Gentile Avv. Visciola, sono coniugata in regime di separazione dei beni con mio marito e la casa dove abbiamo vissuto per moltissimi anni appartiene a lui per il 90% e per il restante 10% a me. Oltre vent’anni fa abbiamo insieme ristrutturato la casa, contribuendo ciascuno per la metà dei costi (non ho più con me prove cartacee di queste vecchie spese, perché è passato molto tempo). Decidendosi ora di vendere la casa, è giusto che mi spetti solo il 10%, dal momento che, a seguito delle ristrutturazioni effettuate, il suo valore è sicuramente accresciuto? La ringrazio molto se potrà darmi un consiglio. Gentile Signora, stando a quanto mi riferisce, anche laddove lei riuscisse a dimostrare, con prove certe, di aver sostenuto la metà dei costi di ristrutturazione, al momento della vendita le spetterebbe solo il 10% della cifra conseguita, essendo questa la sua quota di intestazione dell’immobile, facilmente individuabile dalle risultanze catastali e, come tale, non contestabile. La questione delle spese sostenute va difatti considerata unicamente quale questione interna tra coniugi, non potendo riguardare i terzi, per i quali contano solo i registri immobiliari, dai quali, appunto, risulta una divisione per quote (90% e 10%) che sarà rispettata in sede di compravendita. Dunque, nonostante le spese sostenute, la sua quota rimane fissa al 10% e l’unico beneficio diretto che potrà conseguirne è quello di ottenere, con quel 10% di sua spettanza, una cifra superiore a quella che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dei lavori di ristrutturazione. Non posso però che concordare con lei sul fatto che, contribuendo alle spese di ristrutturazione nella misura di metà e non del decimo (pari alla sua quota), ha fatto più di quanto le sarebbe normalmente spettato e sarebbe assolutamente giusto riconoscerle qualcosa per tali spese. A tal fine, andrebbero comunque superati due ostacoli. Il primo, di natura meramente fattuale, in quanto, da come mi riferisce, mancherebbero le prove atte a dimostrare tale sua contribuzione oltre la quota di spettanza. Il secondo, più prettamente giuridico e che vado ora ad affrontare, nell’eventualità in cui sussistano le prove di tale sua contribuzione nella misura di metà o nell’eventualità in cui suo marito la confermi, senza avanzare contestazioni di sorta. In tal caso, sarebbe ben possibile avanzare verso il coniuge una richiesta di rimborso delle spese in applicazione dei principi generali sull’ingiustificato arricchimento, ovvero di rimborso del valore dei materiali e del prezzo della manodopera o per una somma pari all’aumento del valore dell’immobile.
E ciò proprio in quanto la sua contribuzione è stata superiore rispetto a quella che le sarebbe spettata facendo rifermento alle quote di appartenenza. Tale rimborso potrà avvenire bonariamente mediante accordo (magari a seguito della vendita dell’immobile, in proporzione alla cifra conseguita) o in sede giudiziaria. In quest’ultimo caso, potremmo, tuttavia, trovare ostacolo in quell’orientamento giurisprudenziale che esclude il rimborso delle spese sostenute da un coniuge per la realizzazione o il miglioramento della casa coniugale di proprietà dell’altro coniuge, in quanto tali spese si presumono effettuate in adempimento del generale obbligo di contribuzione tra coniugi di cui all’art.
143 c.c., o comunque gratuitamente, anche in eccedenza rispetto all’obbligo legale di contribuzione, essendo basate su accordi negoziali gratuiti atipici tra coniugi. Trattandosi, del resto, dell’immobile destinato a residenza familiare, le elargizioni effettuate dall’altro coniuge sarebbero riconducibili, sul piano causale, ad un interesse dello stesso disponente: la destinazione dell’immobile a casa familiare può evidenziare un interesse economico del coniuge non proprietario (ma il discorso vale anche nel suo caso, ovvero per una contribuzione superiore rispetto alle quote di spettanza), giustificandone le spese alla luce del suo interesse. In conclusione, se le norme generali possono esserle d’aiuto, l’ostacolo potrebbe derivare dall’interpretazione giurisprudenziale: laddove risultasse prevalente l’orientamento che le ho appena esposto, avendo lei stessa beneficiato della ristrutturazione della casa familiare nella quale ha vissuto per anni, potrebbe non esserle riconosciuto quel rimborso che altrimenti le sarebbe spettato. Cordialmente, Avv.
Roberto Visciola Per scrivere all'avvocato Visciola: nove@nove.firenze.it L'avvocato Roberto Visciola - Laureato con lode all’Università di Firenze, è autore di libri e pubblicazioni in campo giuridico Il servizio “Avvocato online” è progettato per trattare temi giuridici di interesse generale, non costituisce parere legale ed è gratuito. Le domande pervenute saranno selezionate dalla Redazione e i quesiti più significativi, opportunamente semplificati, verranno girati all’Avvocato che, compatibilmente ai suoi impegni professionali, risponderà direttamente sul sito Nove da Firenze.
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