FIRENZE - A due settimane dall’inaugurazione della mostra Pietro Annigoni. Presenza di un artista, continuano le celebrazioni del 25esimo anniversario della scomparsa dell’artista milanese di nascita, ma fiorentino d’adozione. Riapre infatti il Museo a lui dedicato, nelle prestigiose sale di Villa Bardini, dopo la chiusura dovuta a interventi di restauro. Un’operazione che restituisce alla città un importante tassello del suo percorso museale, concretizzata dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, in collaborazione con la Fondazione Bardini-Peyron, due istituzioni che confermano il loro impegno nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio artistico fiorentino e non solo. Annigoni è un artista che Firenze ama particolarmente, qui si formò e conobbe il fulgore della fama, e adesso, idealmente, dall’alto della Costa San Giorgio, osserva la città adagiata ai suoi piedi. Il nuovo assetto del museo, curato da Samuel Marcuccio, ha risentito della diminuzione di spazio disponibile, dovuta al trasferimento da secondo al primo piano della villa, per cui, dei circa 120 dipinti e degli oltre seimila disegni del Maestro, che compongono la collezione dell’Ente Cassa, è esposta una selezione di quaranta opere, il che non significa che il museo non eserciti interesse per i visitatori.
Al momento, sono comunque allo studio progetti per una rotazione del materiale esposto, e per un possibile ampliamento, contando anche di poter esporre le opere grafiche. Cinque le sale che costituiscono l’attuale museo, caratterizzate da un’elegante pennellatura di un bel verde inglese che fa da sfondo alle opere esposte, senza appesantirle né stancare l’occhio del visitatore. Alla base della scelta delle opere, oltre che la passione per la produzione artistica di Annigoni, anche l’urgenza di una scelta calibrata che illustrasse nel modo più esauriente possibile questa produzione.
Ne è risultato un percorso agile e sistematico, che punta direttamente al cuore delle ragioni espressive del Maestro, qui illustrate per sommi, imprescindibili capi che costituiscono uno spaccato della storia della pittura italiana, ma anche europea, del secondo Novecento. Fra le novità esposte a Firenze per la prima volta, il ritratto della Baronessa von Kories, e il bozzetto preparatorio dell’affresco Le streghe, entrambe attualmente in mostra in via Bufalini. Ogni sala è caratterizzata da un tema che accomuna le opere ivi raccolte; nella prima, dedicata alle opere di grande formato, spiccano le Solitudini, tele di profondo impegno morale e intellettuale, incentrate su quel cammino angoscioso che è la vita.
In particolare, la Solitudine II, con il vasto deserto che si perde ben oltre l’orizzonte lontano, e le tre figure di nomadi, due che avanzano, una che indugia, probabilmente sopraffatta dalla fatica, presso una sorta di capanna. È un deserto africano o asiatico? Le figure sono Tuareg, zingari, o altro? Sono tutte queste cose insieme, perché il viaggio dell’uomo, ovunque si compia, è solitario e faticoso. Ma in mezzo a tanta desolazione, brilla lo sguardo della donna all’estrema sinistra, febbrile e leonino a rivelare un’indomita combattività.
Altra tela importante, al momento esposta alla mostra dell’Ente Cassa, il ritratto del vagabondo Cinciarda, dipinto nel ’45, all’indomani della fine della guerra, e che simboleggia, nella figura misera e curva, tutta la difficoltà di riprendere a un’esistenza normale dopo sei anni di orrore. La vena introspettiva di Annigoni prosegue anche nella sala dedicata alla rappresentazione dell’eterno conflitto fra uomo e Natura, con quest’ultima in posizione dominante, quasi di carnefice.
Anche qui, tele simboliche, giocate sull’artificiosità, fra le quali incuriosisce una piccola natura morta, Le melagrane, del 1938, dove i frutti avvizziti e poco invitanti richiamano alla memoria la marcescenza della materia naturale, e, per analogia, dell’uomo stesso. Tuttavia il museo alterna sapientemente la tensione emotiva delle opere sul visitatore, inframezzando fra queste due sale, altre tre dedicate alla produzione più lirica e intima di Annigoni; commuove la saletta dei ritratti dei familiari, dove spicca il ritratto del padre, eseguito nel ’33, e raffigurato in qualità di autentico patriarca toscano, rubicondo e coriaceo insieme; il libro sul quale poggia la mano, lo fa assomigliare a un umanista, e anche qui ritorna quell’influenza rinascimentale che permeò tante opere di Annigoni.
Sulla stessa linea, la sala dei paesaggi, con vedute di Borgo San Lorenzo e Massaciuccoli, ma anche della costa turca, a testimoniare il grande amore dell’artista per i viaggi. I paesaggi toscani sono caratterizzati da una pennellata pastosa e colori vivaci, memori della lezione macchiaiola, ma esprimono un lirismo così autentico che solo un figlio (anche se adottivo), può sentire per la sua terra. Chiude il museo, la saletta delle opere che immortalano episodi di vita familiare. Un percorso esaustivo della statura artistica di Annigoni, un poeta del colore che sapeva parlare dell’uomo, sia dal punto di vista dei suoi drammi esistenziali, sia da quello della sua intima dolcezza.
Pertanto, nelle sale è possibile ammirare l’uomo, oltre che l’artista, che seppe farsi amare dall’aristocrazia e dal popolo, e la cui signorilità emerge nella sensibilità con la quale ritrae indifferentemente umili paesaggi di campagna, baronesse anglosassoni, e caratteristiche figure della Firenze popolare. Il Museo Annigoni, in via Costa San Giorgio, è aperto dal martedì alla domenica, in orario 10-19. ulteriori informazioni al sito www.bardinipeyron.it. Niccolò Lucarelli