Firenze, 13 settembre 2012– Continua il trend negativo del commercio in Toscana. In conseguenza di una contrazione del potere d’acquisto delle famiglie, complice l’accelerazione dell’inflazione, la crisi dei redditi e del mercato del lavoro e gli effetti della manovra di riequilibrio dei conti pubblici, le famiglie comprimono ulteriormente i consumi ed il trimestre aprile-giugno registra un calo delle vendite al dettaglio di 6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2011 (7,5% a livello di media nazionale), il peggior dato trimestrale dal 2005 (anno di avvio della rilevazione). Ancora una volta i cali più drastici si registrano per le piccole imprese (-7,8% in media per quelle con meno di 6 dipendenti), ma neanche le realtà maggiormente strutturate (20 dipendenti e oltre) riescono a contrastare i contraccolpi di questa lunga crisi, vedendo calare le proprie vendite del 2,6% nel secondo trimestre 2012.
Nel mezzo le medie strutture (6-19 dipendenti), che perdono 6,3 punti percentuali di fatturato. La motivazione di questo calo va ricercata, principalmente, nel comportamento prudente e difensivo delle famiglie toscane, che prediligono le grandi superfici, riducono i consumi all’indispensabile e “declassano la spesa”, tentando di acquistare le stesse quantità di prima spostandosi su prodotti in offerta o di prezzo più basso. Questo atteggiamento dei consumatori è particolarmente sfavorevole soprattutto per i negozi di vicinato, che dal 2005 ad oggi hanno visto ridursi di oltre un quarto (26%) il proprio giro di affari. Venendo ai comparti merceologici, nel secondo trimestre 2012 lo specializzato alimentare perde il 5,6% e vede accentuarsi i precedenti segnali di crisi; il no-food registra un -7,5% in termini di fatturato, trascinato al ribasso soprattutto dai prodotti per la casa ed elettrodomestici (-9,1%) e da abbigliamento ed accessori (-8,2%).
L’unico comparto in crescita è pertanto costituito dall’insieme degli esercizi despecializzati (ipermercati, supermercati e grandi magazzini), con un +0,5% di fatturato fra aprile e giugno 2012 grazie anche a forti politiche di contenimento prezzi e promozioni. Su tale quadro pesa non poco l’aumento dei prezzi al consumo dei beni del commercio al dettaglio, fenomeno che caratterizza l’intero contesto italiano e che in regione segna un +2,4% nel secondo trimestre 2012, contribuendo a deprimere il potere d’acquisto delle famiglie toscane. Come conseguenza di quanto registrato, in Toscana il tasso di variazione delle unità locali del commercio al dettaglio in sede fissa, a giugno 2012, è pari a -0,2% rispetto a dodici mesi prima (-103 unità locali in termini assoluti): il calo si concentra fra gli esercizi specializzati (-218 unità locali sul territorio regionale), mentre i non specializzati registrano una crescita (+115 unità locali). Anche le anticipazioni degli operatori commerciali toscani sul trimestre estivo rivelano infine la persistenza di un quadro sfavorevole, soprattutto per le realtà con meno di 20 dipendenti (sia alimentari che non alimentari): il clima di fiducia inizia tuttavia a vacillare anche per le imprese del commercio più strutturate. “Calano i consumi delle famiglie toscane, che non si possono più permettere né di fare la spesa al negozio sotto casa, né di scegliere i prodotti che preferiscono -questo il punto di vista di Vasco Galgani, Presidente Unioncamere Toscana- Le famiglie fanno i conti, privilegiano offerte e promozioni e i punti vendita delle grandi superfici, mentre il tessuto commerciale toscano continua a perdere punti di fatturato, registrando i dati peggiori dall’inizio della crisi.
Non solo, nel secondo trimestre 2012 si assiste anche ad una diminuzione del numero delle attività commerciali, considerato che molti negozi, in particolare i più piccoli, non resistono al prolungato calo degli introiti e sono obbligati a tirare giù il bandone per sempre. Di fronte a questo panorama, diminuisce anche la fiducia degli operatori, innestando un meccanismo da cui è difficile vedere una via di uscita. E’ necessario intervenire oggi più che mai con iniziative volte a qualificare l’offerta del commercio al dettaglio in Regione, permettendo così una vera crescita dei punti vendita, non basata solo nella competizione sui prezzi.
I commercianti toscani hanno ancora molto da offrire al consumatore e queste potenzialità possono essere attuate solo con interventi mirati che operatori, associazioni di rappresentanza ed istituzioni possono realizzare insieme. Penso ad iniziative tese a diffondere e rafforzare i mercati rionali dei prodotti agroalimentari e non agroalimentari ed a quelle tese ad aiutare la filiera corta dei prodotti della nostra buona agricoltura”. “E’ inutile girare intorno al problema: sono fuor di dubbio la dimensione e la difficoltà del momento di crisi economica che stiamo attraversando.
Proprio per questo mi ostino ad affermare che di fronte al preoccupante calo dei consumi registrato nella nostra regione è controproducente insistere nella direzione di una totale liberalizzazione delle aperture nei giorni festivi. Il problema vero è che mancano i soldi nei borsellini delle famiglie”. E’ il commento dell’assessore regionale al commercio Cristina Scaletti riguardo ai dati diffusi oggi da Unioncamere Toscana, che parlano di un calo pesante delle vendite al dettaglio nel trimestre aprile-giugno, a fronte di una crescita (peraltro assai limitata e non omogenea rispetto alle diverse tipologie di prodotti offerti) di supermercati e grandi magazzini.
“In un contesto del genere dobbiamo unire le forze – ha proseguito Scaletti – per mettere in campo iniziative atte a sostenere il piccolo commercio. Proprio per questo in questi giorni la Regione ha aperto un bando che aiuta i futuri imprenditori, dai 18 ai 40 anni, a dare vita ad un’attività o a farne crescere una già esistente, prevedendo per questo un finanziamento di un milione e 735mila euro”. “Un’altra iniziativa che, dopo quelle a supporto dei centri commerciali naturali, di promozione della filiera corta e dei prodotti tipici di qualità – ha concluso Scaletti – mostra il nostro impegno nell’unica direzione che può ridare fiato al settore, quella di rafforzare il tessuto locale per trovare il giusto equilibrio fra piccole imprese e grande distribuzione”.