FIRENZE - Il Teatro della Pergola stringe vieppiù il legame con il suo pubblico, aprendo la splendida Sala Oro in occasione della mostra Il teatro italiano di commedia in commedia, nelle Maschere di Giancarlo Santelli, che ripercorre l’affascinante avventura di un maestro indiscusso dell’arte legata al teatro. In una galleria che riunisce documenti, foto, locandine e manifesti, le maschere tornano a mostrare i tratti di scena che le hanno rese famose: i Pulcinella indossati da Massimo Ranieri e Gigi Proietti affiancano quello realizzato per il Pulcinella di Stravinsky che Lino Troisi non riuscì a rappresentare. A impreziosire la storia delle maschere in mostra, le locandine degli spettacoli dove queste sono state utilizzate: L’imbroglio dei due ritratti con l’Arlecchino di Carlo Goldoni per la regia di Angelo Corti, il Capitan Fracassa di Theophile Gautier per la regia di Augusto Zucchi, le classiche Bautte veneziane de La Vedova Scaltra di Carlo Goldoni, ancora di Zucchi, il Brighella del Teatro Comico del Goldoni diretto da Maurizio Scaparro. In mostra anche le maschere delle commedie plautine, realizzate per l’Istituto del Dramma Antico di Siracusa sui calchi delle testine votive a Dioniso pervenute dagli scavi nella necropoli di Lipari. Una mostra dedicata alla preziosa arte della maschera e ad uno dei suoi indiscussi maestri: Giancarlo Santelli.
Continuatore delle più gloriose tradizioni italiane, Santelli è l’ultimo vero artista che si dedica alla costruzione di maschere in cuoio per il teatro. Nella sua lunga esperienza, ha lavorato con i più grandi attori e registi italiani come Mazzarella, Macario, Strehler, Puecher, Sbragia, Pugliese, Scaparro, De Filippo e Proietti. Foto, attrezzi da lavoro, calchi e bozzetti ripercorrono passo a passo la paziente e minuziosa creazione e realizzazione della maschera, raccontando un lungo tratto della storia dello spettacolo italiano, attraverso le interpretazioni, fra gli altri, di Marcello Bartoli e Ferruccio Soleri, artisticamente vicini a quel purtroppo misconosciuto Evaristo Gherardi, talentuoso Arlecchino che dalla natia Prato approdò alla corte del Re Sole.
Una mostra che, oltre a omaggiare un prezioso lavoro d’artigianato artistico, costituisce un approfondimento concettuale sull’importanza del teatro di maschera in Italia, che rappresenta l’essenza della nostra tradizione. Dietro alle colorate vesti di Arlecchino o Brighella, si celano i tratti dell’italiano medio, esponente di un popolo non scevro d’ingegno, ma troppo spesso declinato nella non troppo nobile “arte di arrangiarsi”. Un teatro che ci diverte, ma che ancora di più dovrebbe farci riflettere su chi siamo, chiedendoci se l’Italia di oggi sia poi così lontana dall’essere un effetto di questa mentalità festaiola e maliziosa insieme.
La mostra è visitabile a ingresso libero fino all’8 marzo, in concomitanza con le aperture del teatro. Niccolò Lucarelli