PRATO – Uno studio sulle modalità di accesso dei migranti irregolari ai servizi socio-sanitari. É l’oggetto dell’indagine condotta nella realtà pratese da due sociologi, Fabio Bracci e Andrea Valzania, che è stata presentata stamattina presso il Pin, il Polo Universitario ‘Città di Prato’, nel corso di un incontro organizzato dalla Regione nell’ambito delle attività dell’Osservatorio sociale regionale. “Viviamo con la paura del diverso – ha detto l’assessore al welfare Salvatore Allocca – in una società dove prevale la solitudine e dove l’immigrato è sinonimo di clandestino, a prescindere.
Questa indagine analizza un terreno, quello dell’irregolarità, poco sondato. E mette in evidenza storie di vite difficili e di attività, da parte degli operatori, spesso fondamentali. Attivitàche purtroppo rischiano di scomparire perchè il sociale non subisce semplici tagli ma una demolizione. Pensate – denuncia l’assessore – che la Toscana rischia di passare dai 62 milioni del 2008 a circa 700 mila euro. Una proposta che reputo indecente, ricevuta dal ministro Fornero e prontamente rispedita al mittente.
Stiamo però lottando perchè il fondo nazionale possa restare almeno al livello del 2009, circa 25 milioni di euro per la Toscana che significherebbero mantenere i servizi essenziali. Tutto questo – ha concluso Allocca – per chi amministra localmente si traduce in una svolta epocale che ci impone anche di ridefinire il nostro ruolo e di considerare non soltanto i costi delle nostre azioni, ma anche quello che deriva dal non far niente, il cosiddetto costo sociale”. Il lavoro di Bracci e Valzania, dal titolo ‘Zone d’ombra’, punta l’attenzione sulle dinamiche sociologiche che caratterizzano il contatto tra migranti irregolari e servizi, concentrandosi appunto sulle zone d’ombra del sistema di accoglienza.
Dapprima viene proposta un’analisi del contesto normativo e teorico. Successivamente viene dato spazio alla ricerca sul campo, attraverso interviste (25 in tutto) ad operatori (16) e migranti (9) per capire come avviene il contatto. Lo studio affronta un fenomeno complesso come l’immigrazione irregolare. E lo fa in un contesto locale molto interessante e peculiare come quello di Prato. Dalle interviste ai migranti emerge che sono anzitutto le risorse individuali (percorso scolastico e formativo, conoscenza della lingua) e quelle relazionali (disponibilità di reti amicali e familiari) a dividere gli stessi in due categorie: Inseriti e Disagiati, a seconda del livello di condizione socio-economica di partenza, di disponibilità e accessibilità di reti sociali, di livello culturale.
Fattore importante di discrimine è la conoscenza della lingua: facilita ai primi la capacità relazionale e quella di cogliere le opportunità (lavoro, casa, accesso a processi di regolarizzazione o emersione), mentre ai secondi, anche se in Italia da molto tempo, complica il tutto aumentando marginalità ed esclusione. In virtù di tutto questo, riguardo al rapporto con i servizi, le richieste di cure degli Inseriti risultano molto più coerenti rispetto ai bisogni. Il Pronto Soccorso finisce spesso per diventare il collettore di richieste legate al disagio sociale.
E, proprio per la sua natura di servizio emergenziale, non è in grado di garantire un collegamento con i servizi territoriali. La persona, una volta fuori (anche in caso di ‘ricovero sociale’) torna sul territorio priva di reti o supporti. I problemi sono ovviamente maggiori per i Disagiati. L’accesso all’ambulatorio Stp (Straniero temporaneamente presente), servizio specificamente ideato per assicurare le cure agli irregolari, avviene in vario modo: indicazioni ricevute da amici o parenti, mediazione del Pronto Soccorso o di organizzazioni del privato sociale.
Le interviste sottolineano due aspetti: la scarsa conoscenza da parte degli irregolari dei diritti loro spettanti e delle caratteristiche del servizio. Il tutto aggravato dalla paura di dover incorrere in sanzioni a causa della condizione di irregolare. La discrezionalità degli operatori. Qui l’aspetto che emerge è che l’offerta di prestazioni avviene non soltanto negli interstizi lasciati liberi dalla normativa ma talvolta anche contro i principi ispiratori della normativa stessa. In pratica le norme del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ sono quasi passate senza interferire nell’attività quotidiana degli operatori, specialmente quelli del privato sociale. Il volume si conclude individuando quattro questioni prioritarie da sviluppare: migliorare informazione e comunicazione, risolvere il problema della continuità assistenziale, definire il rapporto tra Terzo Settore e sistema pubblico e approfondire la ricerca sul tema.