Firenze, 18 novembre ’13. Si è svolta stamani presso la Sinagoga di Firenze la consegna della medaglia di Giusto tra le nazioni a Gino Bartali, il campione di ciclismo che si è adoperato durante le persecuzioni fasciste della seconda guerra mondiale per salvare vite umane. Ad aprire la cerimonia la presidente della Comunità ebraica di Firenze, Sara Cividalli seguita dal Sindaco di Firenze, Matteo Renzi e dall’Ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon. Proprio Gilon ha consegnato alla famiglia di Bartali la medaglia di Giusto fra le Nazioni, dello Yad Vashem, il memoriale delle vittime dell’olocausto di Gerusalemme. Erano presenti i tre figli di Bartali, Andrea, Biancamaria e Luigi ed è stato letto un messaggio di ringraziamento di Adriana Bartali, moglie di Gino. “Firenze è orgogliosa e felice che Yad Vashem abbia riconosciuto a Gino Bartali il titolo di ‘Giusto fra le Nazioni’ e che lo abbia fatto, lo scorso settembre, nei giorni dei Mondiali ciclismo.
Viviamo in un tempo nel quale sembra che essere campioni significhi ottenere dei risultati sportivi, e in alcuni sport magari anche ricorrendo a sostanze proibite. Aver scelto nei giorni delle gare di inserire Bartali tra i ‘Giusti fra le Nazioni’ è stato uno straordinario messaggio per tutti noi. Per dire ai ragazzi e alle ragazze che si può essere campioni nello sport ma soprattutto bisogna essere campioni nella vita. Ringrazio Yad Vashem a nome della città di Firenze”. Lo ha detto il sindaco Matteo Renzi nel corso del suo discorso alla cerimonia di consegna della medaglia e dell’attestato di ‘Giusto fra le Nazioni’ alla memoria di Gino Bartali, che si è svolta questa mattina nella sinagoga in via Farini.
Alla cerimonia hanno partecipato anche il presidente della Comunità ebraica Sara Cividalli, l’ambasciatore d’Israele in Italia Naor Gilon, il rabbino capo di Firenze Joseph Levi, i tre figli di Bartali e alcuni salvati e dei salvatori che hanno portato la loro esperienza. Presenti anche gli assessori Cristina Giachi ed Elisabetta Meucci, il presidente del Consiglio comunale Eugenio Giani e la presidente della Commissione pace Susanna Agostini. “La grandezza di questa città - ha spiegato il sindaco nel suo intervento - non sta solo nelle sue pietre, della sinagoga, delle chiese, dei monumenti e delle opere d’arte, sta anche nella storia delle sue persone.
Bartali è un punto di riferimento straordinario e gli italiani e i fiorentini lo conoscono soprattutto per le sue vittorie sportive, però lui era molto di più”. “Era un fiorentino - ha proseguito -, e non a caso diceva ‘è tutto sbagliato, è tutto da rifare’, una frase tipica dei fiorentini, un modo un po’ brontolone di vivere la vita; ed era soprattutto un grande uomo e il fatto di aver messo a rischio la propria vita per salvare delle persone innocenti che le leggi razziali e la persecuzione nazi-fascista stavano ‘combattendo’ è un gesto che ci rende orgogliosi dell’appartenenza a questa città”. “Le leggi razziali furono un’atrocità immane, che noi troppo spesso facciamo finta di dimenticare - ha aggiunto Renzi -.
È vero che c’è stato il nazismo, è vero che l’ideologia folle nasce da Hitler ma è anche vero che l’Italia fu colpevole di aver proclamato delle leggi razziali che poi entrarono nel vivo della vita quotidiana”. “Accanto alla rete degli uomini e delle donne che operarono per il bene, non dobbiamo dimenticare i nostri errori, ciò che abbiamo sbagliato - ha aggiunto Renzi - Essere orgogliosi di ciò che abbiamo fatto vuol dire ricordare però anche ciò che non abbiamo fatto, dove abbiamo sbagliato, la colpa pazzesca di quegli anni”.
“C’è un impegno che prendiamo oggi da qui, dalla sinagoga - ha concluso Renzi -: prendiamo l’impegno di dire alla nostra città che la memoria di quei fatti, drammatici e straordinariamente belli, non passerà. Noi non dimenticheremo, prenderemo con mano i ricordi di quel tempo e li continueremo a portare anche quando i sopravvissuti non ci saranno più, perché ciò che è accaduto è un elemento di richiamo per la dignità dell’uomo oggi” La presidente Sara Cividalli ha parafrasato nel suo intervento una preghiera recitata durante la cena di Pasqua: “ ci sarebbe bastato anche il salvataggio di una sola vita umana perché come dice il Talmud chi salva una vita salva il mondo intero.
La luce dei giusti ha brillato su quei tempi terribili in cui ogni valore era stravolto, - ha concluso la presidente - la loro memoria deve essere onorata, il loro ricordo deve servire ad esempio per tutti, soprattutto per i giovani.” Anche Naor Gilon ha parlato dell’importanza dell’educazione: “questo riconoscimento deve essere un simbolo, importante anche per educare le nuove generazioni, Bartali ha dimostrato di essere un grande uomo, un campione non solo sportivo ma un campione di umanità che ha scelto la vita, scegliendo di salvare molte vite.” Molto emozionanti gli interventi dei “salvati” da Gino Bartali, Aurelio Klein e Giorgio Goldenberg: Klein che ha parlato di Bartali come di “un lume, un uomo tutto d’un pezzo che non ha ascoltato i consigli di amici e non amici e ha deciso di fare quello che si sentiva di fare.
Dobbiamo – ha auspicato Klein – ricordare che esistono queste persone”. Anche Goldenberg ultranovantenne che ancora vive a Firenze ha raccontato, visibilmente commosso, che “è stato proprio Bartali a portare cibo e acqua e che lui è stata la salvezza della nostra vita”. Sono stati letti anche alcuni messaggi inviati da Israele da Giulia Donati Baquis, che per la paura non accettò collaborazione dal campione sportivo e di Renzo Ventura, figlio di Marcella Frankenthal, salvata grazie ai documenti procurati da Bartali. Durante l’occupazione tedesca in Italia, Gino Bartali, già figura pubblica molto amata e popolare per i suoi successi sportivi, si adoperò attivamente, da devoto cattolico, nell’ambito di una rete di soccorso e salvataggio guidata dal Rabbino di Firenze Nathan Cassuto assieme all’Arcivescovo della città, Cardinale Elia Angelo Dalla Costa (già riconosciuto Giusto fra le Nazioni), grazie alla quale furono messi in salvo centinaia di ebrei italiani e anche di territori che in precedenza erano stati sotto il controllo italiano, in particolare in Francia e in Jugoslavia. Gino Bartali funse da corriere per conto di questa rete, nascondendo all’interno della sua bicicletta documenti falsi e comunicazioni varie, trasportandoli da una città all’altra e mascherando tutto come semplici allenamenti.
Pienamente cosciente del rischio che correva salvando degli ebrei, Bartali consegnò documenti di identità falsi a numerosi contatti, fra i quali il rabbino Cassuto.