FIRENZE– Un fondo da 1,5 milioni di euro per fornire garanzie integrative ed agevolare la concessione di mutui in favore di famiglie toscane in gravi difficoltà finanziarie. E' questo l'oggetto dell'accordo che Regione e Fondazione Toscana per la Prevenzione Usura ONLUS firmeranno lunedì 7 ottobre alle ore 13 nella sala stampa 'Cutuli' di Palazzo Strozzi Sacrati, a Firenze. “Più che un aiuto ai bisogni concreti delle famiglie, sembra una elemosina una tantum, una riedizione del vecchio bonus bebè.
Speriamo davvero che, di fronte alle richieste e alle osservazioni dei comuni, la Regione riveda la legge peraltro in fase di sperimentazione”. È quanto affermano alcuni amministratori locali, tra i quali la vicesindaco di Firenze Stefania Saccardi, l’assessore Dante Mondanelli di Prato, i presidenti delle Società della Salute Nord Ovest e Sud Est fiorentine, Caterina Conti e Luciano Bartolini, l’assessore Marcello Caremani di Arezzo, in merito al contributo regionale per i nuovi nati dopo della riunione tecnica che si è svolta giovedì tra i comuni per la definizione delle modalità di attuazione.
Una riunione in cui non sono mancate osservazioni e critiche, sia di merito che di metodo. La legge regionale 45/2013 ha introdotto risorse per 20 milioni di euro per 3 anni (2013-2014-2015), a sostegno dei nuovi nati, delle famiglie numerose e delle famiglie con disabili. Le misure previste sono la concessione di un contributo di 700 euro alle famiglie con Isee inferiore a 24.000 euro, che risiedano da almeno un anno in Regione Toscana. La legge ha previsto che le domande e le concessioni siano fatti dai comuni, mentre l’erogazione è effettuata direttamente dalla Regione.
La legge è stata approvata dalla Regione agli inizi di agosto, senza il coinvolgimento dei comuni nella fase di elaborazione. “L’erogazione diretta dei contributi da parte della Regione rappresenta una procedura assolutamente inedita – spiegano gli amministratori –. La funzione sociale è una funzione essenziale dei comuni, che la esercitano in forma singola e associata, mediante un percorso di presa in carico che valuta i bisogni delle persone, attraverso l’analisi delle problematiche delle persone e delle famiglie, tenendo conto delle risorse, anche di comunità, presenti nel territorio.
Con questa legge la Regione ha assunto in proprio una funzione di carattere gestionale, ovvero l’erogazione dei contributi, che esula dalle proprie competenze, che sono essenzialmente di carattere programmatorio. E lo ha fatto introducendo l’erogazione di contributi che non hanno una valutazione professionale del bisogno, ma sono unicamente determinati da una soglia Isee, sotto la quale il contributo è uguale per tutti, senza una distinzione effettiva della gravità del disagio”. Nel mirino anche l’entità del contributo: 700 euro una tantum (incrementabili di 175 euro per ogni figlio oltre il quarto) ritenuta non sufficiente da incidere realmente nelle situazioni di effettivo bisogno.
“Le persone comunque resteranno a carico dei Comuni. Il rischio è che sia una erogazione di cifre di modeste entità con scarsa efficacia rispetto ai bisogni effettivi. Se poi dal metodo passiamo al merito, siamo di fronte a interventi assistenzialistici ‘vecchi’ ottocenteschi. Nell’Ottocento l’Istituto degli Innocenti dava un contributo per il corredo alle nuove mamme. Siamo tornati a quell’epoca? Oppure siano di fronte a una riedizione del vecchio bonus bebè?”. Riserve anche per quanto riguarda i finanziamenti.
“È vero che questi 20 milioni sono risorse aggiuntive rispetto alle risorse del Fondo Sociale Regionale. Ma è anche vero – precisano gli amministratori – che queste risorse sono comunque sottratte alla gestione territoriale, in una situazione nella quale i comuni si trovano in grandi difficoltà di bilancio ed i bisogni di presa in carico aumentano, per l’incremento della disoccupazione, del disagio e della povertà. Non è un intervento a pioggia, anche se con il filtro dell’Isee, che può contribuire a migliorare questa situazione”. Anche il metodo adottato per l’avvio del progetto evidenzia i rapporti di criticità.
“L’ANCI è stata coinvolta solo nella fase operativa – spiegano – , con tempi strettissimi, mettendo molti comuni in difficoltà organizzativa. Il servizio dovrebbe partire lunedì prossimo con gli applicativi informatici predisposti dalla Regione non ancora pronti, senza tempo per istruire il personale”. “In questo quadro – sottolineano ancora gli amministratori – nella riunione di ieri è emersa una forte critica per questo modo di agire, per le modalità e per i contenuti. Ovviamente come Amministrazione, ci faremo carico nell’interesse dei cittadini della raccolta delle domande ma eventuali disservizi non saranno da addebitare né al Comune né agli operatori.
A questo punto ci auguriamo che la legge, attualmente in sperimentazione, venga ripensata, con l’attribuzione delle risorse ai comuni, ricostituendo quel rapporto di coesione fra Regione ed enti locali che caratterizza da sempre la Toscana. Su questo chiederemo ai consiglieri regionali più sensibili al tema (poiché ex amministratori locali), di lavorare con noi per correggere un’impostazione che non possiamo condividere” concludono gli amministratori.