Gent.mo Avvocato, risiedo da anni in un condominio il cui regolamento vieta la presenza di animali. Ho sempre desiderato avere un animale che mi facesse compagnia, specie dopo la morte di mio marito, ma i condomini me l’hanno sempre vietato. Ho pensato anche di cambiar casa. Le nuove norme sul condominio mi danno qualche possibilità di tenere animali? Spero possa darmi speranze, perché non vorrei essere costretta davvero a cambiar casa per non sentirmi sola. La ringrazio. Gent.ma Signora, per rispondere puntualmente alla Sua domanda sarebbe necessario conoscere il tipo di animale che desidererebbe per farle compagnia, per capire innanzitutto se rientra nelle aperture introdotte dalle nuove norme sul condominio e se, in ogni caso, si tratti di animale che possa o meno turbare gli altri condomini. La riforma del condominio, attuata con legge n.
220/2012, ha aperto la strada all’ingresso degli animali domestici nei condomini, modificando l'articolo 1138 del Codice civile, rubricato “Regolamento di condominio”, che testualmente all’ultimo comma recita “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. La disposizione, tuttavia, stante il principio di irretroattività delle leggi, è destinata ad operare solo per i nuovi regolamenti condominiali, che non potranno contenere il suddetto divieto; nulla cambia invece per i vecchi regolamenti, per i quali, tuttavia, i condomini, con apposita delibera assembleare, potranno rimuovere l’eventuale divieto esistente. Resta fermo poi il fatto che il divieto può comunque essere inserito nell’ambito dei patti di locazione (laddove il locatore voglia evitare l’ingresso di qualsivoglia animale nell’immobile di sua proprietà). Dunque, non è che la riforma abbia realizzato – come alcuni hanno cercato di far credere – un’apertura totale verso il mondo animale. La stessa dizione “animali domestici”, usata dal legislatore, è di per sé foriera di possibili complicazioni. Si consideri come, nel primo testo di riforma, si facesse riferimento agli “animali da compagnia”: dizione, questa, sicuramente più ampia – o più facilmente definibile – rispetto a quella presente nella riforma, che espressamente si riferisce agli “animali domestici”. L’aver optato per il termine “domestici”, anziché per l’espressione “da compagnia”, rischia di vanificare le aspettative di coloro che desidererebbero possedere non solo animali esotici (per i quali, in ogni caso, vale il divieto), ma anche animali che nell’uso comune sono considerati di compagnia, ma che non rientrano propriamente nell’accezione di animali domestici. Manca, ad oggi, giurisprudenza che si sia espressa sul punto per far chiarezza – data la genericità dell’espressione normativa – e permane il dubbio se possano esser considerati “domestici” animali quali, ad esempio, conigli, uccelli, furetti, da molti usati quali animali da compagnia. Certo è che, sempre restando alla giurisprudenza, si notano importanti aperture interpretative a favore degli animali, che rivalutano la presenza degli stessi a fianco dell’uomo quali veri e propri membri della famiglia. In una causa riguardante gli accordi di separazione tra coniugi, il Tribunale di Milano, Sez.
IX civile, con decreto 13 marzo 2013, riallacciandosi alla Legge 4 novembre 2010, n. 201, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, ha confermato come il sentimento per gli animali debba avere una protezione costituzionale e riconoscimento europeo, giungendo a riconoscere l’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo, tutelabile giuridicamente, all’animale da compagnia (come, peraltro, già precedentemente riconosciuto dal Tribunale di Varese, con decreto 7 dicembre 2011). Seguendo un’interpretazione evolutiva ed orientata delle norme vigenti, l’animale non può più essere più collocato nell’area semantica concettuale delle “cose”, ma deve essere considerato “essere senziente”: orbene, non essendo l’animale una “cosa”, bensì un essere senziente, è legittima la facoltà dei coniugi di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione e le modalità da seguire per il mantenimento dello stesso, quasi come se si trattasse anch’esso di un figlio. Un’importante interpretazione giurisprudenziale di apertura, questa, che se da un lato è posta a tutela degli animali quali esseri senzienti e non semplici cose, dall’altra tutela la facoltà delle persone di possedere animali da compagnia. Le auguro che analoghe aperture possano avvenire nel suo condominio, riconoscendole, con apposita modifica al regolamento condominiale, la facoltà di tenere un animale che possa farle la compagnia che desidera. Il tutto, ovviamente, nel rispetto degli altri condomini, in quanto anche laddove il regolamento condominiale ammetta l’ingresso di animali nel condominio, i relativi proprietari dovranno prendere le opportune cautele, limitandone i rumori nei limiti della normale tollerabilità ed evitando che gli stessi possano sporcare le parti condominiali o recare pericoli all’incolumità delle persone (per gli animali più pericolosi si richiede l’uso di guinzaglio e museruola). Si consideri infatti come, in data 6 agosto 2013, il Ministero della Salute abbia emanato un’ordinanza contingibile ed urgente (in G.U.
6 settembre 2013, n. 209) concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione da cani, il cui art. 1 è già di per sé esaustivo: “Il proprietario di un cane è sempre responsabile del benessere, del controllo e della conduzione dell’animale e risponde, sia civilmente che penalmente, dei danni o lesioni a persone, animali o cose provocati dall’animale stesso”. Principio, questo, che seppur dettato per i cani, è valido per qualsivoglia detenzione di animali: perché possedere un animale è sì fonte di piacere, ma implica anche delle responsabilità, sia verso lo stesso – proprio in quanto essere senziente – che verso i terzi. Cordialmente Avv.
Roberto Visciola (nove@nove.firenze.it) L'avvocato Roberto Visciola - Laureato con lode all’Università di Firenze, è autore di libri e pubblicazioni in campo giuridico Il servizio “Avvocato online” è progettato per trattare temi giuridici di interesse generale, non costituisce parere legale ed è gratuito. Le domande pervenute saranno selezionate dalla Redazione e i quesiti più significativi, opportunamente semplificati, verranno girati all’Avvocato che, compatibilmente ai suoi impegni professionali, risponderà direttamente sul sito Nove da Firenze.
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