ZEBRZYDOWICE – Storie di lager e di aberrazioni umane,di inganni e gesti disperati. La prima parte della notte, mentre il treno della memoria toscano con a bordo 557 studenti, 83 insegnanti, amministratori e tante associazioni, si avvicina alla Repubblica Ceca, scorre via tra le pagine de “L’inferno di Treblinka”, la più terribile fabbrica della morte nazista a sessanta chilometri da Varsavia, racconto quasi in presa diretta del corrispondente di guerra russo Vasilij Grossman uscito la prima volta nel 1944. E’ uno dei libri nello zainetto consegnato alla partenza. Qualcun’altro ricorda anche “Il fumo di Bikenau” di Liana Millu.
Approfondimenti
Da bosco delle fiabe a campo degli orrori Birkenau, il bosco delle betulle, che ad un tedesco e ad un polacco suonava per il toponimo un po’ come un paese delle fiabe e diventato invece luogo degli orrori, è il campo che i ragazzi del treno della memoria visiteranno stamani appena arrivati a Oswiecim, nome polacco di Auschwitz, una pianura umida e gelida, quasi infinita ed oggi silenziosa, dove in tanti sono morti.
Birkenau era il campo del dottor Mengele, l’angelo della morte, e delle sorelle Bucci, sopravvissute e tra i testimoni anche quest’anno, da sei anni, del viaggio della memoria toscana. Era il campo anche, come raccontano le guide, di Luigi Ferri, un bambino di 12 anni, sopravvissuto anche lui e che sembra aver ispirato “La vita è bella” di Benigni. Riuscì a salvarsi aiutato appunto dai deportati che lo nascosero per qualche mese tra di loro, impedendo che venisse subito ucciso. Nello zainetto c’è chi pesca “I sommersi e i salvati” di Primo Levi, l’ultimo libro, negli anni Ottanta, dell’autore di “Se questo è un uomo”.
E poi “Sonderkommand Auschwitz”, di Shlomo Venezia, testimone unico delle camere a gas, scomparso di recente. Intanto la notte s’ingrossa e, oramai nella repubblica ceca, inizia a cadere una neve lieve ma insistente, mentre tutt’attorno è da centinaia di chilometri è un’unica distesa bianca. Nei lager col treno di prima classe Ci si prepara anche così nella notte che precede il primo giorno in Polonia del treno della memoria 2013. E dai libri escono fuori tante storie. Storie che vorresti inventate, partorite dalla fantasia di un qualsiasi scrittore di horror, ed invece purtroppo tristemente accadute, anche se ancora oggi qualcuno le vorrebbe negare. Scopri così che nei lager non si arrivava solo con i carri piombati ma anche, ignari, in prima classe, convinti magari di raggiungere un paese neutrale.
Senza scorta e con il personale ferroviario di ordinanza, tra fanciulle smagrite e curate nei vestiti e madri che accomodavano con amore la copertina ai neonati. Accadeva a Treblinka, dove era stata costruita anche una finta stazione, con tanto di biglietteria e destinazioni in testa a binari in realtà morti. Crudeltà nella crudeltà. A Treblinka, fabbrica costruita solo per uccidere, ogni giorno finivano nelle camere a gas in almeno diecimila, più di tre milioni in tredici mesi. Un inferno per le donne Nei libri scopri e tocchi con mano che la condizione delle donne era ancor peggiore, quasi sempre, di quella degli uomini.
Storie spesso finite male, anche quando non venivano stuprate ed uccisi dai loro carnefici il giorno dopo. Storie come a Birkenau quella di Lilly, mandata a morte con un cenno indifferente della sua capo, che sospettava in lei una rivale in amore. Come Maria, che entra nel lager senza denunciare la sua gravidanza, anzi la nasconde fasciandosi il ventre, perché vuole che il bambino nasca. E nasce infatti, nella bolgia notturna di una baracca lurida, senza luce né acqua né un panno pulito, nella ridestata pietà delle compagne prigioniere.
Ma all’appello la mattina nessuno può mancare e mamma e bambino si dissanguano e muoiono, prima che l’appello finisca. Storie ancora come quella di Bruna, che ritrova il figlio adolescente in un lager contiguo: si abbracciano attraverso il reticolato elettrico e rimangono fulminati. Oppure della russa Zina, che si gioca la vita per favorire la fuga di Ivan, che non conosce ma che le ricorda vagamente il marito ucciso dai nazisti. E poi ancora le storie delle sorelle olandesi – una sceglie la vita del bordello, l’altra la rinnega – o della moglie innamorata e combattuta tra due destini: mantenersi fedele al marito e morire di fame oppure cedersi, per un giorno sperare magari di rivederlo. Come ci insegna Primo Levi nei lager le condotte non era esemplari, anche tra i prigionieri.
Tra il bene e il male, costretti dall’istinto di sopravvivenza, c’era un’ampia zona grigia. Fughe e rivolte Nei lager comunque non tutti si rassegnavano, passivamente. I libri e i racconti nello zainetto ci aiutano a scoprire anche le rivolte e ribellioni che nei campi e tra le vittime dello sterminio ci sono stati. E’ il tema di quest’anno, in ricordo della rivolta nel ghetto di Varsavia. Spesso le ribellioni furono soffocate nel sangue ed erano singoli gesti disperati: scontri con le guardie all’uscita dei carri piombati, fughe improvvisate nei boschi.
Ma ci furono anche rivolte coronate dal successo: come il 2 agosto 1943 di nuovo a Treblinka, ad esempio. Da quel giorno il campo, che i tedeschi stavano comunque già smantellando per cancellare le prove, mentre l’Armata Rossa si avvicinava, cessò di esistere. Due mesi e mezzo dopo un’altra rivolta scoppiò a Soribor. Anche ad Auschwitz si verificarono svariati tentativi di evasione e qualcuno riuscì pure a salvarsi. Peccato che quando provò a raccontare cosa succedeva là dentro, nessuno volle credergli.
O preferì non credergli.