico e a preservare i terreni circostanti, a esempio tutelando l’ambiente dall’erosione e dalle alte temperature estive. Per questo contiamo di triplicare il numero delle api, favorendo il ritorno degli insetti anche nelle aree limitrofe, dove trasferiranno pollini delle erbe e i lieviti così importanti per lo sviluppo delle vigne”.
La tutela del luogo è uno degli aspetti peculiari della vostra gestione d’azienda, per un ritorno a metodi e pratiche tradizionali, anche grazie al coinvolgimento dei vostri ospiti e clienti?
Approfondimenti
“Abbiamo promosso l’opportunità dell’affido a tempo di un alveare: da un lato per ritornare alle buone pratiche di educazione ambientale; dall’altro per coltivare una nuova consapevolezza per il futuro -spiega Michele Contartese- Chi decide di aderire al nostro crowdfunding vede sviluppare l’arnia: ne ha cura a distanza ed è coinvolto nella crescita passo dopo passo. Su ogni arnia presa in affido con una donazione di 250 euro, viene apposto il nome dello sponsor e, dalla produzione gli vengono destinati due chili ogni anno, per un totale di 10 kg. nell’arco dei cinque anni di affido. Al momento si tratta di una trentina di arnie che producono un miele biologico di qualità, ma nelle nostre intenzioni triplicheremo il numero delle famiglie coinvolte”.
Un progetto nel solco dell’originale tradizione della Viticola Toscana, la società per azioni proprietaria dell’azienda?
“Viticola Toscana è nata alla fine degli anni ‘60 con lo scopo di valorizzare la vocazione vitivinicola del territorio, per iniziativa di Gianni Mazzocchi, il fondatore dell’Editoriale Domus, che ebbe l’idea di lanciare attraverso le pagine della rivista QuattroSoldi una sottoscrizione chiamata Operazione Vigneti -racconta il direttore generale del Castello di Meleto- Un’iniziativa talmente all’avanguardia che all’epoca venne ripresa anche dalla stampa internazionale.
Lo scopo era quello di raccogliere 150 milioni di lire attraverso la sottoscrizione di quote per un valore minimo di un milione di lire. Una cifra piuttosto importante, se paragonata allo stipendio medio di un italiano che, in quegli anni, era di circa 120.000 lire. Ma l’Operazione Vigneti suscitò così tanto interesse da raccogliere in soli due mesi oltre mezzo miliardo di lire. Venne così costituita la Viticola Toscana che acquisì il Castello di Meleto, ancor oggi sede della società, e circa 1.400 ettari di terreno circostante.
Fedele all’impegno preso con i sottoscrittori, la Viticola Toscana si dedicò al risanamento della proprietà, che versava in condizioni di abbandono. Con la rinascita agronomica cominciò anche il recupero storico e architettonico dell’area grazie agli interventi sui casali, sulla pieve con l’annesso convento di Santa Maria a Spaltenna e sul castello”.
Oggi la società Viticola Toscana, con i suoi 1.600 azionisti è ancora proprietaria dell’intera area e rappresenta un modello aziendale per tutto il Chianti.
“Sì, i terreni di Castello di Meleto si estendono per circa mille ettari: di essi 160 sono dedicati alla coltivazione della vite, un'altra parte all’olio di oliva, ma sempre preservando l’equilibrio con il bosco a tutela della biodiversità -spiega Contartese- Negli ultimi anni è stata posta particolare attenzione allo studio dei terreni più vocati alla viticultura, distinguendo cinque unità poderali ognuna delle quali dotata di caratteristiche peculiari: Meleto, San Piero, Casi, Poggiarso e Moci”.
Contartese si è laureato in Economia e Commercio all’Università degli studi di Torino, con una tesi di Economia aziendale sulle conseguenze nei mercati turistici internazionali dopo l'11 settembre. Poi si è occupato di marketing alla distilleria dei Fratelli Caffo, è stato direttore alle vendite di Testamatta Winery e fondatore della Cantina Ripanuda a Gaiole. Dal 2015 è entrato al Castello di Meleto, prima come direttore commerciale e, dal 2018, con il ruolo di D.G..
“Ho un piano articolato in due quinquenni di sviluppo -confessa a Nove da Firenze Michele Contartese- non intendiamo soltanto mettere in produzione 20 nuovi ettari di vigneto. I progetti più impegnativi riguardano la comunicazione ai consumatori dei nostri contenuti di qualità. Non è facile raccontare l’equilibrio ambientale che esprime il territorio circostante al Castello di Meleto. Per questo contiamo molto sull’attività ricettiva garantita dai nostri 70 posti letto, tra le undici camere del castello e i 13 appartamenti. Gli ospiti sono i migliori ambasciatori della nostra qualità”.
A partire dalle vostre etichette, con cui intendete contraddistinguervi quale espressione autentica del Chianti Classico?
“I nostri vini combinano la freschezza dalle escursioni termiche delle colline di Gaiole alla sapidità minerale conferita dai terreni rocciosi. Le basse rese a cui le vigne sono assoggettate garantiscono consistenza qualitativa in tutte le tipologie prodotte -afferma orgoglioso il diretto generale della Viticola Toscana- Castello di Meleto vinifica esclusivamente le uve di proprietà, vendemmiate per il 70% manualmente. Una scelta dettata da due fattori: le pendenze dei terreni che possono raggiungere valori estremi e la volontà di selezionare il meglio della produzione”.
Quindi, pur avendo a disposizione 1.000 ettari di proprietà, non c’è intenzione di aumentare l’estensione degli ettari vitati?
“Assolutamente, non ce n’è bisogno. Scegliamo già solo le uve migliori per dare origine ai vini firmati Castello di Meleto. I grappoli destinati ai vini bandiera sono sottoposti a una doppia selezione: la prima in vigneto al momento della raccolta, la seconda sul tavolo di cernita, dove ogni grappolo viene controllato manualmente” conferma Michele Contartese.
La volontà è di rispettare il lavoro in vigna e intervenire minimamente in cantina?
“Le uve perfettamente sane permettono di ridurre l’uso di anidride solforosa così come di utilizzare, per le produzioni del Vigna Casi e del Camboi, le fermentazioni spontanee, innescate dai lieviti autoctoni presenti sulle uve. Si ottengono così vini di maggiore tipicità” annuisce Contartese.
E l’olio extravergine di oliva?
“E’ frutto di tanto lavoro che inizia in pianta, con la coltivazione biologica, e prosegue con la raccolta, esclusivamente a mano -si inorgoglisce il direttore generale- Il nostro olio extravergine di oliva esprime le caratteristiche del territorio: di colore verde intenso e limpido, ha un piacevole retrogusto di mandorla. A un’altitudine compresa fra i 360 e i 530 metri, le olive crescono secondo natura. La forma di coltivazione dei nostri olivi è quella del vaso policonico. Le cultivar principali sono le tipiche toscane: Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino, raccolte a mano verso i primi di novembre”.
Nel rinascimento, grazie alla sua posizione, il castello di Meleto divenne il principale baluardo fiorentino al confine con il territorio di Siena. Oggi è un baluardo della biodiversità e dell’agricoltura di avanguardia.