“Domenica no grazie”. Si chiama così una associazione, molto attiva su Facebook (3.324 i “mi piace” nella prima mattinata di oggi) che si pone un obiettivo decisamente chiaro “Lottiamo contro la liberalizzazione degli orari commerciali nel decreto Salva Italia”. Insieme ad altri gruppi (fra cui “Tilt” che riunisce studenti e precari) e con associazioni che rappresentano dipendenti di esercizi della Grande Distribuzione Organizzata presenti in Toscana, ha messo in piedi una assemblea aperta.
L’appuntamento è per lunedì prossimo, 17 giugno, alle 21 in Villa Montalvo a Campi Bisenzio. Insieme a Franco Martini, segretario nazionale Filcams (la Federazione CGIL dei lavoratori di commercio e turismo) ci sarà anche il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Varie le ipotesi di lavoro – sottolinea Diego Blasi, portavoce del movimento: da una proposta di legge di iniziativa popolare affinché siano raccolte firme per garantire almeno 8 giorni di chiusura annui alla ipotesi di costituire, in Regione, una commissione di monitoraggio sugli effetti prodotti dalle continue aperture di negozi e esercizi della grande/media distribuzione.
Da un lato i lavoratori che fanno domeniche e turni di notte finiscono per guadagnare cifre irrisorie e dall’altro le aperture domenicali fanno aumentare i costi con flussi di vendite non certo tali da giustificare l’operazione. “E’ questa una battaglia che la Regione Toscana sostiene e che ha sempre sostenuto”, ha detto in conferenza stampa Cristina Scaletti, assessore toscana al commercio, ricordando il ricorso – poi bocciato – fatto in Corte Costituzionale contro il decreto Salva Italia per difendere la titolarità regionale sulle competenze relative al commercio.
“Con questi ragazzi abbiamo un bel dialogo in corso e condividiamo la loro richiesta sulla necessità di effettuare un bilancio completo rispetto agli effetti del decreto: vogliamo anche noi capire, ad esempio, se i prezzi sono diminuiti e se i posti di lavoro aumentati”. In conferenza stampa, convocata per presentare l’iniziativa di lunedì, Blasi ha precisato che la richiesta principale del movimento consiste nel voler vedere rispettati i diritti dei lavoratori, anche in vista degli ulteriori possibili sviluppi che ci saranno quando, uscite dal contratto di lavoro nazionale, le aziende della grande distribuzione “in ogni centro commerciale potranno fare ciò che meglio credono”. Nei mesi scorsi è stata Confesercenti, con la significativa adesione dei vescovi italiani, a lanciare una raccolta di firme su una iniziativa (“Liberaladomenica”) consistente in una proposta di iniziativa popolare per riportare nell’alveo delle competenze regionali le normative su aperture/chiusure delle attività commerciali e porre così un freno all’eccesso di liberalizzazioni. Sono state raccolte circa 150 mila firme, il triplo di quelle necessarie per presentare la proposta di legge che il 14 maggio è stata formalmente presentata alla Camera dei Deputati (si chiede l’abrogazione di quella parte del cosiddetto “decreto Salva Italia” che ha liberalizzato il regime degli orari degli esercizi commerciali superando il principio generale dell’obbligo di chiusura domenicale e festiva dei negozi e le regolamentazioni locali. Secondo dati di Confesercenti, se il trend 2012 rimarrà invariato, a fine 2013 saranno spariti in tutta Italia 60 mila negozi. Sono 173, in tutta la Toscana, gli esercizi della “grande” distribuzione cui si aggiungono 3.096 appartenenti al comparto della “media”. La parte del leone la fa Firenze (con 44 sulla grande e 640 sulla media) seguita da Pisa (22 e 428), Arezzo (20 e 344) e Lucca (21, 258).
Chiude Massa-Carrara (6 grande e 148 media). Sommando le due tipologie, la superficie di vendita supera i 2,6 milioni di metri quadri (1.904.014 per la media distribuzione e 745.264 per la grande). In Toscana si distingue tra: esercizi di vicinato (superficie di vendita fino a 300 mq), medie strutture di vendita (superficie di vendita fino a 1.500 mq e fino a 2.500 mq se insediati in Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti e collocati nelle due aree commerciali metropolitane Firenze/Prato/Pistoia e Pisa/Livorno), grandi strutture di vendita (superficie di vendita superiore a quella delle medie strutture e fino a 15.000 mq.
Possono arrivare a 20.000 mq solo in particolari situazioni).