L’appuntamento con Maurizio Bonfiglio è al Campo di allenamento dei Bianchi al Galluzzo, lui arriva, scarica il suo borsone che ormai l’accompagna da molti anni, e ci viene incontro. L’intervista la facciamo sulle panchine in cemento armato, che un anno fa ci videro insieme a Marino Vieri. Dopo una stretta di mano si parte:
Siete tornati a vincere dopo un lungo periodo di stop, chi sono le persone che più hanno contribuito a farvi tornare vincenti? Credo che sia tutto il gruppo, con in testa 4 - 5 persone che sono riuscite ad amalgamare tutti, senza differenziare nessuno. Un gruppo che è cresciuto piano piano e nel 2011, pur perdendo, ha avuto una conferma della forza, nel 2012, con la vittoria, c’è stata la conferma ben precisa, quest’anno ci aspetta, diciamo, “la Bella”, la riprova della squadra forte che possiamo essere. Quando parli di 4 - 5 persone a chi ti riferisci, di persone a livello societario. A livello di Campo, Marino Vieri in testa, Davide Cappelletti, Guidi, lo stesso Duccio Scarpelli e via discorrendo, che poi saremmo una decina, una decina che fanno l’ossatura della squadra. Avete riportato la vitella in Santo Spirito dopo 31 anni, avrete festeggiato molto. Anche troppo - ride - ogni settimana ci invitavano a cena, un bel segno che vuol dire che le persone ci vogliono bene. Certo lì - nel quartiere di San Frediano - è molto sentito.
Ma comunque anche a Scandicci stesso, alle varie feste di paese. Forse nutrono simpatia per una squadra pulita e di atleti. Senza parlar male di nessuno, ma se sono rientrato nei Bianchi è perché ho visto una squadra di atleti. Hai sempre giocato nei Bianchi? Sì, ho fatto un lungo intervallo dal 1992 al 2006, perché non mi piaceva più il Calcio Storico, era diventata una faida fuori, e a me piace stare tranquillo, il mio carattere di atleta mi disse di stare fermo, non facevo parte di quel gioco in quel momento Quando avete iniziato gli allenamenti? I primi di Marzo, per ritrovare il gruppo, a fine Aprile abbiamo iniziato a spingere. Mi dici i punti di forza di questa squadra? Il punto di forza è l’umiltà, l’unità e molto stima l’uno dell’altro, tutti per uno, uno per tutti.
Anche se è difficile far capire la filosofia del gioco di squadra a chi viene da sport individuali, come il pugilato, ma anche a chi viene dal calcio stesso, risulta avvantaggiato chi proviene dal rugby. L’altro anno si sono messi in evidenza due giocatori, Fabrizio Valleri “Vallero” e Raffaele D’Eligio, puoi dirci da che sport provengono e le loro caratteristiche? Vengono dal calcio, sono leggeri e scattanti e poi hanno doti naturali che in campo vengono fuori, hanno anche molto coraggio, anche più di me che sono 1 e 90 per 100 kg e quando mi copro mi copro, loro sono 70 kg.
Il Vallero stesso non sa muovere le mani, però muove le gambe, corre. Credo che in Campo, e questo è il segreto, si debba fare quello che sappiamo fare, non ci si può improvvisare pugili, lottatori o corridori, altrimenti rischi di non fare bene anche quello che sai fare. La cosa che dobbiamo saper far tutti è avere amore di questo pallone, il pallone è come il culo della fidanzata, non so si può scrivere, e bisogna far capire che nessuno deve metterci le mani. Il pallone è la cosa più importante che c’è lì dentro - il Campo. È opinione nell’ambiente i calciatori siano sono in genere adatti al Calcio Storico, velocità, agilità, tempi di inserimento. I calciatori andrebbero educati meglio - ride - loro passano la palla e si smarcano, lasciandosi solo con il problema in mano. Il rugbista passa la palla e viene in sostegno Nel 2012 siete entrati in campo più consapevoli della vostra forza, la sconfitta all’ultimo minuto dell’anno precedente non vi ha demoralizzato, anzi: questa squadra può aprire un ciclo? Fai passare quest’anno e poi te lo dico, se vinci quest’anno è già un ciclo, aspetta io devo giocare con i Rossi, prima si gioca con i Rossi e poi si pensa alla finale. Che partite vi aspettate con i Rossi in semifinale, l’anno scorso gli azzurri vinsero largamente ma lasciarono sul campo diversi uomini fra squalificati ed infortunati. Io sono del parere che l’errore è stato fatto da parte degli Azzurri, a cadere nel tranello di voler fare tante cacce, a voler picchiare, gli bastava anche difendersi, limitandosi ad amministrare. E per quanto riguarda la vostra partita con i Rossi? Io abito nel quartiere dei Rossi, sono cresciuto lì, conosco tutti.
I Rossi sono una squadra orgogliosa, sono testardi. Credo che siano legati al vecchio Calcio Storico, quest’anno per loro può essere un’occasione per ricominciare a fare una squadra, siamo stati sempre in buoni rapporti. Io con gli Azzurri so dove vado, vado a fare una battaglia. Con i Rossi non so dove andare, l’importante è sapere però dove si va noi. Quest’anno sarà assente una colonna della vostra squadra, Marino Vieri, quali sono in giocatori papabili per sostituirlo? Sai Marino è un uomo insostituibile per il carisma, per carattere, per come affronta le partite.
Poi come ruolo ce ne sono di giocatori. La cosiddetta regola della fiorentinità quanto vi penalizza, anche rispetto all’anno scorso, in termini di giocatori da schierare? L’anno scorso non so quanti erano in campo, forse erano meno di 5. Che siano 5, che siano 3 che non siano punti, una squadra viene fatta. C’è la possibilità di avere 5 persone che vengono da fuori e io la sfrutto, qualcuno si lamenta, giustamente, non giustamente. Comunque c’è questa regola ed io ho cercato 5 giocatori forti da fuori, 5 atleti, è molto importante la differenza fra altre parole e atleti. È una regola che ritieni giusta quelli di limitare il loro numero? Sì, magari qualcuno mi darà contro, ma io ne metterei anche meno, per equilibrare il fatto che il Calcio Storico è di Firenze, possiamo limitarci a non oltre 5. Un Calciante a cui ti ispiri, o comunque un giocatore che ti ha sempre impressionato? Sergio Dapas, gioco nello stesso ruolo in battuta. Il Dapassone Sì perché è un uomo leale, un uomo corretto, un uomo forte Quando salto o saltavo, era lui la mia immagine, queste mani grandi che prendevano il pallone.
Dapas, un uomo di sport, indipendentemente da Bianco o Azzurro. Mi sento anche io un uomo di sport. Noi l’abbiamo conosciuto attraverso il libro di Uberto Bini, dove c’è anche la foto delle sue mani grandi che afferrano il pallone. C’è una foto che hanno paragonato a quella, dove ci sono io che salto, ce l’ho nel telefono. Il Bonfiglio cerca la foto e poi ce la mostra orgoglioso. Nelle sue mani grandi il telefono sparisce ed anche il pallone sembra più piccolo, andare a strappare il pallone da quelle mani non sarà una cosa facile, per nessuno. Intervista di Massimo Capitani e Alessio Farolfi, ringraziamento speciale all’amico Luca Romualdi per i contatti Le foto sono di Ana Hilel photographer