Arrivare a Montalcino in una limpida mattinata di febbraio salendo da Buonconvento e quindi attraversando tutta la zona dei canalicchi, una delle più vocate per la produzione di Brunello, ha sempre qualcosa di magico. Osservando i terreni si ha modo di apprezzare come la loro composizione muti via via che ci avviciniamo alle mura della città, rivelando ad ogni curva un cambio di esposizione, una zona più sassosa o più sciolta, che daranno vita a tanti differenti Brunello.
Questo è il grande fascino di Montalcino, un areale decisamente piccolo ma che già dalla conformazione geomorfologica ci fa capire come sia diviso in quattro versanti ben distinti, ognuno dei quali si divide poi in diverse sottozone a seconda delle pieghe del terreno. Non sarebbe immaginabile che una così ampia varietà di situazioni desse origine ad un vino uniforme; ed infatti, annata dopo annata, ci si rende conto di come la complessità territoriale si riscontri poi nei bicchieri, con certi versanti che danno il meglio di sé in annate calde, mentre altri prediligono le più fresche con differenze nei tempi vendemmiali fino a quindici giorni.
È con tutte queste considerazioni che ci accingiamo agli assaggi del BENVENUTO BRUNELLO 2016, consapevoli che le annate che andremo ad assaggiare non sono state valutate fra le migliori, almeno a guardare gli andamenti climatici generali.
Il consorzio del Brunello conta oggi circa 220 produttori imbottigliatori e di questi circa il 60% partecipa all’anteprima, mancano alcuni nomi importanti ma ovviamente il grosso dell’alta qualità è a disposizione per i nostri bicchieri. La location dei chiostri in cui si svolge l’evento è decisamente suggestiva ma altrettanto inadeguata a contenere l’enorme numero di visitatori che ogni anno di più accorre a Montalcino per la degustazione.
I produttori sono costretti in postazioni realmente di meno di un metro di larghezza che li costringono a movimenti da contorsionisti per districarsi fra bottiglie, bicchieri, depliants, biglietti da visita da prendere e da distribuire, clienti da salutare, scansando i gomiti dei vicini di banco. Una situazione che diventa subito inverosimile: alle dieci, orario di apertura, ci sono già oltre cento persone in coda ad attendere; alle undici i locali sono già gremiti; a mezzogiorno la situazione è già invivibile; alle una si cerca rifugio al buffet, ma non risulta un’idea originale perché si deve combattere per avere una fetta di prosciutto ed una di formaggio in una bolgia dantesca. Si torna quindi sconfortati nei chiostri per gli ultimi assaggi, ma i visitatori continuano ad entrare rendendo impossibile anche muoversi. Ottimo per le casse del Consorzio ma forse sarebbe giusto porsi delle domande.
Un po’ di confort in più non guasterebbe certo la qualità dei vini e in più permetterebbe un maggior dialogo con i produttori ed una migliore freschezza nel giudicare i prodotti.
D’altra parte a Montalcino hanno parecchie ragioni per essere soddisfatti, l’export è in aumento ed ha raggiunto il 70% del prodotto, un terzo del quale diretto negli U.S.A.; cresce il volume di vino prodotto, ormai prossimo ai 15 milioni di bottiglie nel comprensorio; cresce costantemente il giro d’affari, più 10% solo nel 2015; cresce alla grande il turismo con uno sbalorditivo più 20% nell’ultimo anno. Ci sono quindi ragioni per aspettarsi in futuro locations più adeguate.
Malgrado le aspettative non fossero altissime i vini in assaggio erano comunque di buon livello; i Brunelli 2011 sono più pronti e non destinati ad invecchiamenti lunghissimi ma spesso piacevoli e ben fatti, fra i migliori Le Ragnaie, Salvioni, Tassi-Franci; le riserve 2010 sono frutto di un’annata decisamente più favorevole e quindi più ricche e di lunga durata anche se in qualcuna si trova ancora una difficoltà nella gestione dei tannini, spesso un po’ ruvidi e non avvolti da corpo sufficiente, le preferite quelle di Il Marroneto, Poggio di Sotto e ancora Tassi-Franci.
Per i rossi sappiamo che il 2014 è stata una annata davvero complicata che ha dato vini diluiti e dal gusto corto e infatti nei bicchieri è quello che troviamo: pochi si distinguono. Migliori i pochi rossi 2013 presentati che si giovano oltre che di un’annata migliore anche di un più lungo invecchiamento.
Ultima annotazione sui prezzi; molti stanno prendendo il volo posizionandosi su livelli molto difficilmente affrontabili anche a fronte di grandissimi vini; bottiglie che andrebbero in tavola al ristorante oltre i 150 euro non sono ormai rare da trovare e rendono il brunello, che una volta era il vino della domenica, ormai relegato ad essere il vino di Natale.
Qualche sorpresa si puo' ancora trovare e quest'anno e' stata Pian delle Querci una piccola azienda che realizza ottimi prodotti a prezzi più che accettabili.
Buon Brunello a tutti!
Fabrizio Fiaschi